I referendum sulla giustizia: per cosa si vota il 12 giugno

Team Will Media
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#Politica italiana

Ecco cosa c’è da sapere sui referendum abrogativi sulla giustizia per cui si vota domenica 12 giugno

Domenica 12 giugno, dalle ore 7 alle 23, si voterà per cinque referendum abrogativi a tema giustizia.

I 5 quesiti coprono un’ampia gamma di temi e chiedono rispettivamente di:

  • abrogare la legge Severino sull’incandidabilità delle persone condannate
  • ridurre i casi in cui si può ricorrere alla custodia cautelare in carcere
  • obbligare i magistrati alla separazione delle carriere
  • dare la possibilità di valutare l’operato dei magistrati anche ad avvocati e professori universitari
  • abolire la raccolta firme per presentare la candidatura al CSM

Si tratta di quesiti abrogativi, che propongono quindi l’annullamento totale o parziale di alcune norme, e per esseri validi dovranno raggiungere il quorum: dovrà quindi votare almeno la metà più uno degli aventi diritto al voto e sarà possibile scegliere di votare anche per uno solo.

Su ognuna delle cinque schede sarà riportato il passaggio della legge che i promotori dei referendum propongono di abrogare, seguita dalla domanda a cui rispondere: ““, se si vuole cambiare la norma e “No“, se si vuole che tutto resti così com’è. Per esprimere il Sì o il No si dovrà semplicemente barrare una delle due caselle presenti nella scheda. 

Secondo un sondaggio per 2 italiani su 3 la giustizia italiana non funziona, ma solo 1 elettore su 4 sa di che cosa parlano i 5 referendum del 12 giugno. 

Proviamo quindi a fare chiarezza, spiegando per ogni quesito come funziona attualmente la legge, cosa succede se vince il Sì, e quali sono le posizioni pro e contro il quesito.

📹 Sul nostro canale YouTube trovi l’approfondimento a cura del nostro Carlo Notarpietro, con tutte le info su come e dove votare 📹

Quesito 1: l'abolizione del decreto Severino

Il primo quesito riguarda l’abolizione del decreto Severino, cioè l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici nel caso in cui questi abbiano commesso alcune tipologie di reato.

📄 Come funziona oggi 

In Italia chi è condannato in via definitiva per alcuni gravi reati non può candidarsi alle elezioni, assumere cariche di governo e se è già stato eletto decade. Questo vale ad esempio per la carica di deputato e senatore. Per gli amministratori locali invece, come un sindaco, la legge prevede la sospensione del mandato per massimo un anno e mezzo, anche senza condanna definitiva.

📝 Cosa cambia se vince il Sì 

Se vince il sì viene totalmente abrogata la legge Severino e saranno i giudici a decidere caso per caso sull’interdizione dai pubblici uffici, cioè se vietare alla persona condannata in via definitiva di ricoprire incarichi pubblici.

 👍 Le motivazioni del Sì

Chi è a favore del sì dice che la legge attuale penalizza troppo gli amministratori locali, sospendendoli anche senza condanna definitiva. 

👎 Le motivazioni del No

Dato che se passa questo quesito non viene abrogata solo la parte relativa agli amministratori locali, ma l’intera legge Severino, chi è favore del no lamenta il fatto che in questo modo anche i condannati in via definitiva potranno continuare a candidarsi o proseguire il proprio mandato.

Quesito 2: limitazione delle misure cautelari

Il secondo quesito riguarda le misure cautelari.

📄 Come funziona oggi 

La misura cautelare in Italia può essere motivata in alcuni casi, per motivi legati al pericolo di fuga, di alterazione delle prove o di reiterazione del reato già commesso. La misura cautelare viene applicata per esigenze quindi di cautela verso una persona che non è però ancora stata condannata. Queste misure prevedono in particolare gli arresti domiciliari o la custodia cautelare in carcere.

In generale, che sia in un’abitazione privata o in carcere, la misura cautelare prevede che un indagato venga privato della propria libertà anche se non è stato ancora dichiarato colpevole di alcun reato.

📝 Cosa cambia se vince il Sì 

Se vince il Sì viene eliminata la possibilità di usare la custodia cautelare in carcere motivata solo dal pericolo che l’indagato ripeta il reato di cui è accusato, a meno che non si tratti di pericolo concreto legato all’uso di armi, di collaborazione con la criminalità organizzata o di reati contro lo Stato.

 👍 Le motivazioni del Sì

Chi è a favore del sì dice che il carcere preventivo è una pratica di cui si abusa in violazione del principio della presunzione di innocenza. A testimonianza di questo ci sono due numeri:

  • il totale dei risarcimenti dello Stato per detenzione ingiusta nel 2021 è arrivato a 24 milioni di euro
  • nel 2020 il 31 % dei detenuti in Italia era in attesa di una sentenza definitiva, quindi in “custodia cautelare”

👎 Le motivazioni del No

Chi è a favore del No sostiene che così si rischia di non poter più applicare una misura cautelare alle persone imputate di gravi reati e limitando ancora l’uso della custodia cautelare si metterebbe a rischio la sicurezza dei cittadini.

Quesito 3: la separazione delle funzioni dei magistrati

Il terzo quesito riguarda la separazione delle funzioni dei magistrati.

📄 Come funziona oggi 

Oggi in Italia i magistrati possono passare fino a quattro volte dalla carriera di pubblico ministero, che si occupa delle indagini, a quella di giudice, che emette le sentenze.

📝 Cosa cambia se vince il Sì 

In caso di vittoria del Sì, a inizio carriera il magistrato dovrà scegliere tra il ruolo di PM e quello di giudice.

 👍 Le motivazioni del Sì

Chi è a favore del Sì dice che questa possibilità di cambiare carriera mette in pericolo l’imparzialità dei giudici.

👎 Le motivazioni del No

Per chi è a favore del No la magistratura è un unico corpo e se vincesse il sì comunque non si otterrebbe una reale separazione delle carriere perché la formazione, il concorso e gli organi di governo resterebbero gli stessi.

Quesito 4: la valutazione dei magistrati

Il quarto quesito riguarda la valutazione dei magistrati.

📄 Come funziona oggi 

Al momento i magistrati in Italia vengono valutati ogni quattro anni sul loro operato. Questa valutazione è fatta dal Consiglio Superiore della Magistratura tramite i consigli giudiziari, che sono organi territoriali del CSM sul territorio. Questi consigli sono composti da magistrati, avvocati e professori universitari, ma solo i magistrati hanno il diritto di voto.

📝 Cosa cambia se vince il Sì 

In caso di vittoria del Sì, anche avvocati e professori universitari avranno diritto di voto per valutare l’operato dei magistrati.

 👍 Le motivazioni del Sì

Chi è a favore del Sì sostiene che se a valutare i magistrati sono solo altri magistrati il giudizio è meno attendibile.

👎 Le motivazioni del No

Chi è a favore del No sostiene che l’avvocato svolge il ruolo di controparte del magistrato e non è giusto che si occupi della sua valutazione.

Quesito 5: le firme necessarie per candidarsi al CSM

Il quinto quesito interviene sulle firme necessarie per candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura.

📄 Come funziona oggi 

Il Consiglio Superiore della Magistratura è l’organo di autogoverno della magistratura e per candidarsi come membri, i magistrati devono supportare la candidatura con una lista di firme che vanno dalle 25 alle 50, tutte di altri magistrati.

📝 Cosa cambia se vince il Sì 

In caso di vittoria del Sì, viene eliminato l’obbligo di presentare le firme, basterà presentare la propria candidatura.

 👍 Le motivazioni del Sì

Chi è a favore del Sì sostiene che l’obbligo di raccolta firme non premia il merito e incentiva la formazione di correnti all’interno della magistratura, perché costringe a creare alleanze.

👎 Le motivazioni del No

Chi è a favore del No sostiene che si tratta di un intervento quasi inutile perché non eliminerebbe il sistema delle correnti e comunque qualsiasi competizione democratica si basa sul fatto che i candidati siano conosciuti dagli elettori, quindi chi si candida deve partire da una base minima di consenso, in questo caso le firme.

I quesiti del referendum sulla giustizia spiegati da Mia Ceran nel nostro podcast The Essential:

I problemi della giustizia in Italia

In generale, la questione della giustizia in Italia è un tema storico e mai veramente risolto, che deve essere affrontato con cautela ma anche con urgenza: nel 2021 i processi pendenti nel nostro Paese, tra civile e penale, erano circa 4,6 milioni. Un numero in lenta diminuzione, ma ancora decisamente troppo alto.

In 30 anni, inoltre, sono stati quasi 30 mila i casi di ingiuste detenzioni, cioè casi in cui una persona è stata assolta dopo essere stata in carcere in custodia cautelare. Da non confondere però con l’errore giudiziario, che è ben altra cosa: in questo caso la persona viene assolta in un processo di revisione dopo essere stata condannata. I numeri sono nettamente più bassi: in 20 anni ci sono stati 207 casi di errori giudiziari.

Per non parlare dei tempi lentissimi per arrivare a una sentenza definitiva. La lentezza della giustizia, in particolare quella civile, rappresenta infatti uno degli annosi problemi strutturali italiani. Come riporta l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, l’ultimo rapporto della Commissione per l’efficacia della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ) ribadiva come l’Italia fosse tra i peggiori paesi europei per quanto riguarda i tempi delle controversie civili. La chiusura dei tribunali durante il Covid ha inoltre vanificato i lievi progressi registrati nel 2014-2019: il 2020 ha registrato un significativo peggioramento del disposition time, la misura utilizzata dal CEPEJ per valutare in maniera comparata la rapidità dei sistemi giudiziari nell’Ue.

Per questo è importante affrontare il tema della giustizia e non farlo certo solo tramite i referendum: non è un caso che gli ultimi 3 quesiti sono oggetto anche della riforma Cartabia che interviene con l’intento di efficientare il processo penale e civile ed è  attualmente è in discussione in Parlamento, ma che comunque sarà approvata dopo il referendum. 

Si vota anche in quasi mille comuni

Il 12 giugno saranno a chiamati al voto anche quasi 9 milioni di cittadini per le elezioni amministrative in 978 Comuni. La tornata elettorale in particolare riguarderà 26 capoluoghi di provincia e quattro capoluoghi di regione: Catanzaro, Genova, L’Aquila e Palermo.

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