Produrre energia dai rifiuti

La differenza tra termovalorizzatori e inceneritori

Team Will Media
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#sostenibilità

Nel 2020 i 37 termovalorizzatori presenti in Italia hanno trattato oltre 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Ma, bruciare i nostri scarti producendo energia è la soluzione all’eccessiva produzione di rifiuti?

La proposta del sindaco di Roma Roberto Gualtieri di costruire un nuovo termovalorizzatore per smaltire i rifiuti della Capitale ha riaperto il dibattito su questi impianti, che da sempre nel nostro Paese creano diffidenza e preoccupazioni.

Gli italiani hanno le loro ragioni a essere cauti quando si parla di gestione dei rifiuti, che non sempre in passato è stata corretta e trasparente. E anche i dubbi sui termovalorizzatori sono comprensibili: bruciare i rifiuti non è una soluzione perfetta. Dal punto di vista ambientale è sempre meglio produrre meno rifiuti e riuscire ad aumentare sensibilmente i tassi di riciclo dei materiali riciclabili.

Ma partiamo dalle basi capendo cos’è un termovalorizzatore.

La differenza tra termovalorizzatore e inceneritore

Un termovalorizzatore è un impianto che brucia rifiuti e recupera il calore generato dalla combustione per scaldare acqua e produrre vapore. Il vapore poi, può essere trasferito:

  •  a una turbina, che muovendosi produce energia elettrica
  •  agli edifici nelle vicinanze per il riscaldamento

La vera differenza tra termovalorizzatori e inceneritori è che questi ultimi sono impianti che bruciano rifiuti rilasciando sostanze nocive nell’aria, mentre i termovalorizzatori altro non sono che inceneritori di seconda generazione.

Ad oggi tutti gli inceneritori presenti in Italia sono stati chiusi per legge o riconvertiti a termovalorizzatori.

L’energia generata dai termovalorizzatori non si può considerare una fonte di energia rinnovabile perché si basa sulla combustione di materiali derivati da scarti misti, chimici o dal petrolio. Tuttavia rimane comunque un modo intelligente per creare valore da uno scarto che altrimenti non sarebbe utilizzato. Infatti c’è una percentuale dei materiali che consumiamo che non è riciclabile: è più sostenibile produrre energia da uno scarto, come fanno i termovalorizzatori, piuttosto che mandare i rifiuti in discarica.

I termovalorizzatori di ultima generazione possono quindi aiutarci a raggiungere gli obiettivi europei sulla quantità di rifiuti che finiscono in discarica: ad oggi siamo al 20% del totale, dobbiamo dimezzare questo dato entro il 2035. Da questi impianti può arrivare una spinta importante, insomma, verso l’obiettivo di arrivare a chiudere le discariche.

Quanti termovalorizzatori ci sono in Italia?
Classifica dei termovalorizzatori in Italia
Quali rifiuti finiscono nei termovalorizzatori?

Facciamo un po’ di chiarezza. I termovalorizzatori bruciano diversi tipi di rifiuti non riciclabili.

  • L’indifferenziato, come piccoli imballaggi, carta sporca, stoviglie di plastica
  • Scarti non riciclabili di carta, plastica, vetro
  • Rifiuti speciali, per esempio da attività sanitarie o di costruzione

Questo significa che qui sono finite anche tutte le mascherine monouso che abbiamo utilizzato in questi anni di pandemia. Per avere un’idea numerica, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno nel mondo abbiamo utilizzato circa 1.550 miliardi di mascherine. Solo in Italia, dall’inizio della pandemia, ne abbiamo utilizzate 46 miliardi.

Le mascherine monouso non possono essere riciclate, quindi quando le gettiamo nell’indifferenziato, arrivano:

  • Nei termovalorizzatori dove però si uniscono agli oltre 5,3 milioni di tonnellate di rifiuti che ogni anno bruciamo in Italia
  • Nelle discariche, dove ancora oggi finisce circa il 20% dei rifiuti italiani, le mascherine si uniscono agli altri 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti
I rifiuti smaltiti da un termovalorizzatore e l'energia prodotta

Un termovalorizzatore è in grado di smaltire circa 1900 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno. Questi numeri corrispondono alla quantità di rifiuti prodotti da 7,6 milioni di persone in un giorno e fanno riferimento a termovalorizzatore di ultima generazione.

Nel 2020 i 37 impianti presenti in Italia hanno trattato oltre 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani.

Per quanto riguarda l’energia prodotta dai termovalorizzatori, invece, nel nostro Paese sono circa 4,5 milioni di MWh di energia elettrica e 2,3 milioni di MWh di energia termica. Questi valori corrispondono ad una quantità che è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie.

I termovalorizzatori e la nostra salute

Negli anni, con l’aumento dei termovalorizzatori sul nostro territorio, diverse persone si sono chieste se bruciare rifiuti vicino ai centri urbani sia una minaccia per la salute delle persone.

Prima di tutto va detto che gli impianti hanno ridotto significativamente le emissioni di gas inquinanti, grazie a sistemi più efficaci per filtrare i fumi della combustione. Oggi i termovalorizzatori contribuiscono per esempio allo 0,03% di emissioni di Pm10, rispetto al 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali.

Inoltre, va anche sottolineato che un termovalorizzatore di ultima generazione produce tra il 90 e il 95% in meno di gas inquinanti rispetto a una discarica.

Chiaramente, le norme sulle emissioni derivanti da questi impianti vengono aggiornate negli anni, sia a livello europeo che italiano. Gli impianti, perciò, devono rispettare limiti stringenti che sono fissati nei BREF che sono una i documenti di riferimento legati alla direttiva europea sulla prevenzione e la riduzione dell’inquinamento. In questi documenti vengono elencate le BAT (best available techniques) ossia i migliori metodi tecnologici disponibili per contenere le emissioni.

Per il momento, i diversi studi condotti per verificare la sicurezza dei termovalorizzatori e gli impatti sulla nostra salute non hanno dimostrato una correlazione diretta tra tumori ed esposizione ai fumi rilasciati dai termovalorizzatori che rispettano i BREF.

Oltre all’impatto sulla salute delle persone, molto spesso ci si chiede anche se i termovalorizzatori disincentivino la raccolta differenziata. Una delle critiche più frequenti ai termovalorizzatori, infatti, è che per farli funzionare a pieno regime servano grandi quantità di rifiuti e questo porterebbe le città a ridurre gli sforzi nel riciclo. Negli ultimi 10 anni, però, mentre la percentuale di rifiuti bruciati rispetto al totale è rimasta la stessa, la raccolta differenziata è aumentata in tutta Italia.

I termovalorizzatori disincentivano la raccolta differenziata?

Se per far funzionare i termovalorizzatori a pieno regime servono molti rifiuti, uno dei timori è che possano disincentivare il riciclo.

Ma negli ultimi 10 anni mentre la percentuale di rifiuti bruciati rispetto al totale è rimasta la stessa, la raccolta differenziata è aumentata.

E le discariche?

Prima di tutto va detto che, fra tutte le diverse modalità di gestione dei rifiuti, lo smaltimento in discarica è il meno sostenibile. Considerando tutto il settore dei rifiuti, infatti, il 75% delle emissioni di gas serra infatti, proviene proprio dalle discariche.

Noi in Italia ne abusiamo ancora troppo: l’Italia smaltisce ancora il 21% dei rifiuti urbani in discarica, un volume equiparabile a 26 volte il Duomo di Milano. La media dei top Paesi europei, cioè Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca è di appena 0,8%.

La necessità di allontanarci da questa gestione dei rifiuti è chiara e, per fortuna, alcuni esempi virtuosi stanno iniziando a comparire anche in Italia.

Quella che era la discarica di Peccioli, in provincia di Pisa, oggi è un’opera d’arte. Alla fine degli anni 90, in questa discarica confluivano i rifiuti di sei comuni. La popolazione locale si lamentava degli odori e, in generale, non voleva avere una discarica vicino a casa. Lamministrazione di Peccioli, allora guidata dal sindaco Renzo Macelloni, decise quindi di affrontare la questione in modo creativo e creare un nuovo modello di discarica. Così creò una società, dal nome eloquente di Belvedere Spa. Era il 21 aprile 1997.

Da quel giorno, da luogo respingente e problematico la discarica è diventato luogo di ritrovo, attrazione turistica, teatro. La discarica di Peccioli è perfettamente funzionante: ha un impianto per estrarre i materiali riciclabili dall’indifferenziata e produce energia dal biogas. La fondazione ha ospitato artisti internazionali, illustratori, cantanti d’opera. Ha cominciato a produrre biogas dai rifiuti e ha modificato il suo sistema di gestione, oggi basato su un azionariato popolare che vede il comune azionista di maggioranza e 900 piccoli azionisti, tra cittadini e privati, che partecipano attivamente alla vita e alle decisioni sulla discarica.

 

Discarica di Peccioli, Fondazione Peccioliper, Pisa
Discarica di Peccioli, Fondazione Peccioliper, Pisa
Discarica di Peccioli, Fondazione Peccioliper, Pisa
Discarica di Peccioli, Fondazione Peccioliper, Pisa
Comune di Peccioli, Pisa
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