A cosa serve una tassa sulla plastica?
L’introduzione della plastic tax, la tassa sulla plastica, in Italia è stata rimandata per la quarta volta: ora è prevista per gennaio 2023
Dal 3 luglio gli Stati membri dell’Unione Europea hanno vietato la vendita di alcuni prodotti usa e getta in plastica come cotton fioc, posate e piatti, cannucce, aste per palloncini, e alcuni contenitori per cibo e bevande.
Ma c’è un’altra direttiva UE che non è ancora entrata in vigore: la plastic tax. La tassa sulla plastica sarà calcolata in ogni Stato membro in base al peso dei rifiuti di imballaggi di plastica non riciclabili generati in un anno. Grazie a questa imposta, il costo degli imballaggi non riciclabili aumenterà e si spera che possa portare consumatori e produttori a scegliere prodotti più ecologici.
In Italia però questa iniziativa continua a essere posticipata. Prevista inizialmente per 80 centesimi al kg dall’UE, la tassa è stata poi fissata a 45 centesimi al kg in Italia. L’entrata in vigore era fissata per luglio 2020, poi per gennaio 2021, poi luglio 2021, poi ancora gennaio 2022. E ora l’ultima legge di bilancio l’ha spostata al 2023.
Una delle ragioni del rinvio italiano è che il nostro Paese è uno dei centri più importanti in Europa per la produzione di imballaggi in plastica. E la tassa, che dovrà essere versata dai produttori e gli importatori di plastica, è considerata troppo gravosa dal settore – già penalizzato dalle misure di contenimento della pandemia.
Quello che è certo, però, è che non si potrà posticipare all’infinito: ridurre del consumo di imballaggi usa e getta in plastica è una necessità. La produzione mondiale di plastica è aumentata di circa venti volte rispetto agli anni ‘60, e ogni cittadino italiano produce circa 250 chili di rifiuti costituiti da imballaggi l’anno. Di questi, la maggior parte in plastica, che potrebbe impiegare dai 10 ai 500 anni per deteriorarsi
Proprio per queste ragioni, non possiamo più rimandare l’introduzione di questa direttiva.
Quindi cosa fare? Noi cittadini, per esempio, possiamo iniziare a ridurre drasticamente il nostro consumo di acqua in bottiglia e di imballaggi di plastica usa e getta, prediligendo il più possibile alternative biodegradabili o riutilizzabili.
Secondo un report del 2018 del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), 77 Paesi nel mondo hanno approvato un divieto totale o parziale sull’utilizzo dei sacchetti di plastica; 32 Paesi invece hanno optato per una tassa sui sacchetti di plastica per limitarne l’utilizzo.
I sacchetti di plastica hanno guadagnato popolarità a livello mondiale negli anni ’70, dato che i negozi e i supermercati li regalavano gratuitamente per incoraggiare lo shopping dei clienti.
Con il tempo però l’inquinamento da plastica è diventato un vero e proprio problema per l’ambiente. Negli ultimi decenni la produzione e il consumo di oggetti in plastica ha visto una crescita esponenziale e ha prodotto fenomeni di inquinamento sulla terraferma e in mare, soprattutto in molti paesi dell’Asia e dell’Africa, dove i sistemi di raccolta dei rifiuti sono spesso inefficienti o inesistenti.
Secondo i dati dell’Unione Europea, ogni anno finiscono negli oceani tra 150 000 e 500 000 tonnellate di rifiuti di plastica.
A partire dal 3 luglio del 2021 nei Paesi dell’Unione Europea sono stati vietati gli oggetti in plastica monouso: piatti e posate (ma non i bicchieri), cannucce, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, contenitori in polistirolo per alimenti e bevande.
Le norme previste dalla Direttiva Europea Sup (Single Use Plastic) del 2019 e recepita dall’Italia con la legge nel 2021, per ora non vanno a toccare i prodotti usa e getta più diffusi, ma anche più difficili da sostituire con alternative ecologiche, e cioè le bottiglie per le bibite, i flaconi di detergenti e i detersivi. Per i bicchieri di plastica invece c’è solo un invito a ridurre il consumo.
A marzo 2022 i capi di Stato, ministri dell’ambiente e altri rappresentanti di 175 nazioni hanno approvato una storica risoluzione per porre fine all’inquinamento da plastica e stringere un accordo internazionale legalmente vincolante entro la fine del 2024.
La decisione è stata presa all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) a Nairobi sulla base di tre bozze iniziali che verranno discusse dal Comitato Intergovernativo di Negoziazione e che ha l’obiettivo di completare un accordo giuridicamente vincolante entro la fine del 2024.
Inger Andersen, Direttrice Esecutiva dell’UNEP ha dichiarato che questo è l’accordo ambientale multilaterale più significativo dall’accordo di Parigi, “una polizza assicurativa per questa generazione e per quelle future che potrebbero vivere con la plastica e non esserne condannate”.
L’inquinamento da plastica è uno dei problemi ambientali più urgenti da affrontare.
Secondo il WWF ogni anno produciamo 450 milioni di tonnellate di plastica, 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono ogni anno negli oceani e 700 specie animali sono state interessate da fenomeni di inquinamento da materie plastiche.
La campagna “MAYDAY SOS PLASTICA” promossa da Greenpeace Italia ci regala un dato allarmante: il 35% dei pesci e degli invertebrati raccolti nel Mar Tirreno centrale, aveva ingerito fibre tessili e microplastiche. E quei pesci finiscono sulle nostre tavole.
La plastica non la mangiamo, perché si concentra nell’intestino e il pesce abitualmente lo consumiamo eviscerato, ma l’allarme rimane e non va in alcun modo sottovalutato. É tempo di cambiare le nostre abitudini.