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31/05/2023
A che punto siamo con il PNRR?
Da mesi sentiamo parlare di PNRR, e da qualche settimane non si fa che parlare dei suoi ritardi. A che punto siamo? Facciamo un po' di chiarezza con
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25/05/2023
Nessun Paese Ue paga tanti interessi sul debito pubblico quanto l'Italia
Secondo il Documento di Economia e Finanza dopo la tregua di quest'anno dove, grazie all'inflazione, spenderemo "solo" il 3,7% del PIL (75,6 mld) per gli interessi sul debito pubblico, questo dato salirà al 4,1% (85,2 mld) del PIL nel 2024, al 4,2% (91,6 mld) nel 2025 e al 4,5% (100,6 mld) nel 2026. Per capire meglio la grandezza di questa somma, basti pensare che nel 2024 si prevede di spendere meno della metà in sviluppo delle imprese e quasi il 30% in meno per le politiche sociali e a sostegno della famiglia. Questo significa che per ogni cittadino vengono spesi 1.398,1 euro. All'interno dell'Unione europea, solo la Francia spende più di mille euro per cittadino (1.245,2 euro) e questo ha portato il Presidente Macron a forzare per la riforma del sistema pensionistico che ha causato le forti proteste di questi giorni. Anche uscendo dai confini europei e guardando all'economia statunitense, i dati sono decisamente lontani da quelli italiani. Infatti, negli Stati Uniti vengono spesi 856 euro di interessi sul debito per ogni cittadino. Certamente questo dato è frutto di politiche che non coinvolgono solo l'attuale governo, ma è indispensabile che vengano intrapresi percorsi seri per rendere questo dato più sostenibile in futuro. Anche perché, sempre all'interno del DEF, si prevede che nei prossimi 30 anni, complice anche la crisi demografica e il conseguente aumento dei costi delle pensioni e dell'assistenza per gli anziani, il rapporto tra debito e PIL passerà dall'attuale 155% al 180%. ... Leggi di più Leggi meno
Spesa pubblica (Bilancio pubblico)
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12/04/2023
C'è una direttiva del Parlamento europeo
È giusto che le aziende siano obbligate a fornire ai candidati tutte le informazioni sulla futura retribuzione già a partire dall'annuncio di lavoro? Lo scorso 30 marzo 2023 il Parlamento europeo ha approvato una direttiva - volta a rafforzare il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne - che vuole intervenire proprio sulla trasparenza delle offerte di lavoro. Nello specifico l'articolo 5 della direttiva vuole garantire ai lavoratori la possibilità di avere tutte le informazioni necessarie per negoziare in modo equilibrato ed equo la loro retribuzione all'inizio di un rapporto di lavoro. A questo si aggiunge anche lo scopo di limitare le occasioni in cui i datori di lavoro possano modificare la proposta in base a pregiudizi discriminatori, come quelli di genere. Stando ai dati riportati dall'Osservatorio Jobiri, solamente l'1,5% degli annunci di lavoro online, su un campione di oltre 1 milione di offerte analizzate in tutta Italia nel 2021, contiene informazioni sulla retribuzione. Nel dettaglio, ben 14 di regioni italiane hanno una quota di annunci con retribuzione inferiore all’1% (la quota viene superata solo in Campania, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Sardegna e Veneto). La situazione potrebbe cambiare perché con l'approvazione della nuova direttiva l'Ue vuole introdurre il diritto di tutti i candidati a ricevere dal potenziale datore di lavoro informazioni sulla retribuzione iniziale (sulla relativa fascia) o sulle disposizioni del contratto collettivo, per la posizione aperta. A questo si aggiunge il fatto che lo stesso articolo 5 della direttiva vieta ai datori di lavoro di chiedere ai candidati informazioni sulla retribuzione che percepivano durante il rapporto di lavoro precedente. La direttiva del Parlamento - approvata sulla base di una proposta della Commissione sulla trasparenza delle retribuzioni che vuole garantire la parità di retribuzione tra uomini e donne - sarà ora pubblicata in Gazzetta Ufficiale e tutti gli Stati membri dovranno conformarsi a questa direttiva entro tre anni dalla sua entrata in vigore. ... Leggi di più Leggi meno
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11/04/2023
Non abbiamo piantato gli alberi previsti dal PNRR
Prima di impegnarci a piantare 6 milioni di alberi, avremmo dovuto quanto meno controllare se questi alberi ce li avevamo. Questa cosa non è stata fatta e abbiamo provato a rimediare con dei semi. Posto che, come ci insegnavano da bambini, "per fare un albero ci vuole il seme", piantare 6 milioni di alberi, non è uguale a mettere giù dei semi e su questo stiamo discutendo con la Commissione Europea. È colpa nostra? Non proprio, per avere alberi da piantare, questi devono essere cresciuti nei vivai, e nel corso degli ultimi anni sono stati chiusi diversi vivai forestali o lasciati in condizioni di sottoproduzione. Cosa facciamo nei vivai che abbiamo? Produciamo piantine ornamentali e per il verde urbano, ma non piante forestali da destinare a nuovi imboschimenti. Cosa stiamo aspettando? ... Leggi di più Leggi meno
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06/04/2023
Abbiamo speso solo il 12% dei fondi del PNRR
Li abbiamo chiesti, li abbiamo ottenuti e ora non riusciamo a spenderli. Stiamo parlando dei fondi del PNRR, il piano di investimenti lanciato dall'Unione europea in risposta alla crisi causata dal Covid-19. L'Italia ha speso solo il 49,7% degli investimenti inizialmente previsti entro la fine del 2022. E ora il governo dovrà lavorare su più fronti per non perdere i 19,5 miliardi della terza tranche. In queste settimane il governo ha approvato un decreto legge per semplificare le procedure burocratiche legate al PNRR e - secondo alcune indiscrezioni - dovrebbe arrivarne a breve un altro per assumere nuovo personale all'interno delle amministrazioni pubbliche. Tuttavia - per rispettare i tempi e non perdere i fondi - sarà fondamentale trovare un accordo con la Commissione europea. Il governo dovrà trattare con la Commissione per modificare il Piano in modo da rendere più verosimile il raggiungimento dei progetti in ritardo. Una delle possibili soluzioni consisterebbe nello spostare parte dei fondi del PNRR all'interno dei fondi che l'UE trasferisce strutturalmente ai Paesi membri. I fondi strutturali - a differenza di quelli del PNRR - prevedono scadenze meno stringenti e questo permetterebbe di realizzare tutti i progetti. Secondo la stessa logica, altre risorse potrebbero essere spostate sul Fondo di Sviluppo e Coesione - che non prevede scadenze specifiche - o sui fondo RepowerEU per i progetti di efficientamento energetico. I fondi che verrebbero spostati dal PNRR riguarderebbero la riqualificazione e costruzione di asili nido, la piantumazione di 6,6 milioni di alberi, gli investimenti nelle Zone Economiche Speciali (ZES) e alcuni progetti ferroviari al Centro e al Sud. Questi ritardi però non sono una sorpresa degli ultimi giorni. Già a ottobre il governo Draghi aveva previsto un ritardo nell'implementazione del PNRR all'interno della NADEF, il documento che aggiorna le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Il dibattito di questi giorni è stato riacceso dalla relazione annuale della Corte dei Conti, che ha confermato quando previsto dal governo a ottobre. #pnrr #politica #economia #draghi #meloni #eu #europa ... Leggi di più Leggi meno
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24/03/2023
La Commissione europea vuole mettere fine al greenwashing
A chi è capitato di fare la spesa e non sapere se un prodotto "eco-friendly" fosse più rispettoso dell'ambiente rispetto a un altro che dichiara "realizzato con materiale riciclato"? Il tema è che non ci sono criteri standard per verificare cosa significhino, e nel 40% dei casi queste dichiarazioni sono infondate, senza alcuna prova che le validi. Per fare chiarezza e combattere la concorrenza sleale tra aziende, la Commissione europea il 22 marzo ha pubblicato una proposta di Direttiva sulle affermazioni green. Questa proposta fa parte del terzo pacchetto sull'economia circolare previsto all'interno del Green Deal, ovvero tutte quelle iniziative politiche proposte dalla Commissione europea il cui obiettivo è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Nonostante sia evidente che è necessario rendere il mercato più trasparente e aiutare noi consumatori a fare scelte consapevoli, anche questa Direttiva potrebbe non essere sufficiente. I gruppi di consumatori e i gruppi ambientalisti, infatti, hanno dichiarato che la proposta è stata palesemente annacquata da interessi commerciali che ha trasformato la bozza precedentemente trapelata in una proposta oggi troppo vaga e blanda. Staremo a vedere l'evoluzione di questa Direttiva che dovrà passare nelle mani del Parlamento e del Consiglio. Nel frattempo, però, chiediamo a voi cosa ne pensate: per combattere il greenwashing sarà sufficiente questa Direttiva? ... Leggi di più Leggi meno
Greenwashing (Fashion)
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20/03/2023
Dal 2028 i nuovi edifici saranno alimentati da energia rinnovabile
La nuova Direttiva Ue sulla prestazione energetica nell'edilizia pianifica di ridurre notevolmente le emissioni di gas serra e anche le spese in bolletta di ogni cittadino. Prima di affrettarvi per andare a guardare la prestazione energetica della vostra casa, sappiate che per il momento non cambia nulla. Questa approvazione, infatti, non vuol dire che l'entrata in vigore del provvedimento è imminente. Nonostante Commissione e Parlamento abbiano dato il via libera, adesso inizia il negoziato con i governi dei Paesi membri che modificheranno in molti punti il testo. In ogni caso, però, conoscere la classe energetica della propria casa potrebbe essere una buona idea per il futuro. L'obiettivo della direttiva "case green" è proprio quello di ridurre le emissioni inquinanti, e prima o poi anche le regole nazionali cambieranno. Si partirà dal 15% degli immobili meno efficienti dal punto di vista energetico, che in Italia sono circa 1,8 milioni. Pian piano, poi, avverrà una riclassificazione energetica di tutto il patrimonio immobiliare. Bisogna considerare moltissimi fattori. Primo fra tutti quello economico. Parte delle spese potranno essere assorbite dai fondi del Recovery Fund che ha messo a disposizione circa 150 miliardi per l'efficientamento energetico delle abitazioni delle famiglie in condizioni di povertà energetica. Perciò, i primi a poter beneficiare dei fondi europei potrebbero essere gli stessi per i quali le ristrutturazioni sono più urgenti. Il secondo fattore è quello politico. Per il momento, infatti, sembra che la direttiva sarà contrastata dalla maggioranza di governo. Staremo a vedere come proseguiranno i negoziati. ... Leggi di più Leggi meno
Transizione giusta (Energia)
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18/03/2023
Ogni minuto bruciamo 60 camion pieni di vestiti
Tutti dobbiamo vestirci e molti di noi - a seconda dei gusti e delle esigenze personali - sentono la necessità di cambiare ciclicamente i nostri vestiti, non solo in base alle stagioni ma anche per usare la moda come strumento di comunicazione personale. Nel tempo, però, l'industria della moda ha cominciato a produrre una quantità di vestiti non più sostenibile. Tra il 2000 e il 2015 la produzione tessile globale è quasi raddoppiata ed entro il 2030 si stima che saranno circa 102 milioni le tonnellate di materiale tessile immesse nel mercato, con un conseguente aumento dei consumi del 63%. Questo vuol dire che ci saranno ancora più materiale tessile e sempre più vestiti che vengono buttati e, nella maggior parte dei casi, bruciati o destinati alla discarica. Un grande problema, se consideriamo che il consumo europeo di prodotti tessili ha il quarto più alto impatto sull'ambiente e sui cambiamenti climatici dopo l'alimentazione, le abitazioni e la mobilità. La moda, oltre a essere il terzo settore per il maggiore utilizzo di acqua e di suolo, è il quinto per l'uso di materie prime e per le emissioni di gas serra. Per capire davvero come il sistema della moda impatta l'ambiente e le persone, e per capire in che modo questo settore potrebbe migliorare, da qualche mese abbiamo iniziato un viaggio con @matteo.ward, attivista ed esperto di sostenibilità del fashion. Con lui e grazie alla collaborazione di @skyitalia stiamo lavorando al documentario-inchiesta "Junk" in cui racconteremo il costo sociale e ambientale della fashion industry. ... Leggi di più Leggi meno
Economia Circolare (Fashion),Second Hand (Fashion)
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14/03/2023
Ma l'Europa ha davvero fallito sull'immigrazione?
Il mare sta ancora restituendo i corpi delle decine di migranti, tra cui molti bambini, che hanno perso la vita il 26 febbraio scorso in un naufragio a cinquanta metri dalla spiaggia di Cutro, in Calabria. Dopo la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in cui quasi 400 persone persero la vita a circa mezzo miglio dalla costa, l'Europa aveva detto 'mai più'. Perché, invece, accade ancora? @silviabocc si chiede se sia lecito dire che sull'immigrazione l'Europa ha fallito. ... Leggi di più Leggi meno
Flussi/demografia (Migranti)
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03/03/2023
Greenwashing e certificazioni di sostenibilità
Qualcosa si sta muovendo, è evidente. Sarà che siamo stanchi di comprare prodotti spacciati per "ecologicamente responsabili" e che poi scopriamo essere molto inquinanti, o sarà che ci siamo resi conto che stiamo mettendo troppa pressione al Pianeta. Qualunque sia la ragione, c'è sempre più volontà di risolvere il problema del greenwashing. Il settore in cui il greenwashing è più presente è quello della moda. Secondo un recente vaglio della Commissione europea il 39% delle auto-dichiarazioni ambientali nel settore tessile, dell'abbigliamento e delle calzature potrebbe essere falso o ingannevole. Pretendere, quindi, regole più stringenti e chiare sarà necessario per orientarci nei nostri acquisti, ma soprattutto per spingere le aziende a prendersi le proprie responsabilità. Per capire in che modo il sistema della moda impatta l'ambiente e le persone e per capire in che modo questo settore potrebbe migliorare, da qualche mese abbiamo iniziato un viaggio con Matteo Ward, attivista ed esperto di sostenibilità del fashion. Con lui e grazie alla collaborazione di Sky Italia stiamo lavorando al documentario-inchiesta "Junk" in cui racconteremo il costo sociale e ambientale della fashion industry. #Greenwashing #Sostenibilità #Fashion #Fastfashion #Moda #WillMedia ... Leggi di più Leggi meno
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02/03/2023
Tra dire e il fare ci sta il greenwashing
Qualcosa si sta muovendo, è evidente. Sarà che siamo stanchi di comprare prodotti spacciati per "ecologicamente responsabili" e che poi scopriamo essere molto inquinanti, o sarà che ci siamo resi conto che stiamo mettendo troppa pressione al Pianeta. Qualunque sia la ragione, c'è sempre più volontà di risolvere il problema del greenwashing. Il settore in cui il greenwashing è più presente è quello della moda. Secondo un recente vaglio della Commissione europea il 39% delle auto-dichiarazioni ambientali nel settore tessile, dell'abbigliamento e delle calzature potrebbe essere falso o ingannevole. Pretendere, quindi, regole più stringenti e chiare sarà necessario per orientarci nei nostri acquisti, ma soprattutto per spingere le aziende a prendersi le proprie responsabilità. Per capire in che modo il sistema della moda impatta l'ambiente e le persone e per capire in che modo questo settore potrebbe migliorare, da qualche mese abbiamo iniziato un viaggio con @Matteo Ward, attivista ed esperto di sostenibilità del fashion. Con lui e grazie alla collaborazione di @skyitalia stiamo lavorando al documentario-inchiesta "Junk" in cui racconteremo il costo sociale e ambientale della fashion industry. ... Leggi di più Leggi meno
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02/03/2023
3 su 5 delle regioni più povere d'Europa sono italiane
Sono 95,4 milioni le persone nell'Unione Europea a rischio di povertà o di esclusione sociale. Di questi, circa 73,7 milioni sono a rischio di povertà, 27 milioni vivono in situazioni di grave deprivazione materiale e sociale e 29,3 milioni hanno un lavoro che comunque non consente loro di vivere una vita dignitosa. In Italia, la povertà e l'esclusione sociale riguardano il 25% della popolazione. Rispetto al resto d'Europa, complessivamente peggio di noi fanno solo Romania (34%), Bulgaria (32%), Grecia e Spagna (entrambe 28%). Se invece si guarda alle singole regioni, il primato è italiano. Le 5 regioni europee con il più alto rischio di povertà sono Sicilia (38%), Campania (37%), la regione Nord-Est della Romania (35%), Sardegna (35%) e la Macroregiunea doi (33%), sempre in Romania. Secondo Istat, le persone che in Italia vivono in una condizione di povertà assoluta sono il 9,4% della popolazione, circa 3 volte tanto rispetto al valore registrato nel 2007. La povertà assoluta è la condizione per cui i cittadini non hanno un reddito sufficiente per permettersi beni e servizi considerati necessari a mantenere uno standard di vita accettabile. La soglia della povertà assoluta varia a seconda della dimensione del nucleo familiare, dell’età di chi ne fa parte e dalla città in cui vive. Per esempio, la soglia di povertà di un nucleo familiare composto da una persona che ha meno di 60 anni e vive da sola in una città metropolitana del sud Italia è pari a circa 634 euro al mese, mentre al nord è pari a 853 euro. I dati Eurostat certificano la situazione estremamente a rischio nelle Regioni del Sud Italia e sono un campanello di allarme che si affianca all'inflazione, cioè l’aumento dei prezzi e la crisi economica che si prospetta ancora più intensa per il 2023. Per questi motivi, il tema della povertà è sempre più importante e necessita di soluzioni urgenti. ... Leggi di più Leggi meno
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21/02/2023
Le immatricolazioni delle auto elettriche in Europa
Il 2022 è stato un anno eccellente per le auto elettriche in Europa. Le immatricolazioni hanno continuato a crescere, nonostante il calo generale del mercato automobilistico europeo, e ad oggi la quota di mercato delle auto full-electric è salita al 12,1%, facendo segnare un +3% rispetto all'anno scorso. Anche per le auto ibride, il 2022 è andato a gonfie vele, e hanno raggiunto oggi una quota di mercato del 22,6%. Dall'altra parte le auto a benzina e diesel stanno continuando a perdere terreno, seppur rappresentino ancora più della metà delle auto vendute in UE nel 2022. Se tutti i Paesi hanno visto un aumento nelle nuove immatricolazioni di auto elettriche rispetto all'anno scorso, l'unico Paese che è tornato indietro siamo noi. Considerando lo stop alla vendita di auto a combustione a partire dal 2035, deciso dalle istituzioni europee, il settore delle auto elettriche vivrà inevitabilmente dei cambiamenti nei prossimi anni per rispondere ad alcune delle perplessità che hanno oggi i consumatori nei confronti di questo mercato. Al tempo stesso per far sì che l'implementazione di queste misure sia accessibile per tutti consumatori, aziende e istituzioni dovranno lavorare insieme per non lasciare indietro nessuno e per attuare una transizione che non sia troppo penalizzante anche nei confronti dell'automotive. Una ricerca recente di EY ha mostrato come in realtà il 45% dei consumatori italiani sia propenso ad acquistare un'auto elettrica ma ci sono quattro grandi ostacoli che ne frenano la crescita nel nostro Paese: - il costo, ancora più alto rispetto alle auto tradizionali - la bassa diffusione delle stazioni di ricarica - la bassa autonomia del veicolo - la lentezza nei tempi di ricarica Per spingere la transizione verso una mobilità elettrica e meno impattante serve quindi intervenire su tutti questi quattro fronti, agevolando tutte le fasce di reddito nella scelta dell'elettrico, per evitare che rimanga un lusso che in pochi si possono permettere. #Auto #AutoElettriche #Mobilità #Automotive #WillMedia ... Leggi di più Leggi meno
Mobilità (Inquinamento)
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03/02/2023
Eolico e solare superano le fonti fossili
Un record storico per la transizione energetica: nel 2022 l'energia eolica e quella solare hanno generato un quinto (il 22%) dell'elettricità dell'Unione Europea, superando per la prima volta il gas, fermo al 20%. Lo scenario tracciato dal think tank energetico EMBER con il suo ultimo report è incoraggiante ed è avvenuto nell'anno dove meno ce lo aspettavamo. Nel 2022 infatti l'Europa ha affrontato una duplice crisi nel settore dell'energia. Proprio mentre i Paesi dell'UE cercavano modi di ridurre la propria dipendenza dal principale fornitore di gas, la Russia, il continente ha generato i livelli più bassi di energia idroelettrica e nucleare da almeno due decenni, anche a causa della siccità prolungata che ha colpito diversi Paesi dell'Eurozona. La crescita record dell'eolico e del solare ha però contribuito ad attenuare questi deficit: la produzione di energia solare è quella che ha registrato l'aumento più rapido, con una crescita record +24% nel 2022 rispetto all'anno precedente. Assieme alla crescita del solare c'è stata la riduzione nella domanda di elettricità, diminuita del 7,9% nell'ultimo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A causa delle temperature più miti, ma anche degli interventi di efficientamento energetico supportati dai diversi Paesi per far fronte alla crisi energetica. Diversi analisti prevedevano che la crisi energetica avrebbe portato ad aumentare la percentuale di elettricità prodotta con il carbone, ma così non è stato: la quota di energia prodotta con il carbone è aumentata dell'1,5%, arrivando a generare il 16% dell'elettricità dell'UE nel 2022, con un calo negli ultimi quattro mesi. Insomma, questi dati ci ricordano una cosa: che i nostri obiettivi di produzione di energia da rinnovabili sono fattibili se c'è la volontà politica di mettere in atto misure speciali per arginare al crisi climatica e decarbonizzare la nostra società. ... Leggi di più Leggi meno
Transizione giusta (Energia)
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03/02/2023
Il sorpasso delle energie rinnovabili in Europa
Un record storico per la transizione energetica: nel 2022 l'energia eolica e quella solare hanno generato un quinto (il 22%) dell'elettricità dell'Unione Europea, superando per la prima volta il gas, fermo al 20%. Lo scenario tracciato dal think tank energetico EMBER con il suo ultimo report è incoraggiante ed è avvenuto nell'anno dove meno ce lo aspettavamo. Nel 2022 infatti l'Europa ha affrontato una duplice crisi nel settore dell'energia. Proprio mentre i Paesi dell'UE cercavano modi di ridurre la propria dipendenza dal principale fornitore di gas, la Russia, il continente ha generato i livelli più bassi di energia idroelettrica e nucleare da almeno due decenni, anche a causa della siccità prolungata che ha colpito diversi Paesi dell'Eurozona. La crescita record dell'eolico e del solare ha però contribuito ad attenuare questi deficit: la produzione di energia solare è quella che ha registrato l'aumento più rapido, con una crescita record +24% nel 2022 rispetto all'anno precedente. Assieme alla crescita del solare c'è stata la riduzione nella domanda di elettricità, diminuita del 7,9% nell'ultimo trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A causa delle temperature più miti, ma anche degli interventi di efficientamento energetico supportati dai diversi Paesi per far fronte alla crisi energetica. Diversi analisti prevedevano che la crisi energetica avrebbe portato ad aumentare la percentuale di elettricità prodotta con il carbone, ma così non è stato: la quota di energia prodotta con il carbone è aumentata dell'1,5%, arrivando a generare il 16% dell'elettricità dell'UE nel 2022, con un calo negli ultimi quattro mesi. Insomma, questi dati ci ricordano una cosa: che i nostri obiettivi di produzione di energia da rinnovabili sono fattibili se c'è la volontà politica di mettere in atto misure speciali per arginare al crisi climatica e decarbonizzare la nostra società. ... Leggi di più Leggi meno
Rinnovabili (Innovazione)
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01/02/2023
A tre anni da Brexit l'uscita dall'UE non sembra più una buona idea
Sono ormai passati tre anni da quando il Regno Unito ha smesso ufficialmente di far parte dell'UE. Era il 31 gennaio 2020, infatti, quando si completava il processo di uscita dall'Unione iniziato dopo la vittoria dei voti per il ”Leave” nel referendum del 23 giugno 2016 (51,9% contro 48,1%). Tante cose sono però cambiate da allora, e i britannici sembrano sempre più pentiti della loro scelta: oggi più della metà della popolazione – secondo il monitoraggio continuativo eseguito dall'istituto di ricerche YouGov – pensa che Brexit sia stata un errore per il Paese. I motivi che portano a tale conclusione possono essere diversi: dall'uscita dall'Ue, il Regno Unito ha visto una crescente instabilità politica e finanziaria, culminata nel brevissimo mandato di Liz Truss. Secondo Bloomberg, la Brexit costa al Regno Unito 100 miliardi di sterline all'anno in termini di perdita di produzione. Anche dal punto di vista commerciale, sembrano esserci diversi problemi: secondo un rapporto della Camera di Commercio britannica del dicembre 2022, l'accordo commerciale tra UK e UE ”non sta dando risultati” per più di tre quarti delle imprese. Mentre il Fondo monetario internazionale ha previsto che il Regno Unito sarà l’unico Paese occidentale in recessione nel 2023. Ma Brexit ha segnato anche una frattura a livello elettorale e generazionale. Il referendum che ne decretò l'esito positivo vide, secondo i dati della società di ricerca Opinium, un largo astensionismo da parte delle fasce più giovani: solo il 64% degli aventi diritto di età compresa tra i 18 e i 24 anni andò a votare, contro il 90% della fascia di età superiore ai 65 anni. Secondo YouGov, il 70-75% dei britannici sotto i 25 anni votò per l'opzione ”Remain”, ma la larga astensione fece ulteriormente pendere la bilanciare verso il ”Leave”, appoggiato dal il 60% degli over 65 e dalla fascia media (tra i 45 e i 64 anni). Ennesima riprova che in politica, se non sei tu a decidere, qualcun altro decide per te. ... Leggi di più Leggi meno
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28/01/2023
Bando per il Servizio civile universale under 28
Servizio Civile
Lavoro (Giovani),Giovani e lavoro (Leggi),Sostegni (Misure economiche)
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19/01/2023
Con il fast fashion i nostri vestiti durano sempre meno
Ogni secondo nel mondo un camion carico di vestiti arriva in discarica o viene bruciato in un inceneritore. Solo noi europei buttiamo via più di 10kg di vestiti ogni anno. Dal 2000 al 2015 la produzione tessile mondiale è quasi raddoppiata e si prevede che il consumo di abbigliamento e calzature aumenterà ulteriormente di circa il 63% entro il 2030. Ma perché questo è un problema? Prima di tutto perché continuiamo ad utilizzare risorse che non sono infinite, come acqua, fibre e suolo. Ma non solo, per produrre e poi smaltire tutti questi vestiti serve moltissima energia. Inoltre la maggior parte dei vestiti non è nemmeno riciclabile e quindi non rientra nel sistema, arrivando così nelle discariche. Questo modello di produzione costante deve necessariamente cambiare. Anche per questa ragione la Commissione europea ha proposto una strategia per obbligare le aziende di moda a rendere i vestiti più durevoli e riciclabili. Nella proposta sono previste delle regole di progettazione che costringerebbero le aziende sia a rivelare la quantità di prodotto invenduto che mandano in discarica, sia delle informazioni più chiare sui prodotti tessili in modo che anche i consumatori possano riconoscere i prodotti più durevoli e più circolari. Avere regole europee più stringenti sarà sufficiente a modificare le nostre abitudini di consumo? #vestiti #fastfashion #eu #eucommission #moda #fashion #moda ... Leggi di più Leggi meno
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16/12/2022
Qatargate e lobbismo al Parlamento Europeo
Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti parlano con Fabio Parola, ex ricercatore dell’ISPI e ora lobbista a Bruxelles, dello scandalo Qatargate e di come invece funziona il lobbismo al Parlamento Europeo.
Lo trovi qui:
16/12/2022
Lobbismo e porte girevoli
Cosa c'entra il lobbismo con il Qatargate? E cos'è la pratica delle 'porte girevoli'? @silviabocc ci aiuta a capire cosa sta succedendo nello scandalo di corruzione che sta scuotendo l'Europa
Consigli UE (Unione Europea)
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14/12/2022
Si torna a discutere sull'obbligo del POS
Ma che cosa sta succedendo con il POS tra governo e Commissione europea? E che cosa cambia per i consumatori? Ce lo spiega il nostro super avvocato @massimilianodona, presidente di @consumatori Per approfondire i consigli dell'avv. Dona su come essere un consumatore più consapevole, ascolta #Scontrini, su tutte le piattaforme. ... Leggi di più Leggi meno
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12/12/2022
Il più grave caso di corruzione nelle istituzioni europee?
In questi giorni alcuni eurodeputati, la vicepresidente Kaili e alcune persone che lavorano nel Parlamento Europeo sono stati coinvolti in un caso di sospetta corruzione da parte del Qatar, che ha negato ogni accusa. @silviabocc è a Strasburgo da dove ci racconta cosa sta succedendo dentro al Parlamento Europeo #politica #europa #scandalo ... Leggi di più Leggi meno
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07/12/2022
Mai sentito parlare di povertà energetica?
Alla fine il freddo è arrivato anche da noi e di conseguenza siamo corsi ad accendere il riscaldamento. Una possibilità che però non è alla portata immediata di tutti. Se guardiamo i dati di Eurostat, infatti, nel 2021 nel nostro Paese più dell'8% della popolazione non poteva permettersi di riscaldare la propria casa adeguatamente, cioè sopra i 18° di temperatura, e quest'anno diversi analisi dicono che questa percentuale aumenterà. La capacità di mantenere una casa adeguatamente calda dipende da diversi fattori, tra cui il costo dell'energia, che negli ultimi mesi è più che raddoppiato. Per fare fronte all'aumento dei prezzi a livello europeo i governi dei vari Paesi hanno varato diversi piani per ridurre l'impatto sociale che l'aumento del prezzo di gas e elettricità rischiava di causare, ovvero di rendere impossibile per individuo e ogni famiglia sostenere i costi del riscaldamento durante l'inverno. ... Leggi di più Leggi meno
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06/12/2022
Si può rinegoziare il PNRR?
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in collegamento con il Festival delle Regioni in corso a Milano, ha usato parole molto chiare per definire le intenzioni del governo sul PNRR: “Il Next Generation Eu è evidente che non è più sufficiente, perché non poteva tenere in considerazione l'impatto che la guerra in Ucraina ha avuto sulle nostre economie. Bisogna fare di più oggi a livello Ue, partendo dal caro energia”.  A testimonianza dei problemi che l’Italia sta riscontro ci sono i numeri presentati nella Nadef, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza: negli ultimi mesi c’è stata una minore spesa dei fondi ricevuti dall’UE per via dell’inflazione e dell’aumenti dei costi delle materie prime. In particolare, nella Nadef si stima che l’Italia spenderà entro fine anno circa 20,5 miliardi di euro, ben al di sotto di quanto ricevuto in totale fino ad ora. Il governo Meloni, come fa notare anche @pagellapolitica, si troverà quindi a dover spendere circa 170 miliardi di euro in quattro anni e proverà a ridiscutere il Piano con la Commissione europea, come accennato in campagna elettorale. Ma questa è davvero una possibilità, e quali sarebbero gli eventuali passaggi da affrontare? Lo abbiamo approfondito in questo post, con una precisazione: molto, virtualmente tutto, dipenderà dal dialogo tra governo e Commissione europea. Nel frattempo, però, il ministro dell’economia Giorgetti promette che il governo riuscirà comunque a raggiugnere i 55 scadenze fissate entro la fine dell’anno, senza le quali il nostro Paese potrebbe perdere i 19 miliardi della terza rata. Attuare il PNRR e raggiungere gli obiettivi di riforme e investimenti resta fondamentale per l’Italia. Si tratta di un'irripetibile occasione di modernizzazione per le nostre città e per il nostro Paese che non possiamo permetterci di fallire. ... Leggi di più Leggi meno
UE (Infrastrutture)
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05/12/2022
Produrre contante costa 7,4 miliardi ogni anno
Nello studio ’Pecunia olet”, i ricercatori di Banca d'Italia hanno dimostrato che un maggiore utilizzo del contante causa una maggiore evasione fiscale. In particolare, un aumento di 1 punto percentuale nell'utilizzo del contante si traduce, a parità di altre condizioni, in un aumento della quota di evasione tra 0,8 e 1,8 punti percentuali. Nonostante ciò, chi sostiene un maggiore utilizzo del contante lo fa in virtù del fatto che è l'unico mezzo di pagamento che non ha costi di utilizzo. Tuttavia, i dati sui costi associati alla produzione e all'utilizzo dei contanti mostrano come sia quello che in realtà costa di più. Produrre contante costa 7,4 miliardi di euro allo Stato ogni anno, contro 1 miliardo di euro circa di carte e bonifici. Non è tutto, contro l'evasione fiscale a funzionare di più negli ultimi anni sono stati in questi anni misure come lo split payment e la fatturazione elettronica, cioè misure che prevedono un maggiore tracciamento delle transazioni. Secondo la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva di quest’anno, l'evasione è in calo di circa 11 miliardi di euro (da 110 miliardi nel 2014 a 99 nel 2020). Dall'analisi emerge anche che i risultati sono spinti da una riduzione dell'evasione relativa all'Iva. L'evasione relativa all'Irpef, invece, cioè quella legata ai redditi da lavoro autonomo e da impresa individuale continua, continua ad aumentare, e nel 2020 si prevede raggiunga il 68,7% contro il 63,9% del 2014. Dove queste percentuali si riferiscono al tax gap percentuale, cioè il rapporto tra le risorse evase e quelle che potenzialmente potrebbero essere raccolte con le tasse. Questo potrebbe rappresentare un problema per l'Italia, che ha inserito tra gli obiettivi del PNRR la riduzione del tax gap al 17,6% entro il 2023 e al 15,8% entro il 2024. ... Leggi di più Leggi meno
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30/11/2022
La Pianura Padana è la regione con l'aria più inquinata d'Europa
Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente, nel 2020 il 96% della popolazione urbana europea è stata esposta a livelli di inquinamento atmosferico superiori al livello di riferimento sanitario stabilito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Respirare aria inquinata fa male, sotto tutti i punti di vista. Sempre nello stesso anno, infatti, l'inquinamento atmosferico ha provocato la morte di 238.000 persone, una vittima su quattro in Italia. La stessa Agenzia ha affermato che l'inquinamento atmosferico è il più grande rischio per la salute ambientale in Europa. Per salute ambientale si intende sia la salute delle persone che quella del Pianeta. Per quanto riguarda le persone, l'inquinamento atmosferico può provocare malattie respiratorie o, addirittura, morti premature. Nonostante dal 2005 al 2020 i decessi prematuri nell'UE attribuibili all'inquinamento atmosferico siano diminuiti del 45%, la strada da fare è ancora molta. Per quanto riguarda la salute del Pianeta, invece, sono i gas atmosferici come l'anidride solforosa e gli ossidi di azoto che danneggiano la biodiversità, riducendo i tassi di crescita delle foreste, diminuendo i raccolti e inquinando gli ecosistemi acquatici. Nel 2020, nel 75% dell'ecosistema europeo sono stati rilevati livelli dannosi di azoto. Anche sulla base di questi dati, l'anno scorso, l'OMS ha pubblicato nuove linee guida sulla qualità dell'aria. Dal canto suo l'Europa, con il Green Deal europeo, si è impegnata a migliorare ulteriormente la qualità dell'aria e ad allineare maggiormente gli standard di qualità dell'aria dell'UE alle raccomandazioni dell'OMS. ll piano d'azione ha introdotto obiettivi per il 2030, che mirano a: -ridurre le morti premature di oltre il 55%, rispetto al 2005; -ridurre del 25% rispetto al 2005 la quota degli ecosistemi dell'UE in cui l'inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità. Data l'attuale situazione, però, ad ottobre la Commissione europea ha proposto di revisionare la direttiva sulla qualità dell'aria richiedendo, anche, che vengano stabilite soglie più severe per l'inquinamento maggiormente allineate ai nuovi limiti dall'OMS. ... Leggi di più Leggi meno
Mobilità (Inquinamento)
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30/11/2022
Bonus connettività per le piccole imprese
Negli ultimi 3 anni l'Italia è diventata il secondo Paese in Europa per utilizzo della fibra da parte delle imprese. Questo è un primo passo importante ma non definitivo per migliorare la competitività digitale delle imprese italiane nel mondo. Secondo quanto riportato dalla Commissione Europea all'interno del DESI (Digital Economy and Society Index), il 60% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, ma la diffusione di tecnologie cruciali come i big data e l'intelligenza artificiale è ancora limitata. Questo riguarda tutte le imprese, ma in misura maggiore quelle piccole. Solo il 26% delle piccole e medie imprese italiane risulta competitiva su tecnologie avanzate e processi produttivi digitalizzati. Questo accade nonostante 9 imprenditori su 10 considerino l'innovazione necessari per lo sviluppo della propria azienda. Il motivo principale sono i costi che gli imprenditori devono affrontare per trasformare il proprio business. È proprio su questo che si concentrano gli interventi del Ministero dello Sviluppo Economico, come il bonus connettività. ... Leggi di più Leggi meno
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29/11/2022
Inquinamento dell'aria in Pianura Padana
Secondo l'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente, nel 2020 il 96% della popolazione urbana europea è stata esposta a livelli di inquinamento atmosferico superiori al livello di riferimento sanitario stabilito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Respirare aria inquinata fa male, sotto tutti i punti di vista. Sempre nello stesso anno, infatti, l'inquinamento atmosferico ha provocato la morte di 238.000 persone, una vittima su quattro in Italia. La stessa Agenzia ha affermato che l'inquinamento atmosferico è il più grande rischio per la salute ambientale in Europa. Per salute ambientale si intende sia la salute delle persone che quella del Pianeta. Per quanto riguarda le persone, l'inquinamento atmosferico può provocare malattie respiratorie o, addirittura, morti premature. Nonostante dal 2005 al 2020 i decessi prematuri nell'UE attribuibili all'inquinamento atmosferico siano diminuiti del 45%, la strada da fare è ancora molta. Per quanto riguarda la salute del Pianeta, invece, sono i gas atmosferici come l'anidride solforosa e gli ossidi di azoto che danneggiano la biodiversità, riducendo i tassi di crescita delle foreste, diminuendo i raccolti e inquinando gli ecosistemi acquatici. Nel 2020, nel 75% dell'ecosistema europeo sono stati rilevati livelli dannosi di azoto. Anche sulla base di questi dati, l'anno scorso, l'OMS ha pubblicato nuove linee guida sulla qualità dell'aria. Dal canto suo l'Europa, con il Green Deal europeo, si è impegnata a migliorare ulteriormente la qualità dell'aria e ad allineare maggiormente gli standard di qualità dell'aria dell'UE alle raccomandazioni dell'OMS. ll piano d'azione ha introdotto obiettivi per il 2030, che mirano a: -ridurre le morti premature di oltre il 55%, rispetto al 2005; -ridurre del 25% rispetto al 2005 la quota degli ecosistemi dell'UE in cui l'inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità. Data l'attuale situazione, però, ad ottobre la Commissione europea ha proposto di revisionare la direttiva sulla qualità dell'aria richiedendo, anche, che vengano stabilite soglie più severe per l'inquinamento maggiormente allineate ai nuovi limiti dall'OMS. ... Leggi di più Leggi meno
CO2 (Inquinamento),Mobilità (Inquinamento),Industrie (Inquinamento)
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28/11/2022
CSRD: Direttiva europea vs greenwashing
Lunedì 28 novembre il Consiglio dell'Unione europea ha approvato la direttiva ”Corporate Sustainability Reporting” (CSRD) approvata lo scorso 10 novembre dal Parlamento europeo. Questa direttiva era stata proposta ad aprile 2021 dalla Commissione con l'obiettivo di mette le informazioni sulla sostenibilità sullo stesso piano delle informazioni finanziarie. Secondo il Parlamento europeo l'obiettivo finale di questa direttiva è aumentare la trasparenza e contrastare il ”greenwashing”, cioè tutte quelle strategie di comunicazione o marketing perseguite dalle aziende per presentare come ecosostenibili le proprie attività, cercando di nasconderne l'impatto negativo. L'UE punta così a porre le basi per gli standard di rendicontazione della sostenibilità a livello globale. In che modo? Dal 2024 le grandi aziende multinazionali con più di 500 dipendenti saranno obbligate a raccogliere informazioni sul loro impatto ambientale, sui diritti umani, sugli standard sociali e sull'etica del lavoro sulla base di standard comuni e definiti a livello comunitario e poi divulgare regolarmente l'anno successivo. Le informazioni raccolte e condivise saranno poi revisionate da enti di certificazione indipendenti. Dal 2025 gli obblighi si estenderanno anche alle aziende con oltre 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro e dal 2026 alle PMI quotate. Nelle direttiva sono incluse anche le imprese extra-UE che operano nell'Unione realizzando un fatturato superiore a 150 milioni di euro all'anno. Le nuove regole puntano a colmare le carenze dell'attuale normativa sulle informazioni di carattere non finanziario, ritenuta ormai insufficiente e troppo vaga. Finora le norme riguardavano solo 11 mila aziende, la nuova direttiva invece arriverà negli anni ad applicarsi a oltre 50 mila aziende. Dopo la firma da parte della presidente del Parlamento europeo e del presidente del Consiglio, la direttiva CSRD sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entrerà in vigore 20 giorni dopo. Gli Stati membri dovranno poi conformarsi a queste disposizioni legislative entro 18 mesi dopo l'entrata in vigore. Sarà davvero la svolta nel contrasto al #greenwashing in UE? ... Leggi di più Leggi meno
Greenwashing (Fashion)
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11/11/2022
C'è una nuova direttiva UE anti-greenwashing
Giovedì 10 novembre il Parlamento europeo ha votato a favore della "Corporate Sustainability Reporting Directive", la direttiva proposta ad aprile 2021 dalla Commissione che mette le informazioni sulla sostenibilità sullo stesso piano delle informazioni finanziarie. In che modo? Le grandi aziende multinazionali (con più di 500 dipendenti) dal 2024 saranno obbligate a divulgare regolarmente informazioni sul loro impatto ambientale, sui diritti umani, sugli standard sociali e sull'etica del lavoro sulla base di standard comuni e definiti a livello comunitario. Dal 2025 gli obblighi si estenderanno anche alle aziende con oltre 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro. Questa direttiva interviene per colmare le carenze dell'attuale normativa che riguarda le informazioni di "carattere non finanziario", ritenuta ormai insufficiente e troppo vaga. Finora le norme riguardavano solo 11 mila aziende, questa direttiva negli anni si applicherà a oltre 50 mila aziende. Le informazioni raccolte e condivise saranno poi revisionate da enti di certificazione indipendenti. Secondo il Parlamento europeo l'obiettivo finale di questa direttiva, che dovrebbe essere adottata dal Consiglio dell'Ue il 28 novembre, è quello di porre fine al greenwashing, mettendo le basi per gli standard di rendicontazione della sostenibilità a livello globale. Nelle direttiva sono incluse anche le imprese extra-UE ma con un fatturato superiore a 150 milioni di euro nell'UE. Questa direttiva toccherà anche le piccole e medie imprese che fanno parte della filiera di una delle grandi aziende tenute rendicontare il proprio impatto. Secondo quanto stabilito dal Parlamento europeo, la direttiva coinvolgerà le imprese in tre momenti diversi: 1️⃣ Dal 1° gennaio 2024 le grandi imprese con oltre 500 dipendenti già soggette alla precedente direttiva sulla rendicontazione non finanziaria 2️⃣ Dal 1° gennaio 2025 le grandi imprese attualmente non soggette alla precedente direttiva sulla rendicontazione non finanziaria e con più di 250 dipendenti con 40 milioni di euro di fatturato e/o 20 milioni di euro di totale attivo 3️⃣ Dal 1° gennaio 2026 le PMI quotate Sarà davvero la svolta per porre fine al greenwashing? ... Leggi di più Leggi meno
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09/11/2022
La Commissione Ue ha pagato altri 21 miliardi di euro all'Italia per il PNRR
Ora è ufficiale. Dopo il via libera preliminare arrivato a fine settembre, la Commissione europea ha erogato all'Italia la seconda tranche di pagamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dopo che il nostro Paese a giugno aveva raggiunto gli obiettivi semestrali fissati. La sfida però continua, perché c’è da raggiungere una seconda parte di obiettivi entro fine dicembre, così da ricevere i 19 miliardi legati al terzo pagamento. Lo sa bene il governo che martedì 8 novembre ha convocato una cabina di regia sul PNRR. La presidente Meloni ha detto che la cabina di regia sarà coordinata dal Ministro per gli Affari europei e la coesione territoriale e il PNRR Raffaele Fitto, e si riunirà con cadenza periodica per monitorare costantemente lo stato di attuazione del piano. Le incognite non mancano: dalla NADEF recentemente diffusa dal governo si evince infatti che l’Italia prevede una spesa entro fine anno di 21 miliardi di euro a fronte di 33 miliardi di euro previsti. Serve quindi correre e farlo nel modo giusto, perché il PNRR rappresenta la sfida principale del governo e dell’Italia intera, ed è un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare. ... Leggi di più Leggi meno
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31/10/2022
1 studente su 8 non raggiunge il diploma di scuola superiore
Un ragazzo o una ragazza che lascia la scuola prima di aver completato il percorso didattico è una sconfitta per tutti. Da un punto di vista personale, comunitario, anche economico. Infatti l’abbandono scolastico – definito come il lasciare gli studi avendo conseguito soltanto la licenza media – è un grosso ostacolo per lo sviluppo economico e l’occupazione, oltre a essere legato strettamente a povertà ed esclusione sociale. I dati Eurostat mostrano come in Italia addirittura il 12,7% degli studenti abbandoni gli studi senza ottenere il diploma di scuola superiore. Con un forte sbilanciamento territoriale, però, con regioni come la Sicilia dove quasi uno studente su cinque non termina gli studi. E nonostante sia in costante diminuzione, il tasso di abbandono scolastico italiano è ancora tra i più alti dell’Unione Europea. A questo fenomeno si aggiunge la cosiddetta “dispersione scolastica implicita”, che riguarda quegli studenti che completano il percorso di studi senza però raggiungere un livello di competenze di base in italiano, matematica e inglese. Stando ai dati Invalsi, quasi un diplomato su dieci ricadrebbe in questo gruppo, in aumento rispetto al periodo precedente alla pandemia, anche a causa delle prolungate interruzioni della didattica in presenza. La Missione 4 del PNRR stanzia 1,5 miliardi di euro per la riduzione del divario territoriale in termini di competenze di base, con l’obiettivo di sviluppare una strategia per diminuire strutturalmente l’abbandono scolastico. Questi fondi finanzieranno l’intervento di esperti e iniziative di mentoring e counseling indirizzate sia agli insegnanti che agli studenti, principalmente nelle scuole con livelli più critici. Se la diminuzione nell’abbandono scolastico è sicuramente incoraggiante, nei prossimi anni sarà comunque importante mantenere l’attenzione alta, oltre a rafforzare le competenze di studenti e studentesse che arrivano fino al diploma di scuola superiore. ... Leggi di più Leggi meno
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10/10/2022
La spesa pubblica della sanità per la salute mentale
Mancanza di personale, scarsità di fondi e dislivelli territoriali sono tra le criticità che affliggono il sistema dei servizi della salute mentale in Italia. Un deficit di servizi che affligge il nostro Paese che, soprattutto dopo la pandemia, ha sempre più bisogno di supporto. Secondo un'indagine pubblicata dalla rivista scientifica The Lancet, depressione e disturbi d'ansia sono infatti aumentati rispettivamente del 28% e del 26% a livello globale nel 2020, con la popolazione giovane e femminile che è stata particolarmente colpita. Secondo il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, solo 2 persone su 10 che hanno sofferto di disagio psicologico hanno trovato supporto nel settore pubblico. L'Italia è infatti il terzultimo Paese in Unione europea per quota di spesa sanitaria rivolta alla salute mentale, con solamente il 3,5% del fondo sanitario italiano è destinato alla tutela del salute mentale. Inoltre la salute mentale non è solo un problema dal punto di vista sanitario, ma anche economico. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) stima infatti che i costi diretti e indiretti causati dai disturbi mentali ammontino a più del 3% del PIL italiano. Secondo una relazione del 2021 del Tavolo tecnico salute mentale del Ministero della salute, per rispondere meglio alle esigenze nazionali bisognerebbe produrre standard organizzativi, quantitativi e qualitativi per la salute mentale; migliorare il processo di assunzione e di formazione di operatori per i servizi di salute mentale di comunità per raggiungere in tutte le regioni lo standard di riferimento; ed elaborare strategie per i giovani con gravi problematiche di salute mentale. Inoltre servirebbe più personale che si occupa di salute mentale: al momento sono 57,7 gli operatori ogni 100mila abitanti, mentre lo standard minimo fissato dal Progetto Obiettivo “Tutela Salute Mentale 1998 – 2000” sarebbe di 66,6 operatori ogni 100mila abitanti. Spendere di più e meglio per la salute mentale porterebbe quindi a grandi benefici per la società. Tuttavia, il personale del Dipartimento di salute mentale non aumenta da decenni e il budget è tra i più bassi d'Europa. Quando inizieremo a prendere provvedimenti per invertire questa tendenza? #SaluteMentale #MentalHealth #Salute #BenesserePsicologico ... Leggi di più Leggi meno
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04/10/2022
Torniamo a crescere, ma non è tutto rose e fiori
L'Italia è l'unico Paese europeo del G7 a essere tornato a crescere agli stessi livelli del pre-pandemia. Secondo un'elaborazione del Financial Times, il rapporto tra la crescita del PIL reale tra ottobre e dicembre 2019 e quella tra aprile e giugno 2022 è di 1,2 per l'Italia. Il che vuol dire che i due livelli di crescita sono pari. Solo Canada e Stati Uniti nel 2022 hanno ripreso a crescere più di quanto facevano nel 2019, e il rapporto tra la crescita del PIL reale tra il 2019 e il 2022 è rispettivamente di 1,5 e 2,5. Altri Paesi del G7 come Francia, Germania e Giappone non hanno ancora ripreso a crescere come nel pre-pandemia e il rapporto tra la crescita nei due periodi è minore di 1. Insomma, ottime notizie stavolta? Fino a un certo punto. Il primato italiano tra i Paesi europei del G7 lo possiamo in parte anche spiegare con dil fatto che, prima della pandemia, l'Italia era il Paese che cresceva meno in Europa. Cioè con una crescita del PIL reale dello 0,5% nel 2019 contro l'1,8 e l'1,1 rispettivamente di Francia e Germania. Essere il Paese che cresceva meno prima della pandemia, ha reso più facile tornare a quei livelli, appunto, già bassissimi. Capiamoci, però: è comunque un buon risultato per il nostro Paese. Anche la NADEF, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, delinea prospettive economiche per il nostro Paese migliori del previsto. La crescita prevista per il 2022 è del 3,3% (lo scorso aprile la crescita stimata era del 3,1%), mentre per i prossimi due anni, la crescita stimata è del +1,8% nel 2024 e +1,5% nel 2025. Queste previsioni, in ogni caso, sono tendenziali, cioè vengono fatte assumendo che lo scenario macroeconomico rimanga inalterato. In altre parole, la NADEF non tiene conto di eventi inaspettati o approcci di governo completamente diversi da quello attuale. Entrambe queste cose potrebbero cambiare in futuro. ... Leggi di più Leggi meno
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29/08/2022
Lo smart working in Italia
L’Italia è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il lavoro da remoto. I dati Eurostat relativi al 2021 rilevano che la percentuale di lavoratori e lavoratrici che lavorano da remoto è all’8,3%. Un dato in diminuzione rispetto al 12,2% del 2020 e, ovviamente, ancora maggiore di quello precedente alla pandemia: nel 2019 infatti la percentuale era solo del 3,6%. Nello stesso periodo la media europea era del 13,4% nel 2021, nettamente superiore alla percentuale Italiana, e in crescita rispetto al 5,4% dell’anno precedente. I numeri, quindi, dicono che l’Italia ha decisamente tirato il freno a mano su questo tema. Una volta finita la fase più dura della pandemia, aziende, lavoratori e Pubblica Amministrazione hanno intrapreso la strada del quasi totale ritorno alla normalità, in netta controtendenza rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei. Lo smart working resta però un tema aperto, soprattutto alla luce dei grandi cambiamenti in atto nel mondo. Presenta luci e ombre che devono continuare ad essere valutati e affrontati, analizzando bene gli aspetti positivi e quelli negativi. È certamente indubbio che, nonostante tutte le difficoltà psicologiche ed economiche legate al lavoro da remoto, resta una grande opportunità da cogliere con i giusti strumenti. #SmartWorking #Lavoro #LavoroDaRemoto #UE #Italia ... Leggi di più Leggi meno
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29/06/2022
Il governo ha comunicato alla Commissione europea di aver raggiunto i 45 obiettivi del Pnrr previsti per il primo semestre
Il governo ha ufficialmente comunicato alla Commissione europea di aver raggiunti i 45 obiettivi del Pnrr previsti per questo semestre e ha quindi inviato la richiesta formale per ricevere la seconda rata di fondi del Pnrr di circa 21 miliardi di euro. La Commissione valuterà nei prossimi mesi la richiesta del governo e deciderà se approvare o meno l’erogazione delle prossime rate di fondi. Al momento non esistono dati ufficiali, se non quelli dichiarati dal governo stesso, ma secondo i dati di Open Pnrr, l’Italia sarebbe al 47% di completamento delle riforme, rispetto al 50,15% previsto per il 30 giugno, e al 22,3% per quanti riguarda gli investimenti sul 25% previsto. Ma il lavoro da fare non è finito: entro la fine dell’anno è previsto infatti il raggiungimento di altri 55 obiettivi, per un totale di 100 obiettivi nel 2022. Il capitolo riforme è il più spinoso: ad oggi il Parlamento sta ancora discutendo di giustizia, concorrenza, fisco e appalti pubblici, mentre nei prossimi mesi si prepara ad affrontare la questione dei rifiuti, la riforma della sanità e la famigerata “spending review”, la revisione dei conti. #pnrr #politica #estate #italia #europa ... Leggi di più Leggi meno
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23/06/2022
Ucraina e Moldova sono ufficialmente Paesi candidati a entrare nell'UE
Ucraina e Moldavia hanno ricevuto lo status di Paesi candidati a entrare a far parte dell'Unione europea I rappresentanti dei governi dei 27 Stati membri dell'Unione riuniti nel Consiglio europeo hanno approvato la richiesta dei due Paesi, dopo che la scorsa settimana la presidente Ursula Von der Leyen aveva espresso il parere positivo della Commissione a riguardo. La richiesta di adesione dell'Ucraina era stata inviata lo scorso 28 febbraio dopo l'inizio dell'invasione russa ed era stata a pochi giorni di distanza da quella di Moldova e Georgia La strada per diventare Paese membro però è ancora lunga e la concessione dello status di Paese candidato non garantisce in alcun modo l'ingresso effettivo nell'Unione, che resta molto improbabile nel breve periodo a causa del conflitto tra Russia e Ucraina #europe #eucommission #ukraine #ucraina #moldova #russia ... Leggi di più Leggi meno
Consigli UE (Unione Europea),Altri paesi UE (Unione Europea)
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17/06/2022
La Commissione favorevole all'Ucraina nell'Ue
La Commissione europea ha raccomandato al Consiglio europeo di concedere all'Ucraina lo status di Paese candidato all'ingresso nell'Unione europea. Lo ha annunciato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen durante una conferenza stampa a seguito della riunione del collegio dei commissari UE. Nel corso della stessa conferenza, von der Leyen ha annunciato anche il parere favorevole a concedere lo status di candidato alla Moldova, mentre ha raccomandato al Consiglio di concedere una prospettiva europea alla Georgia e valutare se il Paese rispetti una serie di condizioni per ricevere lo status di candidato. Questa parere favorevole potrebbe accelerare il percorso di integrazione dell'Ucraina e della Moldova nell'Unione europea, ma lo status di Paese candidato non dà diritto all'ingresso automatico nell'UE. Sarà decisivo il summit del Consiglio europeo, che si terrà il 23 e 24 giugno, in cui i capi di Stato e di governo dei Paesi membri dovranno decidere se concedere o meno lo status di Paesi candidati. L'Ucraina aveva richiesto entrare a far parte dell'UE attraverso una procedura speciale lo scorso 28 febbraio, dopo l'invasione russa. A pochi giorni di distanza anche Moldova e Georgia avevano presentato la domanda di adesione. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commentato su Twitter: ”È il primo passo nel percorso di adesione all'UE che certamente avvicinerà la nostra Vittoria. Grazie a von der Leyen e a tutti i membri della Commissione per la storica decisione. Mi aspetto un risultato positivo dal Consiglio europeo la prossima settimauna”. ... Leggi di più Leggi meno
Altri paesi UE (Unione Europea)
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17/06/2022
Siamo pronti per lo stop alle auto inquinanti dal 2035?
La proposta della Commissione europea di vietare la vendita di auto a carburanti fossili dal 2035 ha bisogno di essere approfondita per capire se ci sono le risorse per quella che viene definita una “transizione giusta”. In che senso? Una prima criticità è che questa scelta non basta da sola a raggiungere gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni. La vera partita si gioca infatti sulla produzione dell'elettricità necessaria per alimentare le auto elettriche: se questa verrà generata da gas o carbone la riduzione delle emissioni derivata dalle auto elettriche sarà praticamente nulla. La seconda criticità è l’impatto che questa scelta potrebbe avere sull’industria italiana dell’auto. Secondo i dati dell’ Osservatorio Automotive Federmeccanica, ci sono 73 mila posti di lavoro a rischio se non si metterà in pratica una strategia alternativa a supporto di questo grande cambiamento. Questi sono solo alcuni dei punti critici su cui riflettere nei prossimi mesi, prima che il provvedimento entri definitivamente in vigore. Prima dell'approvazione definitiva, infatti, questa proposta entrerà in una fase negoziale a cui parteciperanno anche i governi dei singoli Paesi, con la Commissione e il Consiglio. Prima del 2035 ci sarà quindi bisogno di visione e coraggio, per non farsi cogliere impreparati al cambiamento. ... Leggi di più Leggi meno
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09/06/2022
Guida semplice sulla nuova direttiva europea sul salario minimo
Commissione, Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sulla proposta di direttiva su “un equo salario minimo”. ”Equo”, perché il problema che ha sollevato la Commissione europea è proprio che, nonostante i minimi salariali esistano in qualche forma in tutti i Paesi europei (definiti da un vero e proprio salario minimo legale o stabiliti dai contratti collettivi del lavoro), sono ancora troppi i cittadini dell'Unione che lavorano con stipendi troppo bassi. Secondo la Commissione, 1 lavoratore su 6 riceve un salario molto minore ai due terzi di quello mediano a livello nazionale. La proposta di direttiva sul salario minimo ha quindi lo scopo di ridurre le disuguaglianze che scaturiscono da questa situazione. Innanzitutto la direttiva definisce cosa significa che un salario minimo debba essere ”adeguato”. In generale vuol dire che deve garantire un tenore di vita dignitoso a tutti i lavoratori e rispettare le condizioni economiche e salariali di ciascun Paese. Nella pratica questo si traduce, ad esempio, in un salario minimo pari al 60% del salario mediano lordo nazionale. La quantificazione precisa di quale sia il salario minimo più giusto varia da Paese a Paese perché il salario minimo ottimale cambia a seconda delle caratteristiche economiche e del mercato del lavoro dei singoli Stati. Può esistere infatti il caso in cui se il salario minimo è troppo alto, ha effetti negativi sull'occupazione. Se il salario minimo non è linea con i salari che già sono in vigore in quel Paese e li supera di molto, l'effetto è che i datori di lavoro non sono abbastanza produttivi, cioè non producono abbastanza da poter pagare tutti i lavoratori al nuovo salario minimo e di conseguenza si creano più disoccupati. Secondo la teoria economica infatti, l'unico modo per aumentare senza distorsioni i salari è aumentare la produttività di tutto il sistema-Paese. Il salario minimo, al contrario, serve a ridurre le disuguaglianze e far sì che i salari non scendano sotto una soglia troppo bassa. ... Leggi di più Leggi meno
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08/06/2022
Stop alle auto inquinanti dal 2035
Il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione europea con cui si chiede ai Paesi membri di vietare la vendita di auto a carburanti fossili dal 2035. Con questo voto si apre la strada ai negoziati con il Consiglio. La misura prevede di vietare la vendita di auto e furgoni a diesel e benzina entro il 2035. Il percorso verso lo stop definitivo avverrà per tappe: il settore automobilistico dovrà infatti produrre auto che abbattano le emissioni del 25%, entro il 2025, e del 55%, entro il 2030, fino ad arrivare al 100% dal 2035. Si tratta di uno dei punti contenuti in un pacchetto più ampio di misure per proteggere l’ambiente e ridurre le emissioni atmosferiche, denominato ”Fit for 55”, che prende il nome dal traguardo fissato per il 2030 di tagliare del 55% tutte le emissioni inquinanti. Quello di oggi a Strasburgo è stato solo l’inizio del percorso: si dovrà poi passare dalla Commissione e dal Consiglio prima di arrivare alla promulgazione definitiva delle misure. #europa #parlamentoeuropeo #unioneeuropea #auto #diesel #benzina ... Leggi di più Leggi meno
Europa (Pro-democracy)
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07/06/2022
Dal 2024 in Unione europea tutti i nuovi smartphone, tablet e fotocamere avranno lo stesso caricabatterie
È arrivato un accordo potenzialmente di grande impatto sul nostro rapporto con i prodotti tecnologici. Il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno infatti concordato che l'USB-C verrà utilizzato come unico modello di caricatore a partire dall'autunno del 2024 per smartphone, tablet, fotocamere, auricolari, console, casse portatili, mouse, tastiere e perfino i computer portatili. Per questi ultimi, l'obbligo diventerà effettivo entro 40 mesi dall'entrata in vigore. Non solo: ai consumatori dovrà essere data la possibilità di acquistare i nuovi dispositivi con o senza caricabatterie incluso. Da qualche tempo alcune aziende, tra cui Apple e Samsung, hanno rimosso i caricatori dalle confezioni dei loro smartphone dando solo la possibilità di comprarli separatamente. Questa decisione si inserisce nel più ampio quadro delle iniziative di regolamentazione dell'UE che puntano ad agevolare i consumatori e rendere più sostenibili i mercati europei. In particolare, l'idea è di incentivare un maggiore riutilizzo dei caricabatterie: si stima infatti che i caricabatterie smaltiti e inutilizzati rappresentino ogni anno circa 11.000 tonnellate di rifiuti elettronici. Il risparmio stimato è anche economico: fino a 250 milioni di euro all'anno sull'acquisto di caricabatterie non necessari. I dettagli dell'accordo saranno definiti solo poco prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea. Oggi, comunque, c'è un accordo politico chiaro, che arriva dopo un percorso iniziato a settembre 2021, quando era stato stabilito di fatto che l'USB-C sarebbe dovuto essere lo standard per le apparecchiature elettroniche. ... Leggi di più Leggi meno
Innovazione (Tecnologie)
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07/06/2022
Usb-C caricatore universale in Europa
È arrivato un accordo potenzialmente di grande impatto sul nostro rapporto con i prodotti tecnologici. Il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno infatti concordato che l'USB-C verrà utilizzato come unico modello di caricatore a partire dall'autunno del 2024 per smartphone, tablet, fotocamere, auricolari, console, casse portatili, mouse, tastiere e perfino i computer portatili. Per questi ultimi, l'obbligo diventerà effettivo entro 40 mesi dall'entrata in vigore. Non solo: ai consumatori dovrà essere data la possibilità di acquistare i nuovi dispositivi con o senza caricabatterie incluso. Da qualche tempo alcune aziende, tra cui Apple e Samsung, hanno rimosso i caricatori dalle confezioni dei loro smartphone dando solo la possibilità di comprarli separatamente. Questa decisione si inserisce nel più ampio quadro delle iniziative di regolamentazione dell'UE che puntano ad agevolare i consumatori e rendere più sostenibili i mercati europei. In particolare, l'idea è di incentivare un maggiore riutilizzo dei caricabatterie: si stima infatti che i caricabatterie smaltiti e inutilizzati rappresentino ogni anno circa 11.000 tonnellate di rifiuti elettronici. Il risparmio stimato è anche economico: fino a 250 milioni di euro all'anno sull'acquisto di caricabatterie non necessari. I dettagli dell'accordo saranno definiti solo poco prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea. Oggi, comunque, c'è un accordo politico chiaro, che arriva dopo un percorso iniziato a settembre 2021, quando era stato stabilito di fatto che l'USB-C sarebbe dovuto essere lo standard per le apparecchiature elettroniche. #usb #smartphone #tablet #caricatore #usbc #apple #microsoft #samsung ... Leggi di più Leggi meno
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06/06/2022
Il salario minimo in Europa
Commissione europea, Consiglio e Parlamento europeo stanno discutendo su una direttiva per introdurre in tutta l'UE il salario minimo, che ad oggi non è presente in diversi Paesi. I Paesi dell'Unione europea in cui esiste già il salario minimo sono 21. Non lo hanno, invece, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia, Svezia e Italia: in questi Paesi, come sostituti del salario minimo vengono usati i contratti collettivi del lavoro, che però non coprono tutti i lavoratori. Con questa direttiva l'Unione Europea intende costruire un quadro comune a tutti i Paesi, per far sì che i salari minimi siano adeguati ed equi in tutto il territorio comunitario. In particolare, l'idea è quella di introdurre un salario minimo pari almeno al 60% del salario mediano nazionale lordo. L'altro obiettivo annunciato dalla Commissione europea è di rafforzare i contratti collettivi del lavoro, soprattutto in quei Paesi in cui questi coprono meno del 70% dei lavoratori. In Italia questa copertura è pari all'85% dei lavoratori. I dati mostrano però che l'introduzione del salario minimo non ha sempre effetti positivi sul mercato del lavoro: se è troppo alto può avere un impatto negativo sull'occupazione, perché il datore di lavoro non sarà in grado di pagare tutti i lavoratori secondo i minimi stabiliti e tenderà a risolvere il problema assumendone meno. Questo dipende dalle caratteristiche del mercato del lavoro, che cambiano da Paese a Paese. Ecco perché non sarà semplice costruire un quadro comune che sia equilibrato e rispetti le caratteristiche di ogni singolo Paese. D'altra parte, misure come questa rendono più uniformi i mercati del lavoro dei diversi Stati membri, favorendo scambi positivi. #SalarioMinimo #europa #ue ... Leggi di più Leggi meno
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27/05/2022
L'Italia è seconda in Europa per domanda di lavoro insoddisfatta
Nel 2021 in Italia abbiamo raggiunto il record di persone in età da lavoro, e che quindi potrebbero essere occupate, che non hanno un impiego: questo fenomeno è descritto da Eurostat come "labour market slack", cioè un mercato del lavoro che diventa sempre più pigro e fatica a soddisfare la domanda di lavoro. La domanda di lavoro non soddisfatta, il cosiddetto "slack", considera oltre alla tradizionale categoria dei disoccupati (chi non lavora e sta cercando attivamente lavoro) anche i lavoratori part-time che desiderano lavorare di più, le persone disponibili a lavorare ma che non cercano lavoro e coloro che sono disposte a lavorare ma non sono immediatamente disponibili. In Italia, la percentuale della forza lavoro interessata da questo trend è pari al 22,8%, preceduta solo dalla Spagna (24,1%) contro la media europea del 14%. La pandemia ha contribuito all'aumento di questa tendenza in quanto a causa di lockdown e restrizioni di mobilità ha impedito a molte persone di cercare attivamente lavoro. Inoltre, la crisi economica e logistica mondiali hanno reso sempre più difficile l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Quali sono le conseguenze e perché è importante? Gli effetti di un mercato del lavoro che presenta un notevole grado di "lentezza" (slack), sono salari stagnanti dovuti al fatto che le aziende non hanno bisogno di aumentare i salari per attrarre lavoratori; alta disoccupazione e tassi di partecipazione in calo; aumento della precarietà e di contratti a chiamata, di collaborazione e part-time e infine un aumento del fenomeno della sovra-qualificazione, cioè di lavoratori che accettano lavori che non corrispondono alle loro qualifiche o al livello di studi conseguiti. Per combattere questo fenomeno occorre stimolare la partecipazione al mercato del lavoro sia dei disoccupati che degli inattivi. Non farlo alimenterebbe fenomeni come quello dei NEET (persone che non lavorano, non cercano lavoro e non sono coinvolte in alcun percorso di formazione), che rappresentano uno dei più grandi problemi sul lavoro e che riguardano in particolar modo i giovani. #Economia #Disoccupazione #Occupazione #Lavoro #Eurostat #Italia #UE ... Leggi di più Leggi meno
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25/05/2022
La transizione energetica cancellerà e rimpiazzerà posti di lavoro
Il numero di auto elettriche in circolazione continua a crescere stabilmente in Europa ma le stazioni di ricarica sono ancora troppo poche per supportare questa transizione: secondo ACEA, il gruppo di riferimento per gli standard dell'industria automotive europea, le vendite di auto a ricarica elettrica hanno raggiunto 1,7 milioni nel 2021 (circa il 18% del mercato totale), ma la crescita di colonnine di ricarica pubbliche negli ultimi 5 anni non è stata altrettanto consistente. Sempre ACEA, basandosi su un'analisi di McKinsey, stima che sarà necessario installare 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici entro il 2030 per raggiungere la riduzione del 55% di CO2 prevista dagli obiettivi climatici europei. Questo significa che ogni settimana dovrebbero essere installati in tutta l'Ue fino a 14.000 punti di ricarica pubblici, rispetto agli attuali 2.000. La conversione del settore automobilistico verso l'elettrico è un punto strategico non solo in ottica di transizione energetica ma anche a livello economico e industriale. Grazie a piani di sviluppo e investimento lungimiranti negli ultimi 10 anni la Cina è il Paese che oggi ha un vantaggio maggiore in questo settore. Il gigante asiatico produce infatti larga parte degli elementi chiave come batterie, microchip e software e processa il 50% di tutte le materie prime necessarie per produrre quelle componenti. Tra le notizie più simboliche di questa transizione c'è quella di Xiaomi, produttore cinese di telefoni e apparecchiature elettroniche, che nel 2024 si lancerà nel mercato delle auto elettriche con una produzione stimata di 300mila veicoli all'anno. Oggi in Cina l'industria automobilistica sta assumendo quella funzione di “driver” di sviluppo economico che ha interessato Giappone e Corea del Sud negli ultimi trenta anni, ed Europa e Stati Uniti nei precedenti settanta. Il futuro delle auto elettriche sarà dominato dalla Cina? #AutoElettriche #EV #Mobilità #Elettrico #Auto #Automotive ... Leggi di più Leggi meno
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14/04/2022
L'Italia ha ricevuto la prima rata da 21 miliardi di euro per il PNRR
La Commissione europea ha versato all'Italia la prima rata da 21 miliardi di euro per il PNRR e ha certificato quindi il raggiungimento dei 51 obiettivi previsti per il 2021. L’annuncio è arrivato direttamente con un tweet della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Questo trasferimento non è, in realtà, il primo in assoluto che l’Italia riceve: già ad agosto 2021 il nostro Paese aveva ricevuto un prefinanziamento da 24,9 miliardi. Nel comunicato del ministero dell’economia e delle finanze si legge che questo pagamento rappresenta “un ulteriore passaggio nel percorso di attuazione degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano. Sono interventi che permetteranno di accelerare la transizione ecologica e digitale, rafforzare il sistema produttivo, modernizzare la pubblica amministrazione, ridurre i tempi della giustizia e accrescere la dotazione di infrastrutture del nostro Paese”. E in questa direzione va anche il nuovo decreto approvato ieri dal governo con ulteriori misure dedicate all’attuazione del PNRR. La strada percorsa fino ad oggi dall’Italia è stata tortuosa e non priva di ostacoli, ma la direzione intrapresa sembra essere quella giusta. Nel 2022 però la salita si fa più ripida e servirà tutta l’attenzione necessaria affinché i fondi europei non vadano sprecati: sono ben 100, infatti, le scadenze da raggiungere, il doppio di quelle del 2021. Se l'Italia non raggiungerà gli obiettivi nelle scadenze prefissate, però, le ulteriori tranche dei finanziamenti europei non arriveranno. #pnrr #recovery #economia #europa ... Leggi di più Leggi meno
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17/03/2022
Siamo in ritardo sul PNRR?
A che punto è l’Italia con l’attuazione del PNRR? 
 La Commissione europea ha da poco approvato in via preliminare la richiesta di pagamento della nuova tranche di fondi per l’Italia. È una valutazione solo preliminare, perché sono previsti ulteriori passaggi: la Commissione invierà infatti il parere al Comitato economico e finanziario che si esprimerà entro 4 settimane, poi arriverà la decisione finale della Commissione con l'erogazione dei fondi. Questa valutazione arriva in risposta alla domanda, inviata dal governo italiano il 30 dicembre 2021 alla Commissione europea, per l'erogazione di una nuova tranche di fondi. Oltre alla richiesta di pagamento, l’Italia ha inviato a Bruxelles la documentazione relativa al raggiungimento dei 51 obiettivi del 2021. Adesso, però, si apre uno scenario ancora più difficile, anche alla luce dei complicati sviluppi internazionali. Nei prossimi mesi il nostro Paese sarà impegnato in una corsa contro il tempo: guardando solamente al mese di marzo, sono 49 i bandi da chiudere legati al PNRR. Se guardiamo ai nuovi obiettivi da raggiungere, in totale nel 2022 l’Italia ha 100 scadenze da rispettare: il doppio rispetto all’anno scorso. Per questa ragione sarà necessario un grande sforzo collettivo da parte del governo, del Parlamento e di tutti gli enti locali coinvolti. Purtroppo ci sono già segnali negativi. Diverse Regioni del Sud sono in ritardo per via di carenza di personale e mancanza di organizzazione tecnica, tanto che nelle ultime settimane tre importanti bandi sono stati prorogati: si tratta del bando da 2,4 miliardi sugli asili nido (le cui richieste sono state molto inferiori ai fondi disponibili), il bando da 2,1 miliardi per il riciclo dei rifiuti e quello da 300 milioni per recuperare i beni confiscati alle mafie. Da qui al 2026 sono previste rigorose scadenze trimestrali per l'attuazione del PNRR: rispettarle è fondamentale, non solo per spendere in modo efficiente le risorse del Piano, ma perché sforare dalla tabella di marcia significherebbe perdere l'accesso alle risorse stesse. #PNRR #RecoveryPlan #Italia #Europa #Sud ... Leggi di più Leggi meno
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11/03/2022
Una legge europea contro la violenza di genere
La Commissione europea ha presentato una proposta per scrivere norme comuni che puniscano allo stesso modo la violenza di genere e domestica in tutti i Paesi membri dell'Unione Europea. Si tratta di un provvedimento importante perché, ad oggi, ogni Paese membro UE ha le sue leggi in tema di violenza di genere e domestica. Questo fa sì che leggi e pene non siano uguali ed egualmente efficaci dappertutto, ma cambino da Paese a Paese. In particolare, la proposta della Commissione Europea prevede l’introduzione, in tutta Europa, del mancato consenso: affinché un rapporto sia considerato stupro non sarà più necessario che sia stato ottenuto con la violenza o la costrizione. Ma sarà sufficiente non avere acconsentito. Ad oggi i Paesi europei che definiscono lo stupro come sesso senza consenso sono solo: Belgio, Croazia, Cipro, Danimarca, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Svezia. L’Italia non è tra questi. Il testo della Commissione Europea sulla violenza di genere prevede anche nuove misure contro mutilazioni genitali femminili e violenza informatica (cyberstalking, condivisione di immagini, incitazione alla violenza di genere) e fissa pene massime per questi reati che non devono essere inferiori a un certo periodo di tempo (che varia in base ai diversi reati). Infine, il testo introduce una serie di provvedimenti a supporto delle vittime di violenza, come il riconoscimento del diritto al completo risarcimento per danni, spese sanitarie, mancato guadagno, ecc., ma anche l'istituzione di sportelli unici che raccolgano in uno stesso luogo tutti i servizi di supporto e protezione delle vittime. ... Leggi di più Leggi meno
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01/03/2022
Chi sta armando l'Ucraina
L'Unione Europea ha deciso di stanziare 500 milioni di euro in armamenti per l’esercito ucraino. È la prima volta di sempre che l’Europa fornisce materiale bellico a un Paese. Ed è la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che Germania e Svezia inviano armi verso un Paese in guerra. Due “prime volte” che si sommano alla nuova ondata di sanzioni occidentali verso la Russia. Nel giro di pochi giorni il mondo è cambiato profondamente. La NATO è sempre più attiva sul “fronte orientale”, con migliaia di nuovi soldati e mezzi. E i governi europei sono alle prese con la più grande revisione delle proprie posizioni sulla difesa da decenni: sono ormai 20 su 27 gli stati membri che invieranno armi a Kyiv. I Paesi che per ora non si sono ancora espressi a riguardo sono: Ungheria, Irlanda, Austria, Spagna, Bulgaria, Malta e Cipro. E Bruxelles? In teoria sarebbero proprio i Trattati a proibire l’uso del bilancio UE per spese con “implicazioni nel settore militare o della difesa”. Ma neanche un anno fa si era trovata una scappatoia istituendo lo “Strumento europeo per la pace”: fondo che opera fuori bilancio, ma sempre con i contributi di tutti gli stati membri. Ecco come oggi l’UE può inviare, per la prima volta nella storia, armi in un’area di crisi. Misure straordinarie per tempi straordinari. Post realizzato in collaborazione con @ispigram #ucraina #ukraine #kyiv #russia #putin #zelensky #guerra #europa #ue ... Leggi di più Leggi meno
Presenza azione militare (Guerre),Ucraina-Russia (Guerre)
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01/03/2022
L'Ucraina può entrare subito nell'Ue?
La richiesta dell'Ucraina di entrare a far parte dell'Unione Europea, e soprattutto di poterlo fare con un percorso rapido e preferenziale, è stata una mossa di Zelensky che ha sollevato domande, dubbi, perplessità. A complicare la situazione, apparentemente, è arrivata la plenaria del Parlamento di oggi, durante la quale gli eurodeputati hanno approvato una risoluzione con cui il Parlamento europeo si è impegnato a far entrare l'Ucraina nell'UE. Questo significa che l'Ucraina diventerà uno Stato membro in tempi brevi? Non proprio. In questo post spieghiamo perché. #ucraina #europa #ue #unioneeuropea #zelensky #kiev #kyiv ... Leggi di più Leggi meno
Ucraina-Russia (Guerre)
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28/02/2022
L'Ucraina chiede di entrare nell'UE
L’Ucraina può davvero entrare a far parte dell’Unione Europea? Come scrivono le istituzioni europee stesse “diventare membro dell'Unione europea è una procedura complessa che non avviene dall'oggi al domani”. E infatti, entrare a far parte dei Paesi membri è una procedura che può durare anni. Oggi, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha detto che l’UE ha già molte relazione aperte con l’Ucraina e che “nel tempo, sono parte di noi e li vogliamo dentro l'UE". Per il momento però non è chiaro se si stia pensando di accelerare la procedura, così come non sono nemmeno chiare tempistiche e modalità. Se tale procedura dovesse effettivamente essere portata avanti, tra le svariate conseguenze entrerebbe in gioco anche la clausola di Difesa Reciproca che prevede, in caso di aggressione da parte di un altro Stato, assistenza da parte degli altri Paesi membri. ... Leggi di più Leggi meno
Ucraina-Russia (Guerre)
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28/02/2022
Il sostegno dell'Italia al popolo ucraino
Nel nuovo decreto del governo italiano si prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro per il rafforzamento del sistema di accoglienza nel nostro Paese e viene prevista la fornitura di mezzi militari all’Ucraina, decisione che dovrà passare dall’approvazione del Parlamento e sarà poi dettagliata in un decreto del Ministro della difesa. Nel testo del decreto viene inoltre dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022, per assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina, ed è stato stanziato un Fondo da 500 mila euro per sostenere studenti, ricercatori e docenti ucraini e permettergli di svolgere in Italia le proprie attività. Nel frattempo anche l’Europa inizia a muovere dei passi concreti sui due piani toccati dal decreto del governo italiano: la difesa e l’accoglienza dei rifugiati. Le intenzioni imminenti sono quelle di applicare lo strumento europeo per la pace, approvato a marzo dell’anno scorso, che rappresenta sostanzialmente un rimedio all’assenza di un esercito comune europeo. Inoltre sarà attivata anche la direttiva per la protezione temporanea dei rifugiati, tramite la quale i cittadini ucraini avranno la garanzia di un permesso di soggiorno, un alloggio adeguato e mezzi di assistenza sociale e sanitaria. Il conflitto tra Russia e Ucraina ha quindi ulteriormente acceso un faro in Europa sull’esigenza di ripensare la politica estera comune. Non è un caso che dalla scorsa settimana abbiamo iniziato a intravedere per la prima volta una vera politica estera comune europea. Che sia un primo passo verso l’esercito comune europeo? Difficile da dire visto che sono ancora tanti gli impedimenti burocratici, ma il tema è oggettivamente all’ordine del giorno. Nel frattempo anche la Germania ha fatto un passaggio storico: il cancelliere Scholz ha infatti annunciato che la Germania spenderà 100 miliardi in spese militari e ha promesso che il bilancio per la difesa arriverà al 2% del PIL, obiettivo di spesa fissato dalla Nato. Era dal 1945 che la Germania non investiva così tanto in questo settore. ... Leggi di più Leggi meno
Ucraina-Russia (Guerre)
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24/02/2022
Cosa fa l'Europa per l'Ucraina?
Fin da quando la Russia aveva iniziato ad ammassare truppe sul confine ucraino, Stati Uniti e paesi dell'UE avevano minacciato di imporre sanzioni straordinarie in caso di attacco. Oggi che l'invasione è realtà, però, le misure restrittive introdotte con le sanzioni sembrano essere insufficienti. In particolare ha fatto discutere la scelta dell'Unione Europea di non escludere la Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift e di non sospendere l'acquisto di gas russo. Le ragioni di questa scelta sono da ricondurre alle posizioni e agli interessi economici dei diversi membri dell'Unione. Qui proviamo a capire quali sono e come stanno influenzando la risposta europea all'invasione dell'Ucraina. #ucraina #ukraine #kyiv #putin #zelensky #unioneeuropea #ue #eu #vladimirputin ... Leggi di più Leggi meno
Ucraina-Russia (Guerre)
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18/02/2022
Il Parlamento europeo boccia la proposta di vietare gli stage gratuiti
Durante la plenaria del Parlamento europeo è stata approvata la risoluzione “Rafforzare il ruolo dei giovani europei: occupazione e ripresa sociale dopo la pandemia” che condanna la pratica dei tirocini non retribuiti.  Non è la prima volta che il Parlamento interviene su questo tema, riconoscendo stage e tirocini non pagati come una forma di sfruttamento. Questa volta però si sarebbe potuto fare un passo avanti, decisamente più concreto, ma non è avvenuto. È stato infatti bocciato l’emendamento che vietava stage e tirocini non pagati: il testo prevedeva cioè di vietare questa pratica per legge in tutti i Paesi europei. Decisamente un’altra occasione persa per dare un sostegno concreto al futuro delle giovani generazioni che più di altre stanno pagando gli effetti negativi della pandemia. Ricordiamo che anche in Italia manca una legislazione sul tema e si assiste a svariate forme di sfruttamento legalizzato, con ragazze e ragazzi che passano da uno stage all'altro con retribuzioni bassissime o pari a zero, senza diritti e senza la possibilità di formarsi in modo adeguato. In Parlamento al momento sono ferme almeno tre proposte di legge per regolare la legislazione sui tirocini. Tante proposte e diversi documenti del Parlamento europeo che richiamano l’Italia a intervenire sul tema, ma ancora tanti giovani che, purtroppo, attendono risposte concrete. #stage #tirocinio ... Leggi di più Leggi meno
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16/02/2022
Il rispetto dello stato di diritto in Ue
La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha deciso: la Commissione europea potrà sospendere i fondi europei a quei Paesi che non rispettano lo stato di diritto. Con questa decisione la Corte ha quindi respinto i ricorsi avanzati da Polonia e Ungheria dopo che la Commissione aveva deciso di sospendere i fondi del Recovery Plan per i due Paesi. La sentenza ha così fornito a Bruxelles uno strumento in più per garantire la tutela degli standard democratici in tutti i Paesi membri dell'Unione. Si tratta di un'arma a doppio taglio, però: dopo la decisione della Corte si restringe anche lo spazio di manovra per la Commissione europea, sulla quale aumenterà la pressione di chi da tempo chiede a Bruxelles di agire con forza nei confronti di Ungheria e Polonia, da tempo sotto accusa per provvedimenti che hanno minato l'indipendenza del potere giudiziario e la tutela dei diritti delle persone LGBTQ+. Vedremo nei prossimi giorni come si muoverà la Commissione e che risposte arriveranno da Varsavia e Budapest. #europe #unioneeuropea #ue #polonia #ungheria #recoveryplan #statodidiritto ... Leggi di più Leggi meno
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09/02/2022
Il giusto mix di rinnovabili per la transizione energetica in Europa - con Simone Tagliapietra
Qual è la posizione di Spotify in merito alla vicenda di Joe Rogan? E poi, perché Meta sta minacciando di oscurare Facebook e Instagram in Europa? Infine, Riccardo Haupt si confronta con Simone Tagliapietra sul dibattito legato alla "tassonomia europea", la classificazione degli investimenti ritenuti sostenibili in Europa dal punto di vista ambientale. ... Leggi di più Leggi meno
Rinnovabili (Innovazione)
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08/02/2022
La crisi mondiale di microchip
Tra il 2020 e il 2022 in tutto il mondo si è verificata una crisi dei microchip, i semiconduttori che permettono il funzionamento di tutti i dispositivi elettronici. Le cause sono diverse: da un lato la pandemia ha accelerato la domanda di dispositivi elettronici (nel quarto trimestre del 2020 le vendite di computer hanno subito una crescita del 26,1% rispetto all'anno precedente). Negli stessi mesi, Taiwan è stata colpita da una grande siccità che ha rallentato la produzione della TSMC, la più grande azienda produttrice di chip al mondo. La produzione di chip, infatti, richiede grandi quantità d'acqua. Infine, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha causato pesanti sanzioni sulla Semiconductor Manufacturing International Corporation, il più grande produttore di semiconduttori della Cina. Questa carenza globale di chip, che ha impattato moltissimi settori, dal settore automobilistico (in Italia, ad agosto 2021, la produzione di veicoli è calata del 37,4%) a quello dell'elettronica di consumo, ha reso palese la nostra dipendenza da questi piccoli dispositivi. Ad oggi, il 75% della capacità produttiva globale di microchip è in Asia ma molti Paesi hanno annunciato di voler investire sempre di più nella produzione di semiconduttori. In Europa, in particolare, proprio oggi è stato presentato dalla Commissione Europea lo "European Chips Act", una legge che ha l'obiettivo di aumentare gli investimenti nello sviluppo di chip europei, diminuendo l'incertezza derivante dalla nostra dipendenza da chip importati. Grazie a nuovi aiuti di stato per creare fabbriche dedicate, entro il 2030, il 20% della produzione mondiale di microchip dovrebbe avvenire in Europa. Il Chips Act, quindi, ha un grande focus su cinque assi: maggior produzione localizzata in UE per reagire alle carenze sulla catena di approvvigionamento, leadership europea nel design, rafforzamento di ricerca e sviluppo, sostegno alle piccole aziende "innovative" e una modifica delle regole sugli aiuti di stato per sostenere la capacità produttiva. ... Leggi di più Leggi meno
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02/02/2022
Tassonomia per la finanza sostenibile
La Commissione Europea ha adottato oggi il secondo atto delegato della Tassonomia europea per la finanza sostenibile, quello sull'inclusione di gas e nucleare come fonti di transizione. Una decisione che aveva già attirato molte polemiche e accuse di greenwashing in quanto, in particolare per il gas, una fonte non "verde" viene inclusa come investimento sostenibile. Il gas naturale infatti non può essere considerato una fonte di energia pulita in quanto la sua combustione genera emissioni di CO2 e metano non trascurabili. A parità di energia utilizzata il gas produce il 30% in meno di CO2 rispetto al petrolio e il 40% in meno rispetto al carbone. Per questo la Commissione ha deciso di includere questa risorsa all'interno della Tassonomia come fonte “di transizione”, considerata la lentezza per l’approvazione di impianti a energia rinnovabile. Anche attorno al nucleare il dibattito rimane acceso: è infatti potenzialmente utile a sopperire all'intermittenza delle fonti rinnovabili ma per i Paesi che devono costruire nuove centrali i costi sono molto alti e i tempi lunghi in termini di realizzazione e operatività. E rimane sempre il tema dello stoccaggio delle scorie. Ci sono infine questioni strategiche. Gli stati membri differiscono molto nelle fonti energetiche utilizzate. La Francia per esempio consuma molta energia proveniente dal nucleare mentre Italia e Germania puntano sul gas naturale. Ci sono poi Paesi come Austria, Danimarca, Olanda e Svezia che si oppongono all'inclusione di entrambe le fonti nella Tassonomia. Le clausole inserite per consentire il finanziamento di gas e nucleare vengono viste da questi Paesi come troppo permissive e inadeguate per gli obiettivi climatici europei. Seppure considerate “attività transitorie”, gli investimenti in gas e nucleare saranno infatti considerati a tutti gli effetti conformi alla Tassonomia e quindi etichettati come sostenibili. La palla passa ora a Consiglio dell'UE e Parlamento Europeo, che possono bocciare la proposta. #tassonomia #clima #ambiente #energia #nucleare #gas #rinnovabali #sostenibilità ... Leggi di più Leggi meno
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02/02/2022
Cos'è la Tassonomia UE per la finanza sostenibile?
La Commissione Europea ha adottato oggi il secondo atto delegato della Tassonomia europa per la finanza sostenibile, quello sull'inclusione di gas e nucleare come fonti di transizione. Una decisione che aveva già attirato molte polemiche e accuse di greenwashing in quanto, in particolare per il gas, una fonte non "verde" viene inclusa come investimento sostenibile. Il gas naturale infatti non può essere considerato una fonte di energia pulita in quanto la sua combustione genera emissioni di CO2 e metano non trascurabili. A parità di energia utilizzata il gas produce il 30% in meno di CO2 rispetto al petrolio e il 40% in meno rispetto al carbone. Per questo la Commissione ha deciso di includere questa risorsa all'interno della Tassonomia come fonte “di transizione”, considerata la lentezza per l’approvazione di impianti a energia rinnovabile. Anche attorno al nucleare il dibattito rimane acceso: è infatti potenzialmente utile a sopperire all'intermittenza delle fonti rinnovabili ma per i Paesi che devono costruire nuove centrali i costi sono molto alti e i tempi lunghi in termini di realizzazione e operatività. E rimane sempre il tema dello stoccaggio delle scorie. Ci sono infine questioni strategiche. Gli stati membri differiscono molto nelle fonti energetiche utilizzate. La Francia per esempio consuma molta energia proveniente dal nucleare mentre Italia e Germania puntano sul gas naturale. Ci sono poi paesi come Austria, Danimarca, Olanda e Svezia che si oppongono all'inclusione di entrambe le fonti nella Tassonomia. Le clausole inserite per consentire il finanziamento di gas e nucleare vengono viste da questi paesi come troppo permissive e inadeguate per gli obiettivi climatici europei. Seppure considerate “attività transitorie”, gli investimenti in gas e nucleare saranno infatti considerati a tutti gli effetti conformi alla Tassonomia e quindi etichettati come sostenibili. La palla passa ora a Consiglio dell'UE e Parlamento Europeo, che possono bocciare la proposta. #tassonomia #clima #ambiente #energia #nucleare #gas #rinnobaili #sostenibilità ... Leggi di più Leggi meno
Policies (Clima)
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20/01/2022
La carbon tax in Europa
Nei prossimi anni l'Europa introdurrà una nuova tassa per limitare l'impatto climatico della produzione e del consumo di alcuni prodotti e attività. La tassa sul carbonio, o carbon tax, non è una novità. È stata introdotta per la prima volta dalla Finlandia nel 1990, e da allora l'hanno adottata altri 18 paesi europei. L'Unione Europea, però, sta cercando di introdurre una carbon tax più omogenea per tutti i Paesi membri. E soprattutto vuole introdurre la prima tassa sul carbonio che si paga anche alla dogana, impedendo agli stati europei di farsi belli a casa mentre in realtà scaricano il peso delle emissioni su altri Paesi. Ma quali potrebbero essere gli effetti sulle nostre vite di una tassa di questo tipo? Ce ne parla @silvialazzaris ... Leggi di più Leggi meno
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11/01/2022
Perché gli aerei volano vuoti
In questi giorni sta rimbalzando un po' ovunque la notizia che molte compagnie aeree stanno facendo volare i propri aerei senza passeggeri. Dietro al fenomeno dei cosiddetti “aerei fantasma” ci sono alcune regolamentazioni europee per l'assegnazione degli slot negli aeroporti. Le regole nascono per favorire la concorrenza permettendo alle compagnie più giovani di aggiudicarsi gli slot orari qualora non vengano utilizzati a sufficienza dalle compagnie che occupano le fasce orarie più favorevoli. Storicamente, infatti, gli slot sono un patrimonio economico fondamentale per le compagnie aeree, specialmente per le maggiori che ormai da tempo si sono aggiudicate slot orari più favorevoli per i passeggeri, avendo così un gran vantaggio rispetto alle compagnie più piccole. Oggi però, grandi e piccole compagnie, pur non avendo passeggeri a bordo, sono costrette a far decollare i loro voli per non perdere i loro diritti di atterraggio e decollo, nonostante sia economicamente e ambientalmente svantaggioso. Pre-pandemia a tutte le compagnie aeree veniva imposto l'obbligo di effettuare almeno l’80% dei propri voli. Ma con l’avanzare dei contagi la percentuale è stata abbassata al 50%. In vista dell’estate del 2022 la Commissione, ha deciso di fissare la soglia al 64% da marzo ad ottobre 2022. Mentre nei cieli europei volano migliaia di aerei con il solo personale a bordo, la Commissione si è impegnata a ridurre di almeno il 55% le emissioni entro il 2030. Considerando quanto impattano gli aerei in termini di emissioni di CO2, queste regolamentazioni sembrano quindi contrastare gli obiettivi del Green Deal europeo. ... Leggi di più Leggi meno
CO2 (Inquinamento)
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11/01/2022
Addio a David Sassoli
Era stato giornalista, quindi politico, infine presidente del Parlamento Europeo. Tutti quelli che l’avevano frequentato - giornalisti, politici e parlamentari europei - lo hanno descritto come «autorevole», «affidabile» e «onesto». David Sassoli, ricoverato dal 26 dicembre per una grave forma di disfunzione del sistema immunitario, è morto all'1.15 di questa notte, a 65 anni. Nato a Firenze, da piccolo voleva fare l’archeologo, ma alla fine si ritrovò a scavare tra le notizie. Il Giorno, l’agenzia Asca, Famiglia Cristiana. E nel 1992, in piene stragi di mafia, entra in Rai. Fa prima l’inviato di cronaca per il Tg3, poi per Michele Santoro. Pian piano David Sassoli diventa diventa il volto che ogni sera alle 20 racconta in Rai agli italiani le stragi di mafia, l’avvento di Berlusconi, la crisi economica. Diventa addirittura vicedirettore del Tg1. Quindi, da sempre innamorato dell’Europa entra nel Pd chiamato da Walter Veltroni. «C’è un tempo per la professione, per il mestiere e, forse, poi, arriva anche un altro tempo. Quello di occuparsi della propria comunità, del proprio Paese», dice. E così entra nell’Europarlamento, di cui nel 2019 diventa Presidente. I suoi colleghi Rai hanno raccontato che già 20 anni fa, prima di entrare in politica «aveva il sogno dell’Europa»: «Lui faceva parte dell’Associazione sindacale Stampa romana. Un giorno tenne un discorso davanti a quattro gatti. E citò, testuale, “le radici cristiane dell’Europa”. In redazione lo prendemmo in giro affettuosamente per due mesi». Era vero. Ci credeva. Anche ai due figli Giulio e Livia, avuti con la moglie Alessandra, continuava a dire che «conta l’Europa, non solo l’Italia». #davidsassoli #europa #europarlamento #eu #europarliament ... Leggi di più Leggi meno
Europa (Pro-democracy)
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08/01/2022
L'Europa dei muri
Continua a crescere il numero di barriere che diversi Stati europei stanno costruendo ai confini nel tentativo di controllare le frontiere, ostacolando così i flussi migratori. Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, per anni in Europa ci sono state poche barriere tra un Paese e l’altro – almeno fino al 2012. Poi il vento è cambiato e i muri sono aumentati: dai 2 presenti negli anni '90 si è passati ai 15 del 2017. Solo nel 2015 (anno della crisi europea dei migranti, anche a causa del massiccio flusso di persone provenienti dalla Siria) ne sono stati costruiti 7. Secondo uno studio del think tank Transnational Institute, dal 1990 al 2019 sono stati costruiti in Europa circa 1000km di recinzione: oltre sei volte la lunghezza del Muro di Berlino, per una spesa totale di più di 900 milioni di euro. Sono stime parziali, cui vanno aggiunti i dati più recenti. Per esempio, la Lituania ha pianificato la costruzione di 508km di barriera al confine con la Bielorussia, e a ottobre 12 Paesi hanno chiesto alla Commissione Europea di finanziare la costruzione di barriere con fondi europei. La risposta è stata, sostanzialmente: non abbiamo niente in contrario, ma non avrete sostegno economico. Pur non finanziando direttamente queste barriere, nel bilancio 2021-2027 l’Ue ha stanziato circa 23 miliardi di euro alla voce “Migrazione e controllo delle frontiere”, quasi il doppio rispetto ai 12 miliardi del bilancio 2014-2020. Il business coinvolge diverse realtà, tra cui aziende che operano nel settore militare e della sicurezza. Tra le più importanti Thales, Leonardo e Airbus. Queste aziende producono strumenti che vengono utilizzati sia in operazioni marittime sia per il controllo dei confini terrestri, utilizzando tecnologie sempre più avanzate come droni, barriere elettrificate, sensori di calore, telecamere e cannoni sonori. Queste e altre aziende sono coinvolte nell'European Organisation for Security, il più importante gruppo di lobby sulla sicurezza delle frontiere. Dal 2014 al 2019 ha tenuto 226 incontri di lobbying registrati con la Commissione Europea. Negli incontri i rappresentanti presentano i loro servizi come soluzioni per le "minacce alla sicurezza" causate dall'immigrazione. ... Leggi di più Leggi meno
Migrazioni (Unione Europea)
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07/01/2022
L'introduzione della plastic tax
Dal 3 luglio gli Stati membri dell’Unione Europea hanno vietato la vendita di alcuni prodotti usa e getta in plastica come cotton fioc, posate e piatti, cannucce, aste per palloncini, e alcuni contenitori per cibo e bevande. Ma c’è un’altra direttiva UE che non è ancora entrata in vigore: la plastic tax. La tassa sulla plastica sarà calcolata in ogni Stato membro in base al peso dei rifiuti di imballaggi di plastica non riciclabili generati in un anno. Grazie a questa imposta, il costo degli imballaggi non riciclabili aumenterà e si spera che possa portare consumatori e produttori a scegliere prodotti più ecologici. In Italia però questa iniziativa continua a essere posticipata. Prevista inizialmente per 80 centesimi al kg dall’UE, la tassa è stata poi fissata a 45 centesimi al kg in Italia. L’entrata in vigore era fissata per luglio 2020, poi per gennaio 2021, poi luglio 2021, poi ancora gennaio 2022. E ora l'ultima legge di bilancio l'ha spostata al 2023. Una delle ragioni del rinvio italiano è che il nostro Paese è uno dei centri più importanti in Europa per la produzione di imballaggi in plastica. E la tassa, che dovrà essere versata dai produttori e gli importatori di plastica, è considerata troppo gravosa dal settore – già penalizzato dalle misure di contenimento della pandemia. Di certo non si potrà posticipare all’infinito: ridurre del consumo di imballaggi usa e getta in plastica è una necessità. La produzione mondiale di plastica è aumentata di circa venti volte rispetto agli anni ‘60, e ogni cittadino italiano produce circa 250 chili di rifiuti costituiti da imballaggi l’anno. Di questi, la maggior parte in plastica, che potrebbe impiegare decenni e a volte anche secoli per deteriorarsi. Forse allora non abbiamo il tempo di aspettare l’entrata in vigore di nuove direttive per cambiare il nostro comportamento. Possiamo per esempio iniziare a ridurre drasticamente il nostro consumo di acqua in bottiglia e di imballaggi di plastica usa e getta, prediligendo il più possibile alternative biodegradabili o riutilizzabili. #plastica #plastic #plasticfree #plastictax #plasticwaste #plasticpollution ... Leggi di più Leggi meno
Plastica (Inquinamento)
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04/01/2022
Il tetto al contante
Dal 1° gennaio 2022, il tetto massimo dei pagamenti in contanti in Italia è sceso dagli attuali €2.000 a €1.000, fatta eccezione per gli stranieri non residenti in Italia, per cui la soglia resta a €15.000. È la seconda delle tappe stabilite con la legge di bilancio 2020: con la prima, infatti, il tetto massimo era calato da €3.000 a €2.000, tra luglio 2020 e dicembre 2021, nel tentativo di arginare le attività illecite di riciclaggio. Con la riforma in corso il nostro Paese fa salire a otto il numero di modifiche alla soglia del contante negli ultimi 15 anni - non esattamente un regalo per cittadini e imprese in termini di chiarezza e certezza delle regole. L'andatura incerta del nostro legislatore nasconde però anche la complessità di un argomento che non può essere approcciato con la logica del 'bianco o nero'. La riduzione del contante e la possibile creazione di una ‘cashless society’, infatti, porta con sé non solo benefici ma anche alcuni costi. Si tratta, non a caso, di un bilanciamento che ha portato i paesi europei ad adottare strategie sul contante molto diverse tra di loro. Sui 27 paesi dell'UE solo 12, ad esempio hanno un tetto fisso al contante. Non ci sono limiti in paesi come Germania, Irlanda e Svezia, mentre se ne trovano di particolarmente stringenti in nazioni come Portogallo e Francia. A causa di queste enormi differenze tra un Paese membro e l’altro, l’Unione Europea ha espresso l’intenzione di fissare un tetto massimo sui pagamenti in contanti pari a €10.000, che dovrebbe entrare in vigore nel 2024. Questo significa che i Paesi con una soglia massima inferiore a quella cifra potranno continuare a mantenere la stessa soglia, mentre quelli con un tetto superiore a €10.000 dovranno abbassarlo per rientrare nel limite. Oggi continuano a scontrarsi (anche nel nostro Parlamento) due opinioni diverse sulle limitazioni al contante: secondo i detrattori, tale strategia sarebbe da evitare in quanto colpirebbe anziani e meno alfabetizzati dal punto di vista digitale e aggiungerebbe un ulteriore onere burocratico su microimprese e commercianti; i sostenitori ritengono che i più fragili sarebbero invece tutelati dalle rapine e dalle piccole truffe, e che una “cashless society” avrebbe ricadute positive in termini di contrasto alla corruzione e all’evasione fiscale. #Contanti #Cashless #Italia #Euro ... Leggi di più Leggi meno
Fra paesi (Disuguaglianze)
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01/01/2022
7 cose che non sai sull'euro
Sono passati vent’anni dal giorno in cui circa 300 milioni di europei hanno iniziato a utilizzare gli euro. Il primo gennaio del 2002, infatti, 12 Paesi membri dell’Unione Europea hanno messo in circolazione la nuova valuta che avrebbe gradualmente sostituito lire, franchi marchi e le altre monete nazionali messe poi fuori corso. Il cambio di moneta rappresentò un’enorme impresa non solo politica ma anche tecnica. Nei mesi precedenti al primo gennaio 2002 la BCE stampò infatti più di 15 miliardi di banconote in euro e coniò più di 50 miliardi di monete. Il progetto politico dell’euro però inizio molto prima e viene fatto risalire al 1988 quando l’allora presidente della Commissione Ue, Jacques Delors, costituì un comitato i cui lavori gettarono le basi per il trattato di Maastricht - passaggio cruciale per arrivare alla moneta unica europea. In questi 20 anni l’euro è cresciuto esponenzialmente fino a diventare la seconda moneta più utilizzata al mondo e conta oggi 19 Paesi che ne hanno fatto la propria valuta legale, ai quali nei prossimi anni se ne aggiungeranno altri. L’euro è arrivato a essere - dopo il dollaro - la seconda moneta più utilizzata per gestire gli scambi commerciali; per dare un’unità di misura, fuori dagli Stati Uniti circolano oggi dollari per un ammontare pari a 13mila miliardi, fuori dai Paesi dell'eurozona si trovano invece trovano 3,4mila miliardi di euro. #euro #Europa #UnioneEuropea #UE #EuroZona #lire #BCE ... Leggi di più Leggi meno
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29/12/2021
Una legge per gli stage curricolari
Il Parlamento europeo nel 2020 ha ufficialmente riconosciuto il tirocinio curricolare non pagato come una forma di sfruttamento. Lo ha fatto con una risoluzione che chiede agli Stati membri di intervenire per garantire un compenso equo per stagisti, tirocinanti e apprendisti. E l’Italia a che punto è? Nel nostro Paese manca una legislazione sui tirocini curricolari e si assiste a svariate forme di sfruttamento legalizzato, con ragazze e ragazzi che passano da uno stage all'altro con retribuzioni bassissime o pari a zero, senza diritti e senza la possibilità di formarsi in modo adeguato. A tal proposito, negli scorsi giorni è stata presentata in Parlamento l’ennesima proposta di legge per regolare questo ambito. Siamo quindi arrivati ufficialmente a tre proposte ferme in Parlamento che vorrebbero regolare la legislazione su tirocini e apprendistato. L’ultima in ordine di tempo è del deputato Niccolò Invidia e prevede una retribuzione lorda minima del tirocinio curricolare di 500 euro al mese, un limite temporale per la durata pari a 6 mesi e il riconoscimento di questo periodo ai fini pensionistici.  Nel 2018 è stata presentata una proposta simile dal deputato Massimo Ungaro che prevede di regolare la disciplina del tirocinio curricolare, estendendo le tutele finora riservate solo a quelli extracurricolari, a cominciare dal diritto a un'indennità mensile e un limite massimo di tempo. Su questo tema interviene poi, in modo complementare, anche la proposta di legge della Deputata Chiara Gribaudo, che vuole riformare il contratto di apprendistato. L’obiettivo è quello di contenere il ricorso abusivo al tirocinio e favorire l’apprendistato, rendendolo più agile e conveniente per i datori di lavoro. Tante proposte in Parlamento, una risoluzione del Parlamento europeo e, ancora, tanti giovani che attendono risposte. #stage #tirocinio #tirociniogratuito #apprendistato #parlamento #legge #camera #politica #lavoro #giovani #tirociniocurricolare #scuola #formazione ... Leggi di più Leggi meno
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17/12/2021
Gli investimenti in ricerca e sviluppo in Europa
Nel 2010, il Consiglio Europeo ha adottato la strategia “Europa 2020” che prevedeva una serie di obiettivi da raggiungere in modo da rendere il continente sempre più competitivo rispetto alle altre grandi potenze del mondo. Un traguardo importante consisteva nel raggiungimento di una spesa in #ricerca e #sviluppo pari almeno al 3% del PIL complessivo dell’Unione. L’ultimo dato disponibile relativo alla spesa in R&D in UE risale al 2019 e ci vede ancora lontani dal raggiungimento dell'obiettivo: in quell’anno gli investimenti superarono i €311mld, poco più del 2% del PIL complessivo, ancora lontani dai risultati degli Stati Uniti (dove la spesa in R&D è il 3% del PIL). In Italia, nello stesso anno, la spesa totale è stata di €26,3mld di euro, con una crescita del 4,1% rispetto all'anno precedente. E nonostante la spesa crescesse sia nelle singole imprese (+4,1%) che nelle istituzioni pubbliche (+5,1%), a spendere di più sono state proprio le aziende private, con 16,6 miliardi di euro (il 63% della spesa complessiva). Guardando il dato da un diverso punto di vista, oggi il settore pubblico investe €56,7 in ricerca e sviluppo per abitante, un dato che ci pone al dodicesimo post nella classifica UE. Nonostante negli ultimi 20 anni la spesa in ricerca e sviluppo per abitante sia aumentata di €15,30, per tornare ad essere un Paese veramente innovativo dovremo investire sempre di più, portando nei prossimi sei anni (2021-2026) la spesa pubblica in ricerca e sviluppo dall’attuale 0,5% del Pil all’1%. Questo è quello che emerge dal Piano Amaldi, un appello che alcuni scienziati hanno inviato al Governo lo scorso febbraio. Dello stesso avviso è anche Mario Draghi che, nel suo discorso per la fiducia in Parlamento, aveva detto che «occorre investire adeguatamente nella ricerca» visto «l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici». Il Recovery Plan, il piano da €220mld che verranno investiti per la ripartenza dell'Italia dopo la pandemia, avrebbe potuto rappresentare una grande opportunità. Purtroppo, l'appello degli scienziati non è stato ascoltato e dei €20mld richiesti, alla ricerca ne sono stati allocati solamente 5. ... Leggi di più Leggi meno
Spesa pubblica (Bilancio pubblico)
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30/11/2021
I 213 miliardi di euro che potrebbero essere svolta per il Sud Italia
Il PNRR italiano ha messo a disposizione delle 8 regioni del Sud una somma pari al 40% delle risorse territorializzabili, circa 82 miliardi. Ma in totale, tra fondi europei e altre risorse nazionali, nei prossimi 10 anni arriveranno al Sud circa 213 miliardi di euro. L'obiettivo è ambizioso: dotare il Mezzogiorno di servizi e infrastrutture per ripartire, riducendo il divario territoriale. La vera sfida dei prossimi anni per il Sud sarà riuscire a trasformare questi investimenti in progetti concreti. Per farlo servirà risolvere alcuni problemi cronici della Pubblica Amministrazione, a partire dalla lentezza della burocrazia e dalla mancanza di personale e competenze per stendere progetti validi per il PNRR e portarli a termine. È emblematica, in negativo, una vicenda di questi mesi: la bocciatura da parte del Ministero dell’Agricoltura di 31 progetti su 31 redatti dalla Regione Sicilia per l’irrigazione delle aree agricole. Lo ha detto chiaramente Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’ANCI: “Servono assunzioni nei Comuni, altrimenti non avremo le risorse del Piano nazionale di ripresa”. Un concetto ribadito dal presidente della Regione Sicilia, Musumeci: “Servono i concorsi”. Il Governo ha provato a intervenire per tempo, lanciando un "concorsone" per assumere 2800 dipendenti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione. Il risultato, però, è stato abbastanza fallimentare: ne sono stati reclutati solo 800 e i professionisti più preparati hanno rifiutato un contratto a tempo nel settore pubblico. Ora il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale prova a correre ai ripari con un bando per 2022 ulteriori funzionari. La sfida più grande continua a ruotare attorno a una parola ben precisa: attuazione. C’è bisogno di mettere la Pubblica Amministrazione delle Regioni del Sud nelle condizioni di gestire in modo trasparente ed efficiente l’ingente quantità di risorse e progetti che arriveranno nei prossimi anni. Abbiamo davanti un'occasione storica, che non possiamo permetterci di sprecare: per il Sud e per l'Italia intera. #Sud #PNRR #Governo #Europa ... Leggi di più Leggi meno
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29/10/2021
Gli impatti della lentezza della giustizia
Nell’ultimo decennio, il mancato investimento sul territorio italiano (calcolato rispetto a quello del periodo 2000-2010) è di circa 430 miliardi per il settore privato e 115 miliardi per quello pubblico. Perché sono mancati gli investimenti? A causa di fattori come l'incertezza delle prossime mosse della politica economica, il grado di istruzione più basso rispetto alla media europea, ma soprattutto dei grossi costi e della lentezza del sistema burocratico. Ce lo dice il Global Competitiveness Report del WEF, che nel suo indice di innovazione e rivisitazione delle tasse ci dà 39 punti su 100. Che cosa stiamo facendo per risolvere il problema? Partiamo da un decreto di marzo 2021 del Ministero per lo Sviluppo Economico, che riconosce sgravi fiscali del 50% sull'IRPEF per le persone che investono capitale in startup e PMI innovative. È abbastanza? No, non sarà un singolo provvedimento a darci più investimenti: la speranza di cambiamento sta nelle riforme del sistema fiscale, della giustizia e della pubblica amministrazione. Le tre riforme fanno parte del PNRR, inviato alla Commissione Europea per avere l’accesso ai 209 miliardi del Next Generation EU. La delega fiscale è una riforma di accompagnamento, cioè non rientra fra le scadenze vincolanti per ottenere le risorse; alcune delle iniziative previste all’interno di essa, però, sono necessarie. La pena è la mancata erogazione dei fondi. Perché solo alcune parti della riforma sono obbligatorie? Per la grandezza dell'operazione. La riduzione delle aliquote dell'IRPEF per il cittadino, e della tassazione per le imprese, necessita di più fondi di quelli previsti dal Next Generation EU per compensare la riduzione del gettito fiscale. In altre parole, abbassando le tasse lo Stato ha meno entrate, e non può sopperire a questa mancanza solo con i fondi europei, deve trovare soluzioni a lungo termine. La riforma è fondamentale per riparare le debolezze strutturali dell’Italia, e aumentare gli investimenti sia italiani che internazionali: secondo un sondaggio di EY, è proprio il fisco dispendioso e difficile da capire che impedisce l’arrivo di capitali stranieri, proprio come nel caso di quelli italiani. ... Leggi di più Leggi meno
Spesa pubblica (Bilancio pubblico),Pubblica amministrazione (Bilancio pubblico)
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28/10/2021
A che età si va in pensione in Europa
L’Italia è il Paese europeo dove si va in pensione più tardi ma dove, allo stesso tempo, si lavora per meno tempo prima della pensione. Il risultato è che l’Italia è tra i Paesi con i livelli più alti di spesa pensionistica rispetto al PIL, seconda solo alla Grecia. Perché accade questo? Principalmente per due motivi. Il primo è che l’età di pensionamento in Italia presenta numerosi casi di flessibilità che consentono di andare in pensione prima. Tra questi ricordiamo l’APE sociale, un meccanismo che prevede un’indennità fino all’età prevista per la pensione di vecchiaia, per coloro che hanno almeno 63 anni. "Opzione donna" invece è una misura che consente alle lavoratrici dipendenti con 35 anni di contributi e 58 anni di età (o 59 per le lavoratrici autonome) di accedere anticipatamente alla pensione. Infine c’è da ricordare “Quota 100”: un meccanismo che permette di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Se da un lato quindi l’età per conseguire la pensione di vecchia è aumentata dalla riforma Fornero in poi, dall’altra parte l’età effettiva di pensionamento si è sempre attestata su valori molto più bassi. Il secondo motivo che fa dell’Italia uno dei Paesi dove si lavora di meno prima di andare in pensione e si spendono molte più risorse pubbliche, è dato dalla difficoltà di avere una carriera stabile e quindi versare continuativamente i contributi. In quest’ottica il problema è ancora più grave se guardiamo ai prossimi 20 o 30 anni, cioè ai giovani che sono entrati da poco nel mercato del lavoro e che difficilmente vedranno la pensione prima dei 70 anni. Secondo un calcolo fatto da Smileconomy, un giovane precario che guadagna 1500 euro e inizia a versare contributi a 25 anni, andrà in pensione a 72 anni, con una pensione tra il 38% e il 43% dello stipendio. Una situazione preoccupante che sta facendo discutere animatamente il Governo in vista della Legge di Bilancio. Draghi non vuole rinnovare “Quota 100” perché è un meccanismo che, come hanno dichiarato la Ragioneria Generale e la Corte dei Conti, penalizza i giovani, aumenta i costi e non sostiene l’occupazione. #pensioni #quota100 #pensioneanticipata #Apesociale #pensione #giovani ... Leggi di più Leggi meno
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14/10/2021
Si va verso una "Polexit"?
Decine di migliaia di persone sono scese in piazza nelle città di tutta la Polonia per protestare contro una decisione della Corte Costituzionale polacca che non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee. Cosa sta succedendo in Polonia? E davvero si va verso una Polexit? Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti ne parlano con Antonio Villafranca, Direttore della Ricerca di ISPI. ... Leggi di più Leggi meno
Europa (Pro-democracy)
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11/10/2021
I costi per aprire un'azienda in Europa
Il costo per l’avvio di un’attività imprenditoriale in Italia è il più elevato in Europa, con una differenza di quasi 2000 euro rispetto alla seconda nazione in classifica, i Paesi Bassi. Cosa rende l’innovazione italiana così dispendiosa? La burocrazia. In Italia, i soli costi per imposte di registro, tasse di concessione, imposte da bollo e diritti camerali vengono a costare circa 1058 euro per una società a responsabilità limitata. Al contrario, in Francia le startup che si occupano di servizi di natura intellettuale hanno una registrazione gratuita, quelle ad attività commerciale pagano 100 euro, e le attività artigianali intorno ai 280 euro. Non è tutto: in Francia, le startup che investono in Research & Development e sono riconosciute come innovative o universitarie, sono idonee a esenzioni dalle tasse e dai contributi previdenziali. Il costo maggiore italiano, però, è quello del notaio: la parcella notarile si aggira intorno a 1500 euro, senza includere l’IVA. Il Ministero dello Sviluppo economico, nel 2019, ha cercato di agevolare gli imprenditori permettendo la costituzione di un’azienda online, e in assenza di atto pubblico, cioè senza la presenza del notaio. L’iniziativa, seppur lodevole, ha avuto vita breve: la sentenza 2643 del 29 marzo di quest’anno, del Consiglio di Stato, ha quasi del tutto annullato questo provvedimento, rendendo tale opzione possibile solo in casi particolari. L’Italia si trova molto più indietro rispetto agli altri paesi europei in termini di nuovi business: nel 2020, gli investimenti di venture capital in start-up italiane ammontano a 430 milioni di euro, che impallidiscono al confronto con quelli ricevuti dalle aziende tedesche, pari a 6.4 miliardi. Il prezzo della burocrazia non è l'unico fattore a gravare sugli investimenti o sul numero di startup di successo italiane: la colpa è anche da ricercare nel poco appetito per il rischio presente nella penisola, la tendenza a puntare su ciò che già lavora bene, e la complessità delle procedure legali, ma la riduzione dei costi di costituzione potrebbe essere un buon incoraggiamento alla crescita. ... Leggi di più Leggi meno
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24/09/2021
Un caricatore unico in Europa
Un caricabatterie per dominarli tutti. Questa la nuova strategia della Commissione Europea che ha presentato una proposta per uniformare lo standard dei caricatori per dispositivi mobili. La Commissaria Europea per la concorrenza e la digitalizzazione Margarethe Vestager in una conferenza stampa del 23 settembre ha delineato una serie di proposte per stabilire regole comuni per la ricarica di dispositivi come telefoni, tablet, cuffie e altri dispositivi elettronici. "I consumatori europei sono stati frustrati abbastanza a lungo con caricabatterie incompatibili che si accumulano nei loro cassetti" ha detto Vestager. Secondo la posizione della Commissione i produttori di tecnologia avrebbero dovuto prendere provvedimenti per unificare i propri standard. "Abbiamo dato all'industria un sacco di tempo per trovare le proprie soluzioni" ha detto Vestager. "Ora i tempi sono maturi per un intervento legislativo volto a unificare lo standard dei caricatori". Secondo il piano della Commissione lo standard comune dovrebbe diventare la porta USB-C, attualmente la più diffusa sul mercato. Oltre a migliorare il welfare dei consumatori l’iniziativa della Commissione è volta a ridurre la quantità di e-waste. Secondo le stime presentate da Vestager, nel solo 2020 nell’UE sono stati venduti circa 420 milioni di telefoni e dispositivi che rientrerebbero nel campo di applicazione della nuova direttiva. La proposta sarà ora vagliata dal Consiglio UE - che rappresenta i 27 governi nazionali dell'Unione - e dal Parlamento europeo. Alcune grandi aziende tecnologiche stanno tuttavia già opponendo resistenza alla mossa di Bruxelles. Prima fra queste c'è Apple, che ha risposto con una nota sostenendo che "sfortunatamente questo provvedimento interromperà un ecosistema fiorente, creerà più rifiuti elettronici e maggiori disagi agli utenti". L'azienda di Cupertino ritiene inoltre che l'innovazione intorno ai caricatori sarà bloccata se l'UE imporrà una legislazione tanto pervasiva. Voi cosa ne pensate? ... Leggi di più Leggi meno
News (Big Tech)
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26/08/2021
L'Europa che fa sull'Afghanistan?
In Afghanistan è andata in scena in questi giorni la drammatica ritirata delle forze internazionali che da venti anni erano presenti nel Paese. Il ritiro delle truppe e del personale diplomatico e civile è stato deciso unilateralmente dagli Stati Uniti, che negli scorsi mesi hanno trattato con i leader talebani. In questo processo però è totalmente mancato un ruolo dell'Unione Europea che, nel pieno di una delle più importanti crisi geopolitiche degli ultimi anni, ha reso evidente l'assenza di passi avanti nella sua dimensione internazionale. I Paesi dell’Unione Europea in questa fase sono andati in ordine sparso. Non c'è stato coordinamento per riportare a casa il proprio personale civile e diplomatico. Ogni Stato ha pensato ai propri interessi nazionali - come se fossimo ritornati indietro di 70 anni. È emersa, insomma, tutta la debolezza della politica estera europea, a cui si aggiunge la cronica incapacità dei paesi europei di dotarsi di una solida politica migratoria europea. Rispetto alla crisi migratoria del 2015, quando oltre un milione di siriani bussarono alle nostre porte, l'Europa non sembra aver fatto passi avanti, anzi. La via segnata sembra essere ancora quella dell'esternalizzazione delle frontiere, con la stipula di accordi con paesi confinanti con l'Afghanistan come Pakistan e Iran, sulla falsariga di quanto fatto con la Turchia negli ultimi anni. A questi accordi si aggiunge la costruzione di nuovi muri: Lituania e Grecia hanno infatti annunciato la loro intenzione di costruire fortificazioni lungo i propri confini per contenere l'ingresso di nuovi migranti. @riccardo_haupt ci parla el ruolo dell'UE nella crisi Afghana #afghanista #talebani #taliban #kabul #ue #eu #europeanunion #unioneeuropea ... Leggi di più Leggi meno
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20/08/2021
Il piano italiano per la transizione ecologica
Gli eventi climatici estremi sono diventati sempre più frequenti e più devastanti. Dopo le alluvioni di Germania e Austria, gli incendi in tutto il mondo, le alluvioni nel comasco e in ultimo le alte temperature registrate in Sicilia emerge solo un dato: nessuno è al sicuro dall'emergenza climatica e servono misure urgenti per il contrasto, politiche ispirate allo sviluppo sostenibile che tengano conto degli obiettivi stipulati con l'Accordo di Parigi. Proprio in questa direzione sembra andare il nuovo Piano per la transizione ecologica approvato dal Comitato interministeriale per la Transizione ecologica-Cite. Il Piano che ha l'obiettivo di guidare l'Italia verso la neutralità climatica entro il 2050 e di ridurre del 55% le emissioni inquinanti entro il 2030, tocca tutti gli ambiti della società concentrandosi maggiormente sui settori industriali ed edilizio. In sostanza nei prossimi anni il Piano per la transizione ecologica, formato da cinque macro-obiettivi: neutralità climatica; azzeramento dell’inquinamento; adattamento ai cambiamenti climatici; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi; transizione verso l’economica circolare e la bioeconomia, sarà il documento a cui fare riferimento per la creazione di nuove politiche per uno sviluppo sostenibile del Paese. Queste misure arrivano in un anno importante per l'Italia, che guida il G20 e con il Regno Unito, la Cop26 e fanno ben sperare, posizionando il nostro Paese come uno tra i più virtuosi in Unione Europea. #Sostenibilità #Cambiamentoclimatico #COP26 #G20 ... Leggi di più Leggi meno
Rinnovabili (Innovazione),CO2 (Inquinamento)
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06/08/2021
5 proposte di legge di iniziativa popolare
Spesso le istituzioni dell'UE vengono vissute come entità lontane e inarrivabili per almeno due ragioni. La prima è strutturale: le istituzioni dell'UE rappresentano centinaia di milioni di cittadini, il che le pone su un gradino naturalmente più alto e distante rispetto alle amministrazioni nazionali o locali. Un'altro elemento è invece comunicativo: in pochi sanno infatti di aver la possibilità di far sentire la propria voce attraverso strumenti come le Petizioni al Parlamento Europeo e l'Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE). Le ICE negli ultimi anni sono cresciute per numero e importanza dei temi proposti. Si tratta di richieste finalizzate all'adozione di determinati atti, decisioni e provvedimenti e devono rispettare delle specifiche norme di ammissibilità. Il primo passo da compiere per presentare una nuova ICE, è la composizione di un “comitato di cittadini”, che deve essere formato da un minimo di sette persone residenti in almeno sette diversi Stati membri. La Commissione, se ritiene ammissibile la proposta, dà l'ok per la raccolta firme. È infatti necessario raccogliere un milione di firme entro dodici mesi, distribuite omogeneamente sul territorio dell'UE. Dopo la raccolta firme la Commissione è tenuta a pubblicare l’iniziativa in un registro e incontrare gli organizzatori. Dopo il confronto con la Commissione, il comitato promotore ha la facoltà di presentare la propria iniziativa in audizione pubblica al Parlamento Europeo. La Commissione Europea ha dunque sei mesi per fornire le proprie conclusioni giuridiche e politiche in merito all’iniziativa e un elenco delle azioni che intende adottare con annesso un preciso calendario di attuazione. Insomma uno strumento dotato di grande potenziale di influenza delle politiche europee e di attivazione dei cittadini di diversi stati, di cui pero' solo pochi cittadini europei sono al corrente. L'organizzazione EUmans stima infatti che solo 8,5 per cento dei cittadini europei conosce l'esistenza dell'ICE. Anche in Europa quindi 'sapere è potere'. ... Leggi di più Leggi meno
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02/08/2021
Le opportunità per realizzare i propri progetti
La pandemia ha segnato un punto di rottura della storia recente in cui molte persone sono state costrette - o si sono determinate - a reinventarsi. Trovare occasioni per orientarsi in una fase storica convulsa come quella che stiamo vivendo può essere complicato e spesso molte delle possibilità - anche se presenti - non riescono ad essere colte da giovani lavoratori e non per problemi di comunicazione e scarsa accessibilità delle informazioni. Fra queste opportunità giocano oggi un ruolo significativo quelle offerte dalle istituzioni europee che ogni anno aprono bandi, offrono posizioni ed esperienze di cui frequentemente i cittadini e le cittadine dell'UE fanno fatica a venire a conoscenza. Europa Creativa, il progetto di mobilità 'Erasmus per giovani imprenditori' e il Corpo Europeo di Solidarietà sono solo alcuni esempi di progetti indirizzati alle nuove generazioni per mettere a terra le proprie idee e costruirsi un futuro professionale più solido e con una prospettiva più ampia ed europea. Spesso attorno a noi esistono più possibilità di quante non pensiamo, sta a noi e alle istituzioni creare un punto di incontro fra domanda e offerta e in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. #creativeeurope #cofoe #eu #NextGenerationEu #eujobs #ripartenza #lavoro #giovani ... Leggi di più Leggi meno
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28/06/2021
La spesa in istruzione e ricerca
"Per fare ricerca devi andare all'estero"; "L'Italia a livello accademico paga caro il suo brain drain"; "I ricercatori italiani sono fra i più apprezzati nelle università e nei centri di ricerca internazionali". Siamo ormai abituati a sentire e leggere queste frasi. Ma qual è la causa originaria di questi fastidiosi ritornelli? Una recente analisi di @osservatorioCPI la mette in luce in un grafico in cui si confrontano gli investimenti in Ricerca e Sviluppo italiani con quelli dei principali paesi europei. Il quadro che ne esce è desolante. Dalla stessa analisi condotta dal centro di ricerca guidato dal prof. Carlo Cottarelli emerge anche che le misure adottate dall'attuale governo nell'ambito del PNRR in materia di Ricerca non sembrano sufficienti per accorciare le distanze con i nostri competitor internazionale. In Italia la spesa per ricerca e sviluppo è insomma gravemente carente rispetto alle principali economie avanzate e tutto ciò ha inevitabili ricadute negative in termini di produttività e crescita economica del nostro paese. Uno sguardo al dettaglio dei dati aiuta a comprendere la portata del nostro ritardo. Per raggiungere il livello francese di spesa in R&S l’Italia necessiterebbe di circa 5 miliardi addizionali annui (e quindi strutturali). Se per i prossimi 6 anni (2021-2026) volessimo finanziare questa somma tramite i fondi del Next Generation EU, la ricerca dovrebbe quindi ricevere circa 30 miliardi. Per raggiungere i livelli tedeschi di investimento lo sforzo finanziario del nostro paese dovrebbe essere ancora maggiore: 10 miliardi addizionali ogni anno, cioè 60 miliardi su 6 anni. Il PNRR presentato dal governo e approvato in questi giorni dalla Commissione Europea prevede un investimento di 12,9 miliardi su sei anni destinati alla Componente “dalla Ricerca all’Impresa”. In questa cifra sono ricomprese anche le risorse provenienti dal programma React EU dell’UE e dal cosiddetto “Fondo Complementare” finanziato con risorse nazionali. L'Italia continua quindi a non essere un paese per ricercatori e la realtà rischia di rimanere immutata se il governo nei prossimi anni non investirà ulteriori risorse - tratte dal bilancio nazionale - per investire in una delle componenti essenziali per il rilancio della nostra economia. ... Leggi di più Leggi meno
Braindrain (Giovani),Spesa pubblica (Bilancio pubblico)
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23/06/2021
La nuova legge ungherese contro la comunità LGBT
La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha definito la legge ungherese che vieta film, libri scolastici e pubblicità che rappresentino persone omosessuali o transgender ai minori di 18 anni 'vergognosa'. Il commento è arrivato durante il discorso di approvazione del piano nazionale di ripresa del Belgio. Anche il presidente del Parlamento UE David Sassoli ha espresso il suo disappunto e 17 Paesi UE hanno chiesto alla Commissione di agire contro l’Ungheria. Come simbolo dell’impegno, il Parlamento dell'Unione Europea si illuminerà dei colori dell'arcobaleno e all’entrata della sede di Bruxelles verrà issata una bandiera LGBT. A poche ore di distanza, il governo di Budapest ha reagito dichiarando a loro volta vergognose le parole di Von der Leyen perché basate su accuse false. Viktor Orban ha poi rinunciato a presentarsi alla partita Germania-Ungheria. #lgbt #pride #vonderleyen #ungheria #loveislove #europeanunion #lgbtq+ #pridemonth ... Leggi di più Leggi meno
Diritti nella storia e nel mondo (Comunità LGBTQ+)
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26/05/2021
Investimenti sostenibili
Durante il suo discorso di insediamento come Presidente della Commissione Europea, nel dicembre 2019, Ursula von der Leyen ha dichiarato “se c'è un settore in cui il mondo ha bisogno della nostra guida, è la protezione del clima. È una questione di vita o di morte per l'Europa - e per il mondo intero”, annunciando un cambio di passo per ribadire il ruolo europeo di leadership globale sulle questioni ambientali. Il 21 aprile 2021, la Commissione ha adottato un ambizioso pacchetto di misure per migliorare il flusso di capitali verso attività sostenibili in tutto il continente, che rientra nel Piano d’azione per la Finanza Sostenibile e ha l’obiettivo di fornire i criteri necessari all’assegnazione dei fondi del Green Deal. In questo pacchetto è inclusa la Tassonomia per la finanza sostenibile: un rigoroso dizionario per definire in modo univoco quali attività economiche possono essere definite sostenibili e che affida definitivamente alla finanza il ruolo di game-changer nella lotta ai cambiamenti climatici. Secondo questa Tassonomia, si definiscono sostenibili solo le attività che contribuiscono al raggiungimento di almeno uno di sei obiettivi, senza danneggiare nessuno degli altri: 1) Mitigazione dei cambiamenti climatici 2) Adattamento a cambiamenti climatici 3) Uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine 4) Transizione verso un’economia circolare 5) Prevenzione e riduzione dell’inquinamento 7) Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi Nonostante l’adozione di questa Tassonomia sia una notizia rivoluzionaria per la sfida di rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, mette anche in luce quanto, ad oggi, le nostre economie non siano ancora pronte a sostenere la transizione sostenibile. Infatti, se nel 2018 il 48,4% degli Asset under Management europei erano classificati come sostenibili, solo il 3% di questi risulta è allineato ai criteri della nuova Tassonomia. ... Leggi di più Leggi meno
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21/05/2021
Italia e i (molti) fondi europei
Il 30 aprile scorso il governo Draghi ha presentato alla Commissione Europea il proprio PNRR: il piano da più di 200 miliardi di euro che dovrebbe aiutare il nostro paese a riprendersi dallo shock economico e sociale prodotto dalla pandemia. Il dibattito in Italia si è naturalmente concentrato sulla prospettiva interna: quanto, come, quando e da chi saranno spesi i fondi europei in Italia? Sembra però interessante anche pensare al ruolo e al peso giocato dal nostro piano sul totale dei fondi che gli Stati Membri hanno deciso di allocare per la ripresa. Sul totale dei 750 miliardi che compongono il Next Generation EU, infatti, circa il 27% dei fondi sarà destinato all'Italia - tanto in termini relativi quanto in termini assoluti saremo quindi di gran lunga il primo paese beneficiario dello strumento europeo per la ripresa. Per farsi un'idea, la Francia, uno dei paesi europei più assimilabili all'Italia per PIL e popolazione, riceverà 'solo' 41 miliardi di fondi, contro gli oltre 200 del nostro paese. Molto interessante sembra anche il raffronto sulle diverse strategie adottate dai grandi paesi europei all'interno dei rispetti piani di ripresa. Il think tank Bruegel ha messo a raffronto i diversi piani dei grandi paesi europei e dallo studio emerge ad esempio che la Germania prevede di spendere più della metà dei fondi per la digitalizzazione, mentre gli altri tre grandi paesi spenderanno in digitale solo un quarto o meno delle risorse a loro disposizione. La Francia, invece, prevede di spendere la metà della sua quota di fondi in transizione ecologica, mentre gli altri tre paesi spenderanno circa il 40%. Al netto della differente allocazione delle risorse, dopo l'ok da parte della Commissione atteso nelle prossime settimane, il nostro piano sarà l'osservato speciale nel corso delle riunioni dei 27 paesi dell'UE riuniti nel Consiglio Europeo che dovranno dare l'approvazione finale al nostro PNRR. Sarà questo il vero banco di prova per la strategia di Mario Draghi, per il suo governo e per la sua credibilità internazionale. #pnrr #recovery #draghi #commissione #europa ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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21/05/2021
Sono raddoppiati i fondi europei per il programma Erasmus
Dopo quasi due anni di negoziato e dopo l’approvazione del Consiglio, il Parlamento Europeo ha dato il via libera al programma Erasmus+ per il 2021-2027, raddoppiando l’investimento che passa da 14 a 28 miliardi di euro. Che cosa cambia? Il programma Erasmus+ ora sarà più esteso e inclusivo e contribuirà a plasmare la vita di milioni di giovani, così come è successo negli ultimi decenni nei 27 Paesi dell’UE più Islanda, Liechtentstein, Norvegia, Repubblica della Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Il Programma punterà ad adattare il capitale umano europeo al mercato del lavoro in perenne trasformazione e sarà finalizzato ad ampliare l’acquisizione di nuove competenze, l’integrazione europea e l’adattamento ai grandi processi di cambiamento collegati alla transizione ecologica e digitale in corso, grazie anche al nuovo capitolo dedicato all’inclusione che consentirà alle persone più svantaggiate di poter aderire al programma con finanziamenti aggiuntivi. #Erasmus #Erasmus+ #Europa FACEBOOK: I fondi del programma Erasmus+ sono raddoppiati. Dopo quasi due anni di negoziato e dopo l’approvazione del Consiglio, il Parlamento Europeo ha dato il via libera al programma Erasmus+ per il 2021-2027, raddoppiando l’investimento che passa da 14 a 28 miliardi di euro. Che cosa cambia? Il programma Erasmus+ ora sarà più esteso e inclusivo e contribuirà a plasmare la vita di milioni di giovani, così come è successo negli ultimi decenni nei 27 Paesi dell’UE più Islanda, Liechtentstein, Norvegia, Repubblica della Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Il Programma punterà ad adattare il capitale umano europeo al mercato del lavoro in perenne trasformazione e sarà finalizzato ad ampliare l’acquisizione di nuove competenze, l’integrazione europea e l’adattamento ai grandi processi di cambiamento collegati alla transizione ecologica e digitale in corso, grazie anche al nuovo capitolo dedicato all’inclusione che consentirà alle persone più svantaggiate di poter aderire al programma con finanziamenti aggiuntivi. ... Leggi di più Leggi meno
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10/05/2021
La fuga dei cervelli in Italia
Perdere giovani per un paese con un tasso di natalità molto basso equivale a rinunciare al proprio futuro. Per gli esperti di demografia è infatti ormai chiaro che il nostro sia un paese nel pieno di un crescente calo demografico e con un tasso di invecchiamento della popolazione superiore alla media degli altri paesi europei. A fronte di questi dati sembra fondamentale che lo Stato si adoperi affinché quei (pochi) giovani che abbiamo restino in Italia e contribuiscano a porre le basi di un paese più equo e bilanciato in futuro. La questione della "diaspora giovanile" non è peraltro da considerare un problema del futuro. Ai costi prospettici, infatti, si affiancano le ricadute immediate sulla nostra società. Confindustria stima che una famiglia spenda circa 165.000 euro per crescere ed educare un figlio fino ai 25 anni, mentre lo Stato ne spende, a sua volta, 100.000 in scuola e università. A fronte dell'altissimo numero di espatri post laurea o diploma dei giovani italiani, si tratta di una perdita del capitale investito di decine di miliardi di cui beneficiano i paesi di destinazione dei nostri emigrati. In termini di mancate entrate fiscali, invece, l'ISTAT stima che lo Stato italiano perda più di 25 miliardi di euro di mancato gettito fiscale dai laureati all'estero. I programmi specifici di contrasto al brain drain italiano non si sono fino ad oggi rivelati del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono la parte fondamentale del capitale umano su cui costruire il nostro futuro. La pubblicazione del nuovo PNRR presentato il 29 aprile scorso dal nostro governo alla Commissione europea sembrerebbe andare nella direzione giusta. Sono state infatti aumentate le risorse destinate ai giovani a cui si affiancano gli ingenti stanziamenti in favore di istruzione e ricerca. Sul capitolo dei giovani - come del resto per tutto il piano di ripresa italiano - rimangono ora solo le preoccupazioni sull'effettiva capacita di questo e dei prossimi governi di tradurre le disposizioni programmatiche del piano in misure concrete e riforme solide per un paese che torni ad essere attrattivo per le nuove generazioni. #pnrr #giovani #braindrain #disoccupazione ... Leggi di più Leggi meno
Braindrain (Giovani)
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09/05/2021
Perchè la bandiera europea ha 12 stelle?
Il 25 marzo 1957 vengono firmati i Trattati di Roma, considerati come l'atto di nascita della grande famiglia europea. I due trattati istituiscono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell'energia atomica (Euratom). Ma qual è la storia della bandiera europea? La bandiera europea simboleggia sia l'Unione Europea, sia l'unità e l'identità dell'Europa in generale, e nasce nel 1955. Fu il “Consiglio d’Europa”, impegnato nella promozione della cultura europea e nella difesa dei diritti umani, a lanciare un bando per la realizzazione della bandiera, vinto dal francese Arsène Heitz, anche se inizialmente la sua proposta prevedeva 14 stelle. Le 12 stelle non rappresentano il numero degli Stati membri. Questo numero fu scelto perché in alcune tradizioni rappresenta il simbolo della perfezione, della completezza e dell'unità. Non è quindi come la bandiera americana, le cui stelle sono cambiate man mano che uno Stato veniva aggiunto. Tra le proposte presentate al bando del 1955: una bandiera con una croce rossa dentro un cerchio giallo su drappo blu, una bandiera bianca con 15 stelle verdi, una con un'enorme "E" verde su sfondo bianco, e quella di una singola larga stella d'oro su drappo blu. Dal 1986 tutte le Istituzioni e gli organismi dell'Unione sono rappresentati da un emblema unico e, per la prima volta, il 29 maggio 1986, la bandiera europea fu issata a Bruxelles. L'Italia ha stabilito con una Legge del 1998 che la bandiera italiana e quella europea devono essere esposte insieme all'esterno degli edifici pubblici, dei seggi elettorali, delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all'estero. Oggi, con 27 Stati membri e un'Unione Europea sempre più complessa e chiamata a risolvere crisi economiche e pandemiche, l'unità simboleggiata dalla sua bandiera non è mai stata così importante. #unioneeuropea #ue #europeanunion #eu ... Leggi di più Leggi meno
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06/05/2021
Ma chi è Ursula Von Der Leyen
In questi giorni si sta tenendo all'Istituto Europeo di Firenze l'annuale conferenza sullo Stato dell'Unione in cui ogni anno rappresentanti delle istituzioni europee, giornalisti e società civile europea si incontrano per confrontarsi sull'andamento dell'economia e della politica europea. Si tratta del secondo anno di Commissione Von der Leyen: l'ex ministra della difesa tedesca che per quattordici anni ha lavorato nei governi di Angela Merkel - nonostante si dica che fra le due non ci sia mai stato un rapporto idilliaco. Recovery Plan, piano vaccinale e ora il sofagate: gli ultimi dodici mesi hanno visto Von der Leyen al centro di una scena contrassegnata da battaglie epocali. Ma chi è davvero la tedesca, nata a Bruxelles, alla guida della Commissione Europea in una fase cruciale per il nostro futuro? Ce ne parla @riccardo_haupt #ursula #recovery #stateoftheunion #sofagate ... Leggi di più Leggi meno
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28/04/2021
Dov'è l'ambiente nel PNRR
Entro il 30 aprile tutti gli stati membri dell’Unione Europea dovranno sottoporre all’esame della Commissione il proprio piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il documento che definisce gli obiettivi su come saranno spesi i soldi del Recovery fund. Sino ad oggi nel caso di ambiente e transizione energetica sono state individuate solo le aree di intervento ma non sono stati specificati i progetti concreti in cui saranno utilizzati i fondi, ad eccezione della quantità di suolo che sarà utilizzato per l'installazione di pannelli ad energia solare (4,3 milioni di mq). Come sostengono la maggior parte della associazioni ambientaliste italiane oggi, l’economia verde e, più in generale, la lotta alla crisi climatica sono un’opportunità decisiva per l'Italia. Infatti con le risorse del PNRR si può puntare a una nuova industrializzazione fondata sulla ricerca per promuovere l’innovazione e l’economia circolare. A quest'ultima è dedicato solo 2,1 miliardi di euro, cioè poco più dell’1% delle risorse messe in campo. Tra i progetti concreti da finanziare subito , Legambiente ha identificato l’elettrificazione dei porti; l’idrovia Padova Venezia; la chiusura dell’anello ferroviario di Roma; la riduzione degli impatti ambientali nelle acciaierie come l’ex Ilva di Taranto e l’impianto di Cogne ad Aosta e la dismissione delle piattaforme non più operative. Non bastano i finanziamenti europei per realizzare i progetti necessari, ma servono anche delle riforme in parallelo. È necessario velocizzare l’iter di approvazione dei progetti e migliorare i controlli ambientali, come ha anche recentemente richiesto il Ministro Cingolani e come cerca di fare la nuova versione del PNRR, che si concentra molto sul taglio della burocrazia e sulla semplificazione degli interventi dello Stato. #Sostenibilità #Clima #PNRR ... Leggi di più Leggi meno
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12/04/2021
I giovani dove sono nel Recovery Plan?
La Commissione europea ha formulato le nuove linee guida per la scrittura del Recovery Plan, con una novità molto importante: gli investimenti per i giovani non sono più solo un obiettivo trasversale del Piano, ma ne diventano una priorità assoluta. Concetto ribadito anche del Parlamento italiano al Governo, nella relazione delle Commissioni Bilancio e Politiche UE a conclusione delle audizioni parlamentari sulla proposta di Recovery Plan. Per queste ragioni bisognerà fare modifiche profonde all’ultima versione ufficiale del Recovery Plan del 12 gennaio, anche perché l’Italia vanta primati molto negativi sul divario generazionale. L’Italia presenta infatti una situazione drammatica per quanto riguarda la condizione economica e sociale delle giovani generazioni. Il nostro Paese è primo in Europa per numero di NEET, giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione professionale; è secondo per disoccupazione giovanile; è penultimo per percentuale di laureati e quarto per abbandono scolastico. Bisogna quindi invertire la rotta, aumentando progetti e investimenti dedicati ai giovani che al momento risultano assolutamente insufficienti. Le risorse indirizzate ai giovani nel Piano italiano sono pari a €16,31 miliardi, con un incidenza solo del 7,28% sulle risorse complessivamente programmate. Bisogna fare molto di più, perché i giovani sono coloro che hanno sofferto di più gli effetti negativi della pandemia, perché rappresentano il futuro di questo Paese e perché sono coloro che pagheranno il conto di questo Piano. Il Recovery Plan è una straordinaria occasione per investire sul futuro del Paese e liberare le energie delle giovani generazioni. Bisognerà investire su infrastrutture, capitale umano qualificato, formazione, mercato del lavoro e cambio generazionale nella pubblica amministrazione, con l’obiettivo di diminuire il divario generazionale, di genere e territoriale. #RecoveryPlan #Giovani #futuro #Europa #NextGenerationEU #Draghi ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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02/04/2021
Bottiglie di plastica nel Mediterraneo
Ogni anno, nei mari dell’UE finiscono tra le 150mila e le 500mila tonnellate di rifiuti in plastica. Solo l’1% di tutti i rifiuti plastici galleggia in superficie. Il resto, quello che non vediamo, finisce direttamente sui fondali marini, entrando così nella nostra catena alimentare con migliaia di frammenti di plastica ingeriti quotidianamente. Inghiottiamo fino a 2000 minuscoli frammenti di plastica per settimana, che sono circa 5 grammi, l'equivalente in peso di una carta di credito, secondo il WWF. Se aggiungiamo anche il problema del riciclo dei materiali utilizzati per pescare, il risultato è che fiumi e mari resteranno per sempre colmi di plastica. Infatti, i rifiuti derivanti dalla pesca e dall'acquacoltura sono il 27% dei rifiuti che si trovano in mare. Oltre alle azioni del singolo consumatore, che vanno nella direzione di ridurre la plastica monouso, anche le istituzioni devono dare un buon esempio. In questa logica si inserisce la politica europea che già dal 2018 ha introdotto delle limitazioni ai sacchetti di plastica per la spesa, la proposta della Commissione Europea di impedire l'utilizzo di microplastiche nei cosmetici, e il divieto di plastica monouso a partire dal 2021. Ultima in ordine di tempo è la risoluzione non legislativa approvata dal Parlamento europeo, per limitare l'inquinamento dei corsi d'acqua europei. Questa risoluzione invita gli Stati membri a creare un Fondo speciale per la pulizia dei mari, gestito dal Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) con l'obiettivo di raccogliere i rifiuti marini e prevedere aree di deposito nei porti. Ogni prodotto che finisce in mare è un prodotto che esce dal ciclo dell'economia circolare e che perde quindi la possibilità di essere riutilizzato e di trasformarsi in una risorsa. Tutte le volte che si parla di pesca sostenibile ci si riferisce anche all'impatto degli strumenti utilizzati per questa attività, come le reti da pesca che sono un rischio per le specie marine. Se la riduzione e il corretto smaltimento della plastica non avviene anche nella pesca, non avremo mai un oceano in salute. #Oceano #UnioneEuropea #Plastica #Sostenibilità ... Leggi di più Leggi meno
Plastica (Inquinamento)
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17/03/2021
Green Digital Pass
La Commissione ha appena presentato la proposta per introdurre il 'Digital Green Certificate', una sorta di 'passaporto vaccinale' che verrà sviluppato nei prossimi mesi per permetterci di muoverci in sicurezza nell'UE, anche in vista della stagione turistica. La presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha detto di voler velocizzare l'adozione di questo regolamento e di sostenere gli Stati membri nell'introdurla, rispondendo anche alle molte preoccupazioni. Per la Commissione, il certificato non sarà una condizione preliminare per la libera circolazione, che è un diritto fondamentale nell'UE, ma è un'opportunità per gli Stati membri di adeguare le restrizioni esistenti per motivi di salute pubblica. I cittadini potranno anche richiedere una versione cartacea. Sia la versione digitale che quella cartacea avranno un codice QR che conterrà le informazioni essenziali, oltre a un 'sigillo' digitale per assicurare che il certificato sia autentico. Il certificato sarà valido in tutti gli Stati membri dell’UE e anche in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera. Sarà rilasciato a tutti i cittadini UE a prescindere dalla loro nazionalità, ai cittadini di Paesi terzi che risiedono nell’UE, e ai visitatori dei Paesi membri. Il certificato durerà fino a quando l’OMS non dichiarerà la fine dell’emergenza sanitaria. Entro l'estate, la Commissione predisporrà un'infrastruttura digitale che faciliterebbe l'autenticazione dei certificati. Rimane ancora da capire se i vaccini siano efficaci al 100% nel bloccare la trasmissione del virus e quanto sarà sicuro in termini di privacy e data security il nuovo Digital Green Certificate. #GreenDigitalCertificate #HealthEU #Europe ... Leggi di più Leggi meno
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14/03/2021
Il passaporto vaccinale è una buona idea?
In Cina il 'passaporto vaccinale' è realtà da poche ore: un certificato digitale che dichiara lo status vaccinale, accessibile attraverso la piattaforma social WeChat. Tra pochi giorni, anche la Commissione Europea dovrebbe presentare la proposta definitiva per il 'Green Pass', un passaporto digitale che consentirebbe alle persone che sono state vaccinate contro il coronavirus di viaggiare più liberamente. Il progetto dovrebbe essere realizzato entro l'estate, per favorire la mobilità internazionale in vista della bella stagione. La sfida poi sarà facilitare i viaggi extra-europei: per questo Bruxelles punta a lavorare con organismi internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Ocse per rendere il 'Green Pass' valido anche al di fuori dell’Unione Europea. Ma non tutti i Paesi la pensano allo stesso modo: la nostra @silviabocc ci racconta come, nonostante la fretta per la stagione turistica alle porte, ci siano ancora molte preoccupazioni per le implicazioni etiche e legali. #greenpass #passaportovaccinale #covid_19 ... Leggi di più Leggi meno
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11/03/2021
LGBTQ+ FREE ZONES
Il Parlamento europeo ha appena approvato una risoluzione che dichiara l'intera Unione Europea una 'zona di libertà' per le persone LGBTIQ, in quella che è principalmente una risposta alla Polonia, dove oltre cento città del Paese si erano dichiarate 'zone libere dall'ideologia LGBT' due anni fa. La risoluzione si concentra principalmente sulla Polonia, ma è indirizzata anche ad altri Paesi dell'UE. L'Ungheria ad esempio ha adottato lo scorso anno una legge che vieta di fatto il riconoscimento legale del genere per le persone trans e intersessuali, e solo due Paesi dell'UE, Germania e Malta, hanno finora vietato le 'terapie di conversione', tentativi di cambiare forzatamente l'orientamento sessuale di una persona. Lo scopo della risoluzione presentata da un gruppo trasversale al Parlamento europeo, l'intergruppo LGBTI, è di esercitare pressioni perché la Commissione implementi misure concrete per fermare le discriminazioni di questi governi, comprese le procedure di infrazione, l'articolo 7 sul rispetto dei valori su cui si fonda l'Unione e soprattutto il nuovo meccanismo di bilancio legato allo Stato di diritto. L'anno scorso, l'Unione europea ha rifiutato le sovvenzioni nell'ambito di un programma di gemellaggio a sei città polacche a causa del loro atteggiamento nei confronti della comunità LGBT. Da inizio gennaio 2021 è entrato in vigore, ma non è ancora stato utilizzato dalla Commissione, il meccanismo che sospende i pagamenti dal bilancio UE a uno stato membro in caso di violazione dello Stato di diritto, cioè da quei principi secondo cui i governi non dovrebbero prendere decisioni arbitrarie e i cittadini dovrebbero essere liberi di contestarne l’operato. Oggi, durante una discussione in Parlamento molti deputati hanno sottolineato che utilizzeranno tutti i mezzi a loro disposizione se la Commissione non adempirà ai suoi obblighi. #LGBTIQfreedomzone ... Leggi di più Leggi meno
Diritti nella storia e nel mondo (Comunità LGBTQ+)
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10/03/2021
Big Pharma e l'UE
La campagna vaccinale in USA e UK corre, mentre la strategia europea sui vaccini è al centro di numerose polemiche e tensioni. Al Parlamento Europeo la europarlamentare Manon Aubry ha attaccato duramente la Commissione accusandola - in un video molto condiviso sui social - di essersi 'inchinata al cospetto dei Big Pharma'. Di fronte a queste nuove tensioni arrivano in soccorso dell'Unione Europea i dati su questi primi mesi di campagna di approvvigionamento comune che, al netto dei ritardi delle primissime settimane, raccontano di un significativo aumento delle dosi disponibili, non accompagnato da una sufficiente capacità degli Stati Membri di inoculare i vaccini. Attualmente si stima che in Europa venga utilizzato in media il 70% dei vaccini disponibili e che in Italia i vaccini inutilizzati si aggirino attorno ai tre milioni. Rimane aperto e complicato il dossier AstraZeneca, la casa farmaceutica anglosvedese che fino ad ora ha creato non pochi problemi per la fornitura dei vaccini all’UE. L’azienda si fa scudo grazie alla ‘best effort clause’, una clausola che obbliga le case farmaceutiche a fare del loro meglio per onorare gli impegni contrattuali. Di fronte quindi a degli oggettivi problemi di produzione riscontrati da AstraZeneca, risulta difficile per l’UE invocare l’inadempimento da parte della casa anglosvedese dei suoi oneri contrattuali. Il problema pero’ è che mentre AstraZeneca sollevava queste argomentazioni di fronte all’UE, centinaia di migliaia di dosi di suoi vaccini continuavano ad essere spedite a paesi extra UE. Di fronte a tali comportamenti, l’UE ha emanato un regolamento che concede ai singoli Stati la possibilità di bloccare l’esportazione di prodotti farmaceutici al ricorrere di determinate condizioni. Il governo italiano, di comune accordo con la Commissione, decide dopo poche settimane di usare questo nuovo strumento per bloccare la spedizione di 250 mila vaccini AstraZeneca diretti in Australia. Il nostro @riccardo_haupt ci parla di come si sono svolti i fatti a partire da giugno con l'avvio della strategia europea sui vaccini sino ad arrivare alle polemiche di questi giorni. #vaccini #UE #bigpharma #pfizer #astrazeneca ... Leggi di più Leggi meno
Diffusione (Vaccini),Diplomazia (Vaccini)
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23/02/2021
Il paradosso della ricerca in Italia
Il Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) è la più importante e celebre istituzione finanziatrice di progetti di ricerca in Europa. I migliori ricercatori europei ogni anno candidano i propri progetti per vedersi assegnare dei fondi europei che gli permettano di svilupparli. Dai dati annuali pubblicati dall'ERC emerge che i ricercatori italiani sono i primi beneficiari dei fondi con 47 progetti finanziati nel 2020, davanti ai ricercatori tedeschi (45 progetti) e quelli francesi (27 progetti). Il dato conferma la grande qualità del lavoro dei nostri ricercatori, da anni apprezzatissimi a livello internazionale. Dai dati ERC emerge però anche una brutta notizia per il nostro paese: la gran parte dei fondi di cui i ricercatori italiani sono assegnatari vengono utilizzati in università e istituti di ricerca di altri paesi dell'UE. Le nostre università sono infatti nelle ultime posizioni fra quelle dove i fondi ERC vengono effettivamente spesi. In questa classifica risultiamo all'ultimo posto fra i grandi paesi europei. L'incrocio dei due dati ci offre una fotografia desolante di un paese che che da una parte forma e investe in persone che poi pero' non trovano occasioni all'altezza delle loro aspettative e che decidono quindi di andare all'estero a fare ricerca. Secondo le più recenti stime in Italia spendiamo mediamente 500mila euro per formare un ricercatore capace di vincere un progetto ERC. Di questa situazione si avvantaggiano in particolare paesi come Regno Unito, Olanda e Francia che si ritrovano (gratuitamente) in casa alcuni dei migliori cervelli d'Europa formatisi nel nostro paese. #ricerca #braindrain #università #fugadeicervelli ... Leggi di più Leggi meno
Braindrain (Giovani)
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04/02/2021
Le scadenze del Recovery Fund
L’arrivo previsto dei fondi europei per la ripresa si avvicina, ma l’Italia rischia di arrivare in ritardo alle scadenze imposte dall'UE Dei 750 miliardi del Next Generation Eruope all’Italia spetta la fetta più grossa, 209 miliardi, di cui 127 miliardi di prestiti e 81,4 miliardi di sussidi. Facile se non fosse che per poter beneficiare di questi soldi l’Italia dovrà presentare il proprio piano, denominato Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) entro il 30 aprile 2021, termine tuttavia non tassativo. L’Italia, dopo l'approvazione del nostro piano nazionale da parte del Consiglio dei ministri e' entrata in una fase di stallo dovuta alla crisi di governo che ha rallentato i lavori sul PNRR. La commissione Europea conta di ricevere già prima della scadenza formale di Aprile il testo definitivo in modo tale da poter avviare un dialogo costruttivo con il nostro governo sul documento. Rimangono tuttavia ancora da sciogliere dei nodi cruciali, primo fra tutti l’indicazione della governance che dovrà guidare le operazioni e in secondo luogo la definizione della stima dei costi. Tutto questo sarà solo un preambolo della fase più importante e critica, quella esecutiva, nella quale i fondi europei saranno erogati in tranche ogni sei mesi e, se allo scadere dei sei mesi gli obiettivi prefissati nel piano nazionale non saranno raggiunti, l’erogazione verrà sospesa. Una grande sfida considerando che il nostro paese e' storicamente uno dei paesi europei meno capaci di spendere i fondi messi a disposizione dall'UE. @Economiain10secondi ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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03/02/2021
Cos'è la maggioranza Ursula
In piena crisi di governo, per scongiurare le elezioni anticipate e sostenere il governo istituzionale di Mario Draghi è tornata dominante l’espressione “maggioranza Ursula”.  Coniata da Romano Prodi nell’agosto del 2019 per superare le difficoltà della crisi del Conte I e indicare una maggioranza parlamentare europeista composta dai partiti italiani che avevano sostenuto l'elezione a presidente della commissione europea di Ursula Von der Leyen il 16 luglio del 2019.   I partiti italiani che hanno votato Ursula Von der Leyen sono stati il Partito Democratico, Forza Italia, Italia Viva che nel 2019 faceva parte del Partito Democratico e il Movimento 5 stelle che ha permesso l’elezione di Ursula Von der Leyen con i suoi 14 voti determinanti. La presidente della commissione europea è stata infatti eletta con 383 voti a favore, con soli 9 voti in più rispetto alla maggioranza prevista. Senza i voti del Movimento 5 Stelle, la maggioranza composta dal Partito Popolare Europeo, dai liberali e dai Socialisti e Democratici sarebbe arrivata a 369 voti senza ottenere quindi la maggioranza richiesta. Il termine ha inoltre un grande significato politico perché richiama questi partiti a trovare un accordo per una coalizione filo-europea, allargata alle forze che non sono presenti nel parlamento europeo e che duri l'intera legislatura. Nell’agosto 2019 Forza Italia non rispose all’appello di “maggioranza Ursula” a sostegno del Conte II, oggi invece potrebbe essere “sensibile” alla scelta di Mario Draghi come Presidente del Consiglio.  ... Leggi di più Leggi meno
Nazionali (Elezioni)
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31/01/2021
I fondi europei che dobbiamo spendere
Non c’è più tempo da perdere: bisogna spendere questi fondi entro la fine del 2023. Altrimenti verranno cancellati dalla clausola del disimpegno automatico. Le Regioni e alcuni ministeri devono infatti ancora smaltire ben 38 miliardi previsti nei 74 programmi italiani 2014-2020 finanziati dal Fondo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo sociale (Fse) e dal fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr). Di questi più di 29 miliardi sono risorse europee. Il resto è cofinanziamento nazionale. I fondi strutturali sono la modalità principale con cui l’Unione Europea redistribuisce i soldi che riceve da ogni stato e la decisione sulla spesa di questi fondi viene presa ogni sette anni con il “Quadro finanziario pluriennale”. I primi due fondi riguardano i cosiddetti “fondi di coesione” che hanno l’obiettivo di promuovere la crescita economica e ridurre le disuguaglianze all’interno dell’Unione, il Feasr riguarda invece l’agricoltura e la pesca, attività che nella maggior parte dei casi sopravvivono grazie ai fondi comunitari. Tra i casi più problematici ci sono il programma operativo nazionale (Pon) Legalità, gestito dal ministero dell’interno, che deve certificare ancora 578 milioni di euro, il programma operativo regionale (Por) Fesr Sicilia che deve certificare ancora 2,7 miliardi su 4,3 in dotazione e la Regione Campania che deve usare ancora 2,6 miliardi per il programma Fesr. La Puglia presenta un primato per la capacità di spesa del Por Fesr-Fse, mentre ha chiuso l’anno con 95 milioni a rischio disimpegno per quanto riguarda i fondi agricoli del programma di sviluppo rurale (Psr) Feasr. Infine sono menzionate le Marche e la Calabria per due primati da sottolineare: la prima con la percentuale più bassa di spesa certificata per il Por Fesr e la seconda invece per il primato positivo di spesa dei fondi agricoli.  La fotografia è stata scattata dall’Agenzia per la coesione territoriale e fornisce anche una buona notizia: tutti i 51 programmi operativi regionali e nazionali hanno raggiunto l’obiettivo di spesa del 2019, evitando per ora la clausola del disimpegno automatico. ... Leggi di più Leggi meno
Spesa pubblica (Bilancio pubblico)
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29/01/2021
L'inquinamento dell'aria in Europa
A novembre dello scorso anno, l'Italia è stata multata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Il motivo? Aver violato “in maniera sistematica e continuata” le norme europee sulla qualità dell’aria. Oltre ad aver superato i livelli massimi di particelle tossiche nell'aria, l'Italia non ha adottato delle misure per garantire il rispetto di questi limiti. L'Italia così si unisce a tutti quei Paesi dell'UE che hanno violato le regole europee sulla qualità dell'aria, 21 in totale. L'Italia resta il Paese europeo con il numero maggiore di decessi provocati dall'NO2, un gas tossico causato da centrali termoelettriche, riscaldamento e traffico e il secondo per particolato dopo la Germania. In poche parole, la Pianura Padana è tra le aree peggiori d'Europa. È pur vero che la situazione della Pianura Padana è dovuta alla conformazione  del Bacino: vengono emesse molte sostanze inquinanti che in Pianura Padana è più complesso “diluire” perché le montagne che la circondano ostacolano il movimento dell’aria. Secondo il Global Ranking of Cities, uno studio sulle città più inquinate in Europa, tra le prime 10 per mortalità ci sono Brescia, Bergamo, Vicenza e Saronno (per polveri sottili). Mentre nella classifica per morti da NO2 ci sono: Torino e Milano. Se ogni anno si rispettassero le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per ridurre la contaminazione dell'aria, a livello europeo si eviterebbero 51.213 morti premature per le polveri sottili. Non solo. La bassa qualità dell’aria infatti è condizione diffusa praticamente ovunque: più di 8 europei su 10 sono esposti a valori eccessivi di particolato. A livello europeo sono state prodotte molte Direttive come il sistema cosiddetto ETS che fissa per ciascun singolo stato membro un limite nella quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema, e, progressivamente, questo limite viene ridotto. In Italia, invece, il Decreto Legge Clima ha introdotto il bonus mobilità verde per la rottamazione di veicoli inquinanti e eliminato i sussidi che hanno un impatto negativo sull’ambiente. #Sostenibilità #Inquinamento #CarbonFree ... Leggi di più Leggi meno
CO2 (Inquinamento)
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26/01/2021
Il ritardo del vaccino AstraZeneca
Sembra ci vorrà ancora un po' prima che riceveremo le dosi previste del vaccino di AstraZeneca.  La casa farmaceutica infatti ha dichiarato settimana scorsa che i volumi previsti inizialmente per l'Europa non potranno essere consegnati a causa di un problema tecnico di produzione.  La campagna vaccinale europea ha già dovuto affrontare un calo temporaneo nella fornitura di vaccini Pfizer e BioNTech, e la Commissione Europea non ha preso bene l'annuncio di AstraZeneca.   Per l'Advance Purchase Agreement (APA), il contratto per lo sviluppo, la produzione, l'acquisto e la fornitura di vaccini contro il covid19 per gli Stati membri firmato ad agosto, Unione Europea e AstraZeneca avevano infatti raggiunto un accordo per l'acquisto di almeno 300 milioni di dosi, con un'opzione per altri 100 milioni su 3 miliardi previsti a livello globale.  Ma se questi vaccini non arrivano, secondo la Commissione Europea le opzioni sono due: o la casa farmaceutica anglo-svedese è indietro con la produzione, oppure ha venduto i vaccini altrove. Cosa succederà ora? Innanzitutto la European Medical Agency deve dare l'approvazione al vaccino verso fine mese, vaccino che è già utilizzato negli Stati Uniti, in UK e in altre parti del mondo. Poi, i termini dell'APA variano da accordo a accordo, ma il principio generale è che l'UE versi acconti alle aziende per garantirsi le dosi, denaro che dovrebbe essere utilizzato principalmente per espandere la capacità di produzione.  In questo caso Astra Zeneca ha ricevuto un pagamento anticipato di 336 milioni di euro. ll vaccino sarebbe dovuto essere consegnato intorno al 15 febbraio ma sembra che si stia verificando lo stesso problema anche in Thailandia e Australia.  I contratti dell'UE con i produttori di vaccini sono riservati, ma l'UE non esclude sanzioni per AstraZeneca, vista l'ampia revisione dei suoi impegni. #astrazeneca #vaccino #unioneeuropea ... Leggi di più Leggi meno
Diplomazia (Vaccini)
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04/01/2021
Il 5G è ormai realtà
Il 5G è ormai realtà, e manca poco prima che questa nuova tecnologia inizi a rivoluzionare le nostre vite, aprendo nuove frontiere tecnologiche.⁣ ⁣ Ma quali saranno i settori più investiti da questa novità in Europa? Un recente studio di Analysys Mason ha cercato di fornire un'analisi costi-benefici dell'adozione completa del 5G in Europa. In particolare, lo studio analizza quali sono i settori europei – alla luce delle priorità politiche della UE – che potrebbero essere maggiormente investiti da questa rivoluzione tecnologica. Si indagano i benefici non solo economici, ma anche sociali, ecologici e funzionali di cui l'Europa potrebbe godere.⁣ ⁣ Lo studio stima che, a fronte di 50 miliardi di euro di investimenti complessivi – di cui 20 pubblici – ci si aspetta un ritorno di circa 210 miliardi, cioè 4,5 volte tanto.⁣ ⁣ Come mostrato in grafica, il 5G aprirà le porte a importanti opportunità per alcuni settori in particolare: dal miglioramento dell'efficienza nella logistica e nei trasporti, ad un aumento dell'uso della robotica nella produzione; dalla riduzione del "digital divide" tra zone urbane e zone rurali – che permetterà di lavorare di più e meglio anche da queste ultime – a nuovi strumenti di raccolta e analisi dei dati per il settore agricolo; e ancora dalla possibilità di progettare le prime vere "smart cities", le città del futuro in cui l'iperconnessione diventa servizio al cittadino, ad una più efficiente gestione ecologica degli spostamenti e della mobilità, e una riorganizzazione del traffico cittadino.⁣ ⁣ #5G #digitalizzazione #tech ... Leggi di più Leggi meno
Connessione (Infrastrutture)
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31/12/2020
Stage non pagati: in Italia tutto uguale
Lo scorso ottobre, l'Europarlamento aveva approvato una risoluzione contro i tirocini non pagati. Le risoluzioni non sono vincolanti per gli Stati membri ma servono a dare un'indirizzo politico. ⁣⁣ In particolare, la risoluzione chiedeva l’introduzione di uno strumento giuridico comune a tutti con l’obiettivo di garantire una remunerazione equa, un ambiente di lavoro adeguato, un trattamento equo e paritario, e periodi di prova ragionevoli.⁣ ⁣⁣ Un tentativo simile, era stato concepito in Italia con il programma Garanzia Giovani, un sistema di politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo.⁣⁣ ⁣⁣ Questo piano però ha ottenuto scarsi risultati nonostante il finanziamento di 1,2 miliardi per il 2020. Infatti la disoccupazione giovanile è ancora altissima, superiore al 30% della popolazione attiva e i Neet, giovani under 35 che non studiano e non cercano lavoro, ha superato i 3 milioni. ⁣⁣ Secondo l'Anpal, su 1 milione e 390mila iscritti al piano Garanzia Giovani, il 77,8% risulta preso in carica ma solo il 56% (583.619) è stato di fatto avviato agli interventi di politica attiva. In più, secondo l'Inps, nel 2019 solo 4.685 persone sono state assunte grazie al piano Garanzia Giovani.⁣⁣ ⁣⁣ Come se non bastasse, le opportunità di tirocini extracurricolari si sono dimezzate: 96.376 nel primo semestre del 2020 contro le 185mila per lo stesso periodo del 2019 (-48%) a causa anche della crisi causata dal covid. ⁣⁣ La prospettiva non è quindi delle migliori e nella legge di bilancio per il 2021 manca un piano strutturato per affrontare questo problema. Tra le risorse del Next Generation EU, dei totali 196 miliardi, l'Italia ha intenzione di dedicare ai giovani e alle politiche del lavoro solo 3,2 miliardi. ⁣⁣ Ancora una volta, si potrebbe e si dovrebbe fare molto di più. Per questo sosteniamo la campagna @unononbasta_ per chiedere al governo di investire il 10% del Recovery Plan in giovani e lavoro anziché l'1% previsto finora. Per più info sulla campagna guarda le nostre stories in evidenza.⁣⁣ ⁣⁣ #unononbasta ... Leggi di più Leggi meno
Giovani e lavoro (Leggi)
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14/12/2020
Ma chi è Viktor Orban
Da 10 anni consecutivi Viktor Orban è a capo dell'Ungheria e al centro di molti dei più duri scontri politici consumatisi nell'ultimo decennio a livello europeo. La storia del primo ministro ungherese è a dir poco stupefacente, considerando che da giovane, ben prima di diventare il paladino della "democrazia illiberale", si è a lungo battuto per la democrazia in Ungheria e ha lavorato per la fondazione filantropica del miliardario americano George Soros. Per comprendere appieno il fenomeno Orban e l'Ungheria di oggi occorre guardare alla storia di un popolo uscito con ossa rotte e odio represso dalla prima guerra mondiale. Una ferita rimasta aperta fino ai nostri giorni o meglio fino a quando Orban non l'ha saputa sfruttare magistralmente a proprio favore ricreando il mito della Nazione e della madrepatria ungherese. Delle capriole umane e politiche di quello che l'ex presidente della commissione europea Jean Claude Juncker in apertura di un vertice europeo chiamò "il nostro piccolo dittatore" ci parla @riccardo_haupt ... Leggi di più Leggi meno
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10/12/2020
L'importanza degli investimenti in ricerca
La ricerca è uno degli investimenti più fruttiferi che uno Stato può fare e sarà importante ricordarselo soprattutto nei prossimi mesi: quando 200 miliardi di risorse dall’UE arriveranno sarà importante investirne una parte in ricerca scientifica. Secondo la Fondazione Umberto Veronesi, se l'Italia investisse quanto è stabilito dalle linee guida europee (il doppio di quanto si investe adesso), l'investimento sarebbe di 14 miliardi di euro e produrrebbe un guadagno stimato del 10%, per un totale di 1,4 miliardi. Il guadagno è anche occupazionale. Un caso concreto è ad esempio il Progetto Pink, che unisce fondi della Fondazione Veronesi a quelli del CNR per una diagnosi precoce ed estremamente accurata del tumore al seno (nel 2019, sono stati diagnosticati circa 53mila nuovi casi di tumori del seno tra le donne contro 500 nuovi casi tra gli uomini) attraverso metodiche di imaging integrate. Tutto questo comporta naturalmente un grande risparmio di risorse economiche a carico del SSN: più è precoce la diagnosi, meno si spende in cure. La ricerca medica ha anche un ritorno sociale perché migliora la qualità della vita misurata tramite Quality Adjusted Life Years (qualys), cioè quanto si guadagna in termini di vita attesa aggiustato per qualità della vita vissuta. Infatti, secondo una ricerca condotta dall'Università di Oxford, per 170 miliardi di investimenti mondiali in oncologia, si è prodotto un effetto pari a quasi 6 milioni di qualyes, dove 1 qualy equivale a 25mila sterline, cioè si è prodotto un valore economico di 147 miliardi al lordo dei costi di erogazione dei servizi sanitario (il guadagno netto è di 124 miliardi). Per questi motivi, in occasione della dodicesima Conferenza Mondiale Science for Peace and Health, la Fondazione Umberto Veronesi ha lanciato un appello per chiedere che, nei prossimi 5 anni, il finanziamento alla ricerca passi dall’1,43% del PIL al 3% del PIL, livello di investimenti caldeggiato dall’Unione europea e che produrrebbe vantaggi economici e sociali importanti. ... Leggi di più Leggi meno
Spesa pubblica (Bilancio pubblico)
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30/11/2020
Cosa non va nella PAC
La Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea è nata nel 1962 per sostenere economicamente gli agricoltori, promuovere l’occupazione nel settore agricolo, e migliorare la produttività e competitività agricola dell’Unione Europea. La PAC viene riformata ogni sette anni, ma la più recente riforma – ora in attesa di essere modificata o approvata dalla Commissione Europea – ha indignato migliaia di attivisti, ricercatori, e agricoltori. Secondo i suoi critici, la riforma parrebbe peggiorare la versione precedente della PAC dal punto di vista dell’impegno ambientale. La riforma, ad esempio, consentirebbe agli agricoltori di ridurre la percentuale di terreni destinati alla conservazione ambientale per renderli produttivi. Questo potrebbe far perdere più del 38% della superficie europea al momento ancora destinata alla protezione ambientale. Per di più, il metodo di assegnazione dei fondi della PAC continuerebbe a favorire l’agricoltura intensiva. Qualche passo nella direzione della sostenibilità è previsto dalla riforma, che impone che il 20% dei pagamenti diretti e il 35% dei fondi per lo sviluppo rurale siano destinati a pratiche per la protezione ambientale. Ma lo stesso Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione, ha dichiarato che la riforma debba ancora essere migliorata per poter davvero sostenere l’impegno per il clima. È sempre difficile cambiare un sistema senza causare turbolenze, e dobbiamo ricordarci che più della metà del reddito degli agricoltori – e quindi il cibo che compare sulle nostre tavole – dipendono da questi fondi. Però, di fronte a dati sull’ambiente sempre più preoccupanti, c’è forse bisogno che la politica accetti qualche turbolenza nel breve termine per concentrarsi su obiettivi più lungimiranti. Ce ne parla @silvialazzaris ... Leggi di più Leggi meno
Green-Deal (Unione Europea)
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20/11/2020
A cosa serve il semestre di presidenza europeo
A dicembre si conclude il semestre di presidenza europeo a guida tedesca. È stato un periodo particolarmente delicato: dalle discussioni sul Recovery Fund e lo Stato di Diritto, con Polonia e Ungheria fortemente opposte, fino alle trattative infinite con il Regno Unito mentre il tempo passa e la scadenza del 31 dicembre si avvicina sempre più in fretta. Ma a cosa serve il semestre di presidenza europeo? Ne parliamo con Francesco Rocchetti, segretario generale ISPI. ... Leggi di più Leggi meno
Elezioni (Unione Europea)
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17/11/2020
Come l'Europa vuole combattere il terrorismo
In Europa si parla di nuovo molto di come combattere il terrorismo perché c’è stata una sequenza di attacchi in Francia e in Austria. Ricapitoliamo. Il 16 ottobre un professore è stato ucciso da un estremista in strada a Parigi. Il 29 ottobre un altro estremista ha ucciso tre persone dentro a una chiesa a Nizza. E il 2 novembre un fanatico dello Stato islamico ha ucciso quattro persone nel centro di Vienna. Il tema è diventato urgente ed è stato affrontato durante una conferenza tra alcuni capi di governo europei (come il francese Emmanuel Macron, l’austriaco Sebastian Kurz e la tedesca Angela Merkel) e anche in un consiglio europeo dei ministri dell’Interno. ⁣ ⁣ I due incontri non sono finiti con nuove regole, ma con una lista delle cose da fare. Le banche dati dei diversi Stati devono scambiarsi più informazioni e più velocemente, in modo da capire se una persona che si sposta attraverso i confini è pericolosa oppure no – si pensa di creare una banca dati comune dell'Unione europea. Le aziende che gestiscono internet devono essere più veloci a eliminare il contenuto messo in rete dai terroristi – devono riuscirci in meno di un’ora dalla segnalazione. La Germania vorrebbe anche l’accesso alle comunicazioni criptate, come per esempio i messaggi tra telefoni, ma per ora è difficile. ⁣ ⁣ La Francia è molto scontenta (per usare un eufemismo) perché il terrorista di Nizza è riuscito ad arrivare indisturbato dall’Italia. Macron accusa il nostro paese di chiudere gli occhi sui movimenti secondari degli immigrati, cioè quando dal punto di sbarco si muovono verso gli altri paesi europei e ha chiesto la creazione di una cosiddetta “mini-Schengen”. Con zona Schengen si intende la zona europea dove persone e merci possono circolare liberamente. Questa Mini-Schengen sarebbe una zona più piccola, senza l’Italia, la Grecia e alcuni paesi dell’est. La proposta è rimasta soltanto un’ipotesi, ma fa capire l’aria che tira. ... Leggi di più Leggi meno
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15/11/2020
I ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione
Nonostante negli ultimi anni ci sia stato un miglioramento, la Pa ha ancora difficoltà a saldare le fatture entro la data di scadenza. Questi ritardi minano la pianificazione finanziaria di un’azienda, fondamentale per la sua crescita. Inoltre possono portare a riduzioni del fatturato e ad un peggioramento delle relazioni dell’azienda con i propri stakeholder. Ad esempio, il 52% delle aziende intervistate assumerebbe nuovi dipendenti se i pagamenti fossero puntuali. ⁣⁠ ⁣⁠ Lo scorso 28 Gennaio la Corte di Giustizia Ue ha condannato l’Italia a causa dei ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione (Pa). Nel suo ultimo report, il Ministero dell’Economia e delle Finanze stimerebbe per il 2019 un tempo di pagamento medio di 48 giorni ed un ritardo pari ad un solo giorno. Tuttavia, nel report non vengono considerate le fatture ancora da saldare. Se si considera invece lo European Payment Report elaborato da Intrum, lo scenario peggiora. Il ritardo medio nei pagamenti sarebbe di ben 11 giorni. ⁣⁠ ⁣⁠ Il governo, con il Decreto Rilancio, ha varato un fondo per il rimborso dei debiti pregressi. Nonostante ciò possa alleviare la situazione momentaneamente, non risolve il problema strutturale dei ritardi. Secondo il think tank @tortugaecon la riduzione dei ritardi della Pa è necessaria per la crescita imprenditoriale italiana. Bisognerebbe quindi rafforzare la digitalizzazione delle pratiche di pagamento, potenziando il sistema SIoPE+ già in uso e limitando l’azione della Banca Tesoreria. ⁣⁠ ⁣⁠ #PA #PubblicaAmministrazione ... Leggi di più Leggi meno
Pubblica amministrazione (Bilancio pubblico)
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15/10/2020
Parlamento europeo vieta stage gratuiti
Quante volte abbiamo detto o sentito dire “non mi pagano, ma almeno faccio esperienza”. Dall'8 ottobre, secondo il Parlamento Europeo, gli stage non retribuiti costituiscono “una forma di sfruttamento dei giovani e una violazione dei loro diritti”. Stagisti, tirocinanti, praticanti, un esercito di cittadini senza lavoro che accettano spesso proposte indecenti in nome di un’esperienza lavorativa non retribuita ma formativa. In Italia, queste forme di impiego rappresentano per molti giovani il primo grande passo verso il mondo del lavoro. E il problema non è tanto il tirocinio in sé, ma la sua retribuzione, molto spesso inesistente. Finalmente anche il Parlamento Europeo condanna l'abuso dei contratti non pagati e invita i Paesi membri dell'Unione a tutelare e incentivare i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro. La disoccupazione giovanile in Europa ha toccato quota 17,6% lo scorso Agosto. Anche per questa ragione, gli europarlamentari hanno chiesto di investire più risorse nello Youth Guarantee Scheme a supporto dei giovani lavoratori europei. Non si tratta di un atto vincolante ma è sicuramente un passo importante verso un cambiamento da tempo necessario. ... Leggi di più Leggi meno
Lavoro (Giovani)
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14/10/2020
NEET italiani nel 2019
Nel 2019, i NEET italiani (Neither in Employment nor in Education and Training, cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, né si formano) sono il 23,8% del totale – circa 2 milioni di giovani. Si tratta del primato nell'Unione Europea, e di una percentuale di circa 10 punti superiori alla media UE. La distribuzione dei NEET, come spesso accade per molte dimensioni economiche nel nostro paese, non è omogenea tra regioni: nel Mezzogiorno l’incidenza è più che doppia (33,0%) rispetto al Nord (14,5%), e comunque molto maggiore di quella del Centro (18,1%). Questo divario territoriale è peraltro indipendente dal livello di istruzione. Per contrastare questa emergenza, nel 2013 è stata avviata "Garanza Giovani", che rientra nel Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile e ha come obiettivo proprio di aiutare l'inserimento lavorativo dei NEET. Il sistema prevede un passaggio attraverso l'ANPAL per poi essere "reindirizzati" ai centri per l'impiego, che dovranno occuparsi di istituire un percorso di formazione e inserimento occupazionale. Tuttavia, Garanzia Giovani non sta dando i risultati sperati. Anzi. Le assunzioni effettuate tramite questo programma negli ultimi due ani sono 10mila su 1,5 milioni di iscritti. E il sito internet governativo, ad esempio, non è aggiornato da più di un anno. I problemi sono molti: scarsa sinergia con le imprese, conformazione dell'offerta di lavoro frammentata, incentivi molto diversi da regione a regione e mancanza di una politica nazionale univoca, scarso investimento sulle politiche di formazione in età scolare (ad esempio, gli istituti tecnici e professionali). Infine, la commistione di politiche attive del lavoro inefficaci e inefficienti, come sembra essere stata Garanzia Giovani finora, e politiche passive del lavoro che creano incentivi poco virtuosi, come il Reddito di Cittadinanza, rischia di scoraggiare ancora di più la ricerca di un'occupazione. In ogni caso, il programma verrà rafforzato ulteriormente dopo il Covid. Speriamo di riuscire a vedere un netto miglioramento dei risultati. #NEET #NEETitaliani #GaranziaGiovani ... Leggi di più Leggi meno
Lavoro (Giovani)
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07/10/2020
Il Recovery Plan e i giovani italiani
Le prime proposte per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund hanno fatto un po’ scalpore. Il documento circolato tra alcuni quotidiani conteneva i progetti che i Ministeri pensano di finanziare con le risorse europee e, anche se si tratta solo di una versione preliminare, ci sono dei campanelli d’allarme. Il think tank @tortugaecon ha analizzato questo documento. Ecco alcuni punti chiave.⁣ ⁣ Primo: la metà dei progetti ha un costo previsto inferiore a 100mila euro, mentre sono solo 15 quelli superiori a 5 miliardi. Sembra che ci si sia focalizzati su piccole opere rispetto alle grandi necessità infrastrutturali del paese. ⁣ ⁣ Secondo: la maggior parte dei progetti proviene da pochi Ministeri. In primis il Ministero dello Sviluppo Economico: i 59 progetti proposti da soli costerebbero 169 miliardi, quasi la totalità del Recovery Fund. ⁣ ⁣ Terzo: se guardiamo alle parole che vengono più utilizzate nel documento le più frequenti risultano essere “innovazione”, “piano”, “digitale”, “sviluppo”, mentre sono poco frequenti riferimenti ai giovani, sanità e istruzione. Per esempio, “Giovane” compone solo lo 0,095% delle parole totali del documento, mentre “sicurezza” compare 4 volte tanto. Eppure è la stessa Commissione Europea a chiedere che le risorse vengano significativamente investite in questi settori. ⁣ ⁣ Secondo Tortuga, per gestire al meglio le risorse europee, la pubblica amministrazione dovrà saper darsi degli obiettivi misurabili di lungo periodo prima di selezionare gli investimenti, in modo da gestire in modo organico e strategico i fondi. ⁣ ⁣ #RecoveryFund #NextGenerationEU ... Leggi di più Leggi meno
UE (Infrastrutture),Pubblica amministrazione (Bilancio pubblico)
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23/09/2020
A che punto siamo con il Recovery Fund?
La Commissione Europea ha presentato le attese linee guida per accedere alla 'Recovery and Resilience Facility' – la porzione principale del Next Generation Europe, il nuovo strumento europeo per la ripresa approvato a luglio dal Consiglio europeo. Le linee guida prevedono criteri severi a cui i Paesi Membri dovranno attenersi per ottenere la propria parte dei 750 miliardi di euro messi sul tavolo da Bruxelles. A livello di impiego delle risorse, la Commissione ha chiarito che almeno il 20% dei fondi dovranno essere destinati a finanziare la transizione digitale e il 37% sarà vincolato ad investimenti green.⁣ ⁣ L’Italia è il primo Paese beneficiario del Next Generation EU con oltre 209 miliardi di stanziamenti, ma allo stesso tempo è penultima nella classifica europea per capacità di spesa dei fondi strutturali. ⁣ ⁣ È sulla base di queste premesse che il nostro governo sta preparando il nostro Piano Nazionale di Resilienza e Ripartenza. ⁣Entro i primi mesi del 2021, infatti, dovrà essere presentata a Bruxelles la strategia nazionale per l’utilizzo dei fondi del Next Generation EU. In questi mesi sono arrivate al Governo quasi 600 proposte da ministeri, regioni e comuni per circa 500 miliardi. ⁣L’esecutivo dovrà ora scremare queste richieste, selezionare quelle coerenti con le stringenti linee guida della Commissione ed elaborare un PNRR che possa porre le basi per la ripartenza economica del paese.⁣ ⁣ La roadmap che ci separa dall’effettiva ricezione dei fondi europei è complicata non solo dai tempi stringenti e dal difficile compito cui è chiamato il nostro governo, ma anche dalle incertezze derivanti dal quadro europeo. Ad oggi non esiste ancora uno strumento giuridico vincolante su cui gli Stati possano fare affidamento nella programmazione delle proprie strategie per la ripresa: il Next Generation EU infatti non è ancora stato votato dal Parlamento Europeo.⁣ ⁣ Di come stanno andando le cose fra Bruxelles e Roma ce ne parla @riccardo_haupt⁣ ⁣ #RecoveryFund #Europa #NextGenerationEU ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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21/09/2020
Il costo della contraffazione
L'Europa sarà anche "il vecchio continente", ma continua ad avere un ruolo centrale nell'innovazione e nella creazione di prodotti di qualità. Un report dell'Agenzia Europea per la Protezione della Proprietà Intellettuale ha mostrato che il 42% del PIL europeo viene da industrie ad "alta intensità di proprietà intellettuale", cioè quelle aziende che hanno bisogno di proteggere la propria innovazione o peculiarità.⁣⁠ ⁣⁠ Pensando a questi numeri, si capisce subito come la contraffazione ci danneggi particolarmente. In termini di mancate vendite, il danno economico medio annuale è stato di oltre 50 miliardi di euro – e si stima che ogni anno l'Europa stessa importi 120 miliardi di euro di beni contraffatti, il 7% delle importazioni totali. Per non parlare delle mancate entrate per lo Stato in termini di tasse non riscosse.⁣⁠ ⁣⁠ Uno dei settori più a rischio, specie per l'Italia, è quello agroalimentare. Sugli alcolici, ad esempio, si stimano 2,4 miliardi di euro persi in mancate vendite ogni anno proprio a causa della contraffazione.⁣⁠ ⁣⁠ È per questo che il recente accordo UE-Cina sul riconoscimento delle indicazioni geografiche è importantissimo. I due colossi si sono impegnati a riconoscere l'indicazione geografica di diversi prodotti agroalimentari, vicendevolmente: la birra di Monaco, le olive greche e la mozzarella di Bufala Campana da un lato, il tè verde dello Wuyuan, il riso di Panjin e le bacche di Goji del bacino del Qaidam, dall'altro. Solo per citarne alcuni.⁣⁠ ⁣⁠ È un passo importante verso un impegno bilaterale a combattere la contraffazione – e si tratta dell'accordo cinese sul tema più grande di sempre. Il trattato entrerà in vigore a gennaio 2021, e prevede già entro quattro anni un'estensione del numero dei prodotti garantiti.⁣⁠ ⁣⁠ Per l'agroalimentare europeo, la Cina resta un mercato importantissimo, che solo nell'ultimo anno è cresciuto del 38%. Un maggior controllo sulla contraffazione e un impegno da parte del Dragone in questo senso non potrà che giovare a imprese, Stati e consumatori. Sperando di vederlo presto esteso ad altri importanti settori. L'Europa sarà anche "il vecchio continente", ma continua ad avere un ruolo centrale nell'innovazione e nella creazione di prodotti di qualità. Un report dell'Agenzia Europea per la Protezione della Proprietà Intellettuale ha mostrato che il 42% del PIL europeo viene da industrie ad "alta intensità di proprietà intellettuale", cioè quelle aziende che hanno bisogno di proteggere la propria innovazione o peculiarità.⁣⁠ ⁣⁠ Pensando a questi numeri, si capisce subito come la contraffazione ci danneggi particolarmente. In termini di mancate vendite, il danno economico medio annuale è stato di oltre 50 miliardi di euro – e si stima che ogni anno l'Europa stessa importi 120 miliardi di euro di beni contraffatti, il 7% delle importazioni totali. Per non parlare delle mancate entrate per lo Stato in termini di tasse non riscosse.⁣⁠ ⁣⁠ Uno dei settori più a rischio, specie per l'Italia, è quello agroalimentare. Sugli alcolici, ad esempio, si stimano 2,4 miliardi di euro persi in mancate vendite ogni anno proprio a causa della contraffazione.⁣⁠ ⁣⁠ È per questo che il recente accordo UE-Cina sul riconoscimento delle indicazioni geografiche è importantissimo. I due colossi si sono impegnati a riconoscere l'indicazione geografica di diversi prodotti agroalimentari, vicendevolmente: la birra di Monaco, le olive greche e la mozzarella di Bufala Campana da un lato, il tè verde dello Wuyuan, il riso di Panjin e le bacche di Goji del bacino del Qaidam, dall'altro. Solo per citarne alcuni.⁣⁠ ⁣⁠ È un passo importante verso un impegno bilaterale a combattere la contraffazione – e si tratta dell'accordo cinese sul tema più grande di sempre. Il trattato entrerà in vigore a gennaio 2021, e prevede già entro quattro anni un'estensione del numero dei prodotti garantiti.⁣⁠ ⁣⁠ Per l'agroalimentare europeo, la Cina resta un mercato importantissimo, che solo nell'ultimo anno è cresciuto del 38%. Un maggior controllo sulla contraffazione e un impegno da parte del Dragone in questo senso non potrà che giovare a imprese, Stati e consumatori. Sperando di vederlo presto esteso ad altri importanti settori. ... Leggi di più Leggi meno
Altri paesi UE (Unione Europea)
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18/09/2020
Guadagni parlamentari a confronto
Lo stipendio di un parlamentare in Italia è composto da un'indennità di base di circa 5mila euro netti, una diaria e diversi rimborsi spese per l'esercizio del mandato e per spese generali. La diaria è riconosciuta come rimborso per le spese di soggiorno a Roma ed è circa pari a 3mila euro al mese a cui vengono sottratti dai 200 a 500 euro al mese in caso di ripetute assenze del parlamentare. I rimborsi spese sono variabili e comprendono le retribuzioni dei collaboratori. A conti fatti si può dire che un parlamentare guadagna tra i 12mila e i 14mila euro netti al mese. ⁣⁠ ⁣⁠ In Francia l'indennità di base mensile è di circa 6mila euro. Non c'è una diaria ma i parlamentari possono avere un prestito agevolato per comprare un appartamento. In Germania invece l'indennità base è di circa 7800 euro lordi, il netto varia a seconda delle imposte sul reddito. A questi si aggiungono un contributo mensile di circa 4mila euro per l'esercizio del mandato. ⁣⁠ ⁣⁠ In UK, l'indennità base è di circa 6mila euro lordi, il netto varia e si può richiedere un rimborso massimo mensile di circa 2mila euro come diaria. Gli onorevoli spagnoli sono all’ultimo posto nella classifica europea con un’indennità mensile lorda di circa 3mila euro ed è prevista un'indennità integrativa di residenza di circa 2mila euro. Se si guarda invece allo stipendio netto di un parlamentare europeo, questo è di circa 7mila euro al mese.⁣⁠ ⁣⁠ Quello che emerge è che l'indennità di base in Italia non si discosta molto dagli altri principali paesi europei, ma lo stipendio netto mensile dei parlamentari italiani può arrivare ad essere molto più alto. ⁣⁠ ⁣⁠ Per limitare queste differenze, negli ultimi anni è intercorsa una profonda riforma anche per gli stipendi di parlamentari (e loro collaboratori) in Europa. Al Parlamento Europeo tutti i parlamentari guadagnano ugualmente e per evitare che qualche furbetto si ritagliasse un extra, avvantaggiandosi sugli stipendi dei collaboratori, questi sono pagati direttamente dal Parlamento e possono arrivare a guadagnare fino a 7/8.000 euro al mese. ⁣⁠ ⁣⁠ Roma o Bruxelles, quindi? ⁣⁠ ⁣⁠ #WillReferendum #Parlamentari #StipendiParlamentari ... Leggi di più Leggi meno
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17/09/2020
UE verso plastic-free
C’erano una volta la terra e il mare. Poi la plastica tra terra e mare. Oggi, tanta plastica e tutto ciò che ha contaminato. Nel maggio 2019, il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno adottato la direttiva europea sulle plastiche monouso detta anche direttiva SUP, Single Use Plastics. Da quel momento son scattati due anni di tempo per gli Stati membri per includere la direttiva nel loro ordinamento nazionale. ⁣⁠ ⁣⁠ In Italia è stato stabilito un uso ridotto di tutti i prodotti di plastica monouso, banditi dall'Unione Europea a partire dal 2021, per incoraggiare l’uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, alternativi a quelli monouso. Per promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali rispettosi dell’ambiente saranno previsti aiuti per le imprese che vorranno adeguare i propri sistemi tecnologici e produttivi. ⁣⁠ ⁣⁠ Ma cosa dice la direttiva? La direttiva si basa sulla legislazione UE già esistente in materia di rifiuti ma si spinge oltre con regole più severe per i prodotti e gli imballaggi che sono tra i dieci prodotti che più spesso inquinano le coste europee. Saranno vietati dal 2021 tutti gli oggetti di plastica monouso: piatti, posate, cannucce, aste per palloncini e i bastoncini cotonati in plastica monouso. L’obiettivo degli Stati membri è raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica disperse nell'ambiente entro il 2029. Le bottiglie di plastica, inoltre, dovranno avere un contenuto riciclato di almeno il 25% entro il 2025 e di almeno il 30% entro il 2030.⁣⁠ ⁣⁠ Che un'Unione Europea plastic free sia sempre più vicina?⁣⁠ ⁣⁠ #Sostenibilità #PlasticFree ... Leggi di più Leggi meno
Plastica (Inquinamento),Policies (Clima)
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16/09/2020
Aiuti di stato 'verdi' alle aziende
I Paesi del G20 hanno allocato 7.000 miliardi di $, circa il 10% del PIL nel 2019, per far ripartire l’economia post coronavirus. Alcune di queste misure includono anche prestiti o aiuti di stato con soldi pubblici a grandi aziende. ⁣ ⁣ La crisi sanitaria ed economica causata dal coronavirus è accompagnata anche da un’altra crisi globale e più sistemica: quella climatica. In molti si sono chiesto la necessità di iniziare a chiedere che questi soldi dei contribuenti siano elargiti ad aziende solo a patto di soddisfare condizioni per la riduzione delle emissioni di gas serra. Quali Paesi hanno accolto questa richiesta e stanno rivoluzionando il concetto di aiuti di stato in chiave più sostenibile?⁣ ⁣ L’UE ha deciso di non imporre nuove regole più in linea con gli obiettivi climatici per gli aiuti di stato, ma il Vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, con delega per il European Green Deal, ha chiesto di aggiungere condizionalità climatiche a livello nazionale e ha aggiunto: “Se una compagnia aerea chiede supporto alle autorità nazionali, io credo sia legittimo chiedere. Cosa avete intenzione di fare voi per la società in cambio? Metterete limiti ai bonus? Abbasserete la vostra impronta ecologica?”. Secondo i dati di Transport and Environment, le compagnie aree hanno ricevuto quasi €33 miliardi di soldi con limitati requisiti in materia di sostenibilità. ⁣ ⁣ In Spagna, dove l’industria dell’auto porta il 10% del PIL e 2 milioni di posti di lavoro, parte del pacchetto per la ripresa richiede al settore di aumentare la produzione di auto elettriche ad almeno 700,000 unità all’anno e aiutare a installare 800,000 colonnine di ricarica entro il 2040. La compagnia aerea austriaca, Austrian Airline, riceverà 450 milioni di euro con una richiesta di ridurre le emissioni di CO2 del 50% entro il 2030. Il governo Francese ha richiesto a Air France di togliere i voli locali, quando sostituibili dal treno veloce in cambio dei 7 miliardi di € di aiuti, mentre il Ministro delle Finanze Olandese ha appena approvato un pacchetto da 3.4 miliardi di Euro per KLM, aggiungendo come condizione di dimezzare le emissioni entro il 2030. ⁣ ⁣ #aiutidistatoverdi #crisiclimatica ... Leggi di più Leggi meno
Policies (Clima)
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26/08/2020
La lotta al climate change passa dallo Spazio
I guru del management d’impresa dicevano "You Can't Manage What You Can't Measure", un adagio con il quale forse non tutti concordano circa l'ossessione a misurare per gestire, ma assolutamente essenziale nella comprensione e mitigazione del climate change. Disporre di strumenti che monitorano e quantificano le emissioni di anidride carbonica e altri gas serra generate dalle attività umane è condizione indispensabile per poi attivare le politiche giuste. Il programma satellitare di osservazione della Terra della Commissione Europea lo ha capito e ha lanciato una nuova missione satellitare di alta priorità: la Copernicus Carbon Dioxide Monitoring Mission o CO2M della Agenzia Spaziale Europea (ESA) sarà la prima a misurare la quantità di anidride carbonica rilasciata nell'atmosfera specificatamente dall'attività dell'uomo, in tutto il mondo. La società tedesca OHB System AG, a capo del consorzio industriale, ha appena firmato un contratto da €445 milioni con l’ESA per costruire i primi due satelliti della missione, mentre la franco-italiana Thales Alenia Space fornirà gli strumenti di misurazione delle emissioni di anidride carbonica: lo spettrometro del vicino infrarosso e lo spettrometro dell'infrarosso a onda corta. L'azienda belga OIP Sensor Systems fornirà invece un cloud imager (CLIM). Insomma tutto ingegno made in EU. La missione CO2M porterà una rivoluzione del monitoraggio delle emissioni di gas serra e le loro sorgenti, e metterà le informazioni e dati raccolti a disposizione dei governi, che potranno usarli per tracciare e ad attuare piani di riduzione delle emissioni. La missione CO2M dovrebbe essere operativa nel 2025, e speriamo che i governi europei, e non solo, ne facciano buon uso. #crisiclimatica ... Leggi di più Leggi meno
CO2 (Inquinamento)
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29/07/2020
Come finanziare il recovery fund?
Con lo scorso Consiglio Europeo, l’Unione si è impegnata a trovare nuove modalità per acquisire risorse proprie a copertura dei costi degli interessi sul debito comune del neonato Next Generation EU – il nome "ufficiale" del Recovery Fund.⁣⁠ ⁣⁠ Tra queste, ci sarà sicuramente l'introduzione di nuove tasse particolari. Le proposte che circolano di più sono quelle "green", che puntano a tassare il consumo di plastica (ogni paese dovrà versare 80 centesimi per ogni kg di plastica non riciclata) e le emissioni inquinanti. Un altro capitolo riguarda il rinnovato impegno nel tassare grandi società del web – ambito in cui trovare una quadra non sarà facile. Si fa strada anche l’idea di tassare ulteriormente le transazioni finanziarie: alcune stime parlano di entrate nelle casse europee di circa 200 miliardi all’anno.⁣⁠ ⁣⁠ Al momento i trattati dell’Unione garantiscono la libera circolazione delle merci e dei servizi e la sovranità degli Stati Membri in materia fiscale. Sono ormai al centro delle polemiche quotidiane le differenze nei regimi di tassazione all'interno dell'Europa, che finiscono per agevolare paesi come Irlanda e Olanda in cui, in virtù di tasse molto basse, burocrazia snella e forti incentivi all'impresa si concentrano le sedi legali di molte grandi aziende.⁣⁠ ⁣⁠ Armonizzare le politiche fiscali dell'Unione non è però cosa facile. Sarebbe auspicabile una soluzione di "mezzo": le pratiche che alcuni definiscono "dumping fiscale" da parte di Irlanda e Olanda si ammorbidiscono, e i sistemi di altri paesi – come il nostro – riducono la propria ostilità alle imprese, riducendo le tasse e snellendo la burocrazia e i servizi.⁣⁠ ⁣⁠ Non sarà una strada facile, tra veti incrociati e difficoltà nell'armonizzare le diverse politiche interne, ma secondo il think tank @tortugaecon l'Europa ha dimostrato (anche in tempi recenti) di saper talvolta trovare accordi che molti ritenevano impossibili.⁣⁠ ⁣⁠ #RecoveryFund #NextGenerationEU ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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24/07/2020
La strategia “Farm to Fork”
«Non sono imposizioni, non diciamo alla gente cosa deve fare, ma come può compiere scelte migliori e informate. A livello globale stimiamo che un sistema alimentare sostenibile può creare un valore aggiuntivo pari a 1.8 trilioni di euro» dice Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea con delega allo European Green Deal.⁣ ⁣ L’agricoltura è responsabile del 10,3% delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea, e il 70% di queste proviene dall’industria della carne. Lo scorso maggio la Commissione Europea ha pubblicato una strategia che per la prima volta mira a rivoluzionare il sistema alimentare europeo, nell’ambito del European Green Deal. ⁣ ⁣ La strategia “Farm to Fork”, o in italiano “Dalla fattoria alla forchetta” punta quindi a ridurre l’impatto sul clima del settore agricolo, ma anche proteggere produttori e consumatori guardando a tutta la filiera alimentare.⁣ ⁣ Per ora il pacchetto di proposte e obiettivi rimane solo una strategia, ma nei prossimi anni la Commissione intende introdurre nuove disposizioni per le tematiche più urgenti come ridurre l’utilizzo dei pesticidi chimici, degli antibiotici e fertilizzanti o estendere il regime biologico a un quarto della superficie coltivabile totale. ⁣ ⁣ Vediamo le azioni e obiettivi proposti dalla Commissione che non solo influenzeranno le nostre scelte in tavola nei prossimi anni, ma ci aiuteranno anche a ridurne l’impatto sull’ambiente e il clima.⁣ ⁣ #farmtofork #agricolturasostenibile ... Leggi di più Leggi meno
Green-Deal (Unione Europea)
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22/07/2020
Il MES in 5 punti
Oltre all'accordo di lunedi notte in Consiglio Europeo, altro grande protagonista della discussione sugli aiuti europei per la crisi del COVID-19 è il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).⁣ ⁣ Questo strumento nasce ben prima della pandemia: viene istituito nel 2012 da un accordo intergovernativo. La sua funzione è concedere, a certe condizioni, assistenza ai paesi membri che hanno difficoltà (temporanea) a finanziarsi sul mercato. Queste condizionalità variano molto a seconda del tipo di intervento richiesto, e sono il fulcro del dibattito italiano sulla decisione di ricorrere al MES o meno. Nel caso della crisi del Coronavirus, le condizionalità sono state molto ammorbidite, vincolando il prestito erogato al solo finanziamento dei costi sanitari diretti e indiretti dovuti alla pandemia.⁣ ⁣ Tutti i paesi concorrono al bilancio del MES – l'Italia, ad esempio, ne ha sottoscritto il capitale per 125 miliardi, versandone oltre 14: è il paese che "conta" di più in quest'organo insieme a Francia e Germania, dato che i voti sono proporzionati alle sottoscrizioni.⁣ ⁣ Ad oggi, l'Italia potrebbe richiedere per la crisi del COVID-19 circa 36 miliardi di euro ad un tasso d'interesse prossimo allo zero – sicuramente più basso di quello pagato per un'emissione di debito tradizionale. Tuttavia, il MES rappresenta un tema di divisione politica tra i partiti italiani, anche nella maggioranza: il M5S si è sempre detto contrario a richiedere l'assistenza di questa istituzione per via delle condizionalità, il PD ha dimostrato una posizione più morbida e meno pregiudiziale, Italia Viva si è sempre detta a favore.⁣ ⁣ La partita che riguarda l'accesso agli aiuti del MES, dunque, è tutta interna alla politica. Altri paesi in difficoltà, come Spagna e Grecia, hanno dichiarato di non voler usare questo strumento – animando un ampio dibattito interno.⁣ ⁣ #MES #WillMES ... Leggi di più Leggi meno
Sostegni (Misure economiche)
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21/07/2020
Un consiglio UE da record
Sopportare le negoziazioni sul piano di aiuti UE è stato (anche) fisicamente massacrante per i leader europei. Non sono stati solo gli ultimi 4 giorni (vicinissimi a battere il record di durata del Consiglio EU del 2000 a Nizza), ma anche le negoziazioni delle settimane precedenti fra i vari paesi. Ora, come si suol dire, viene il bello. La dotazione che arriverà all'Italia è davvero considerevole: 209 miliardi, pari a diverse leggi di stabilità, per un Paese che ha un passato di incapacità di spesa dei fondi europei. Il Governo quindi, passata la responsabilità della negoziazione ha ora quella, forse ancora più pesante, della progettazione e della spesa di questi soldi. L'Italia ottiene più soldi non solo per una negoziazione positiva (cosa comunque avvenuta) ma anche perché è prevista una crisi che si abbatterà in maniera più forte sul Paese e quindi col nuovo meccanismo previsto otterrà più fondi. Il totale di quanto trasferito sarà per noi circa pari alla perdita di PIL attesa. Senza investimenti in un profondo rinnovamento del Paese, saremo di fronte a una enorme occasione perduta, oltre che scoperti dinnanzi ad una terribile crisi economica. Ogni Stato membro potrà alzare la mano e chiedere che un altro Stato dimostri di mantenere le promesse circa gli impegni presi per la spesa dei fondi, ma la decisione finale spetterà alla Commissione, togliendo cosi diritti di veto ai singoli stati. Infine, grande innovazione di questo Consiglio, si prevedono le risorse proprie dell'UE che contribuiranno a pagare il Recovery Plan: nulla è stato deciso (a parte quanto concerne la plastic tax sulla plastica non riciclabile) ma è stata avviata la strada per la definizione di imposte (webtax e tassa sulle emissioni inquinanti). L'accordo quindi è tutt'altro che una fine, semmai è l'inizio di un enorme lavoro che coinvolgerà i parlamenti nazionali e il Parlamento Europeo, gli Stati e la Commissione. #EU #Europa #NextGenerationEu ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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16/07/2020
European Green Deal: istruzioni per l'uso
Il Green Deal Europeo è un piano da 1000 miliardi di euro in 10 anni per trasformare l’'Europa. Promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento sono gli obiettivi principali. Nulla di simile è stato tentato prima. Il nostro @andrea.grieco ci racconta cosa sta succedendo. #Sostenibilità #GreenEconomy ... Leggi di più Leggi meno
Green-Deal (Unione Europea)
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14/07/2020
Recovery Fund in 5 punti
Occupa le prime pagine dei quotidiani da settimane: è il famigerato Recovery Fund. Se ne parla perché si tratta di una proposta della Commissione Europea per sostenere i paesi membri dopo i danni economici provocati dalla pandemia di COVID-19. La proposta è in discussione in questi giorni, ma l'iter che deve superare per vedere la luce non è semplice. Si tratta di una proposta più "politica" rispetto al MES – che invece è uno strumento già istituzionalizzato – inizialmente avanzata da Francia e Germania, che deve però mettere d'accordo le diverse sensibilità degli stati membri. È stato definito "uno strumento eccezionale per una situazione eccezionale". Ad oggi, l'ipotesi consiste in 500 miliardi di trasferimenti a fondo perduto (che non vanno cioè restituiti) e 250 miliardi di prestiti agevolati: un intervento da 750 miliardi di euro in totale. Questi numeri sono però in corso di discussione, ed è probabile che cambino ancora. Infatti, il Recovery Fund deve trovare l'approvazione di tutti i 27 Stati Membri, facendosi largo tra le resistenze dei cosiddetti paesi "frugali" (Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e Austria), che vorrebbero ridurre la quota di aiuti a fondo perduto e avere maggior controllo sull'utilizzo dei soldi da parte dei paesi che li ricevono, per avere garanzie che vengano impiegati in modo produttivo – in particolar modo per quanto riguarda l'Italia. La mediazione della Germania non sarà facile, perché il compromesso è difficile da raggiungere: i paesi che spingono per l'accordo dovranno essere capaci di garantire trasparenza ed efficienza nell'impiegare le risorse, mentre i Frugali dovranno dimostrarsi più flessibili di quanto fatto finora. ... Leggi di più Leggi meno
Next Gen EU (Unione Europea)
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07/07/2020
Aiuti di stato e Alitalia
141 euro a passeggero, oltre 5 miliardi già stanziati per la nuova compagnia Alitalia, e un totale di contributi pubblici versati negli anni che supera i 10 miliardi di euro: questi i dati di spesa pubblica associati alla compagnia Alitalia. Già fortemente ridimensionata per numero di aeromobili, la compagnia di bandiera ha subito ulteriori perdite a causa del Covid-19, e ha chiesto nuovamente aiuto allo Stato italiano e all'Unione Europea. L'UE ha stabilito un piano di aiuti per tutte le compagnie, ma se confrontiamo gli importi assegnati ai diversi vettori, possiamo notare come Alitalia sia - in assoluto - la compagnia più sostenuta in Europa. L'importo di aiuti per passeggero supera infatti quello assegnato a compagnie come Lufthansa o Air France. Nonostante gli aiuti, Alitalia continua ad avere problemi di liquidità, e forse nemmeno questo sostegno potrebbe bastare per rimetterla davvero in pista. #Alitalia #Lufthansa #AirFrance ... Leggi di più Leggi meno
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25/06/2020
Il rapporto tra gli europei e la digitalizzazione
Nel 2019 sono aumentati sia la qualità che l'utilizzo dei servizi pubblici digitali in tutta Europa, l'Italia, però, mantiene sempre una posizione relativamente bassa rispetto alla media EU. L'utilizzo delle procedure online semplifica di molto tempi e processi delle richieste verso la PA, e per questo è di gran lunga preferito dai cittadini. In Finlandia, ad esempio, il 90% dei cittadini che hanno accesso ad internet, ha utilizzato form online di servizi pubblici per richiedere attivazione di procedure. In Italia la percentuale è molto più bassa, complice la bassa digitalizzazione degli enti pubblici e l'ingente burocrazia. E voi avete mai provato a effettuare una richiesta online nel vostro Comune? Come è andata? #ServiziPubblici #Politica #PubblicaAmministrazione #Digitale #Innovazione ... Leggi di più Leggi meno
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16/06/2020
1952 – La Camera dei Deputati Italiana approva l'adesione alla CECA
La frase è un’altra prova della leggendaria lungimiranza di Alcide De Gasperi. Fervente sostenitore del progetto europeo che negli anni '50 iniziava a prendere forma, l’allora Presidente del Consiglio italiano invitava i leader delle altre nazioni a «scaldare» il progetto di un’Europa unita e prediceva, nel caso non l’avessero fatto, la nascita dei movimenti nazionalisti e antieuropei avvenuta in questi anni: «L’attività europea», continuava, «potrebbe anche apparire a un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva».⁣⁠ ⁣⁠ Anche grazie a questa lungimiranza, De Gasperi volle fortemente far entrare l’Italia nella Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA). L’adesione venne votata definitivamente dal Parlamento il 16 giugno 1952. Con la Ceca, sei Paesi (Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) mettevano per la prima volta in comune le produzioni di carbone e acciaio. ⁣⁠ ⁣⁠ Le due materie prime vennero scelte per un motivo preciso: sono le due risorse fondamentali per la produzione di materiale bellico. Per questo, una loro messa in comune serviva a evitare il riarmo segreto delle nazioni coinvolte. Inoltre, i più grandi giacimenti si trovavano in una zona di confine tra Francia e Germania, che negli anni precedenti era stata oggetto di numerosi conflitti. Curiosamente, le stesse due materie che hanno contribuito a «creare» l’Europa, sono ora quelle che l’Europa vuole mettersi alle spalle, per uno sviluppo economico più ecosostenibile. ⁣⁠ ⁣⁠ L’Italia entrò nella Ceca non tanto per la sua produzione (di gran lunga inferiore rispetto agli altri Paesi), ma perché politici come De Gasperi vedevano in essa il prodromo di un progetto europeo e un’occasione per far sedere l’Italia in un consesso internazionale. La Ceca ebbe vita breve: venne sostituita dalla Comunità economica europea nel 1957, poi divenuta Unione europea nel 1992. Ma raggiunse il suo scopo: porre le basi per un cammino comune di pace tra nazioni che per secoli si erano fatte la guerra.⁣⁠ ⁣⁠ #Ceca #Unioneeuropea #Ue ... Leggi di più Leggi meno
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05/06/2020
L'EU è leader in investimenti sostenibili
I green bond sono obbligazioni che devono dimostrare di andare a finanziare progetti per la sostenibilità ambientale e riduzione di gas serra. Dal 2007, loro primo anno con investimenti pari a 1,5 miliardi di dollari, il mercato delle obbligazioni verdi ha toccato 173,6 miliardi di dollari del 2017, e ha continuato a crescere. ⁣⁠ ⁣⁠ Nel 2019, secondo Climate Bonds Initiative i finanziamenti in progetti sostenibili grazie ai green bonds sono ammontati a 255 miliardi di dollari, con le energie rinnovabili o pulite in testa per utilizzo dei proventi per il 31.5%, seguite da efficienza energetica per gli edifici al 29.3%.⁣⁠ ⁣⁠ Secondo i dati Moody's Investors Service, l’Unione Europea ha dominato il mercato con 106 miliardi di dollari in investimenti sostenibili, coprendo ben il 45% del totale globale. Guardando alle nazioni, la Francia è leader in Europa per green bonds rilasciati, e terza nel mondo, mentre Italia è nella top 10 con l’ottavo posto. L’anno scorso nella UE sono stati introdotto 360 nuovi fondi sostenibili, molti dei quali hanno pacchetti specificatamente per mitigare il cambiamento climatico anche in risposta alle richieste dei clienti sempre che vogliono orientare i propri investimenti verso sostenibilità e transizione energetica. ⁣⁠ ⁣⁠ L’UE dovrà continuare in questa direzione e aumentare gli investimenti tra i 260 e 300 miliardi di Euro all’anno entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi per limitare il riscaldamento globale. ⁣⁠ ⁣⁠ #greenbonds #greenfinance #crisiclimatica ... Leggi di più Leggi meno
Policies (Clima)
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01/06/2020
Quanto è pulito l'idrogeno?
Il piano per la ripresa economica lanciato dalla Commissione Europea prevede anche la spinta di una tecnologia considerata da tanti un ponte utile per la decarbonizzazione dell’economia, quello della produzione di energia pulita a idrogeno, o anche chiamato “green hydrogen”. Ma come funziona? ⁣⁠ ⁣⁠ L’idrogeno, l’elemento più abbondante nell’universo, può essere un combustibile pulito e poco inquinante. Deve però essere prodotto poiché non esiste in forma pura sulla terra, e le fasi della sua produzione richiedono molta energia elettrica. Ma se questa elettricità è prodotta con fonti rinnovabili, si può considerare l’idrogeno un combustibile a bassissimo impatto ambientale e climatico. Il processo di estrazione di idrogeno più sostenibile è quello dell’elettrolisi, attraverso cui si scindono le molecole dell’acqua (H20) in idrogeno (H) e ossigeno (O) tramite l’energia elettrica. L’idrogeno può poi essere immagazzinato e trasportato come gas, e fare da carburante ad esempio per il settore automobilistico, industriale, aviazione e molte altre applicazioni. Ma stoccare e trasportare idrogeno è una sfida non da poco, e richiede investimenti massicci in nuove infrastrutture. ⁣⁠ ⁣⁠ Il costo della tecnologia dell’elettrolisi per “green hydrogen” è sceso del 40% negli ultimi cinque anni e secondo Bloomberg Energy Finance continuerà a scendere con la crescita del settore. In Europa ad oggi ci i sono centinaia di progetti dimostrativi per la produzione, stoccaggio e trasporto dell’idrogeno, soprattutto in Germania, Danimarca e Olanda, ma serve anche coordinamento tra politiche pubbliche e investimenti pubblico-privati per accelerare l’espansione del “green hydrogen”, insieme a obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti di lungo periodo. ⁣⁠ ⁣⁠ Per stimolare la crescita dell’idrogeno pulito, la Commissione propone di raddoppiare i fondi per la ricerca (al momento di circa 650 milioni), lanciare la Clean Hydrogen Alliance per aumentare coordinamento e introdurre schemi di investimento tramite la Banca Europea degli Investimenti e il nuovo Strategic Investment Facility.⁣⁠ ⁣⁠ #cleanhydrogenalliance #greenhydrogen⁣⁠ ⁣⁠ Foto: ©ARENA ... Leggi di più Leggi meno
Idrocarburi (Inquinamento)
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05/05/2020
La nascita del Consiglio d'Europa
È anche grazie al Consiglio d'Europa e alla sua Dichiarazione dei diritti dell'uomo se oggi il nostro Paese ha una legge sul reato di tortura. A differenza di quanto lasci pensare il suo nome, il Consiglio d'Europa non è un organo dell’UE. E non va nemmeno confuso con il Consiglio dell’Unione Europea o con il Consiglio Europeo. E' infatti un’istituzione internazionale nata il 5 maggio 1949, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, con uno scopo ben preciso: promuovere la democrazia e i diritti umani. La sua assemblea conta 324 membri, che sono parlamentari di 47 Stati (27 dei quali fanno parte dell’UE). ⁣⁠ ⁣⁠ A 70 anni dalla sua nascita l’istituzione non è molto visibile né politicamente così influente, ma la sua importanza storica è enorme. È nato al suo interno infatti la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sulla base di questo documento per esempio, la Corte ha condannato l’Italia per il massacro alla scuola Diaz di Genova durante il G8 del 21 luglio 2001. Quello che accadde, scrisse la Corte, doveva «essere qualificato come tortura». ⁣⁠ ⁣⁠ Per anni il Consiglio ha invitato l’Italia a dotarsi di una legge che introducesse il reato di tortura. Nel 2017 finalmente è stato approvato un testo in discussione dal luglio 2013. Il testo puniva da 4 a 10 anni chiunque «cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa». Ma alla fine il testo fu talmente tanto diverso da quello proposto inizialmente che non venne votato nemmeno dai suoi proponenti iniziali, che lo giudicarono troppo «morbido».⁣⁠ ⁣⁠ #tortura #Scuoladiaz #Europa ... Leggi di più Leggi meno
Popolazione civile (Guerre)
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18/04/2020
Il gruppo di Visegrád e allargamento UE
Con la firma del Trattato di Atene, il 16 aprile 2003, si realizzava il più grande ampliamento nella storia dell'integrazione europea: dieci nuovi Paesi entrarono ufficialmente a far parte dell'Unione a partire dal 1 maggio 2004. E molti di questi erano dell'Est Europa. 17 anni dopo, proprio alcuni di questi Paesi, sono ora tra le voci più critiche in molte decisioni a Bruxelles. In particolare è forte la voce critica del cosiddetto gruppo di Visegrad: Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. Il gruppo ha preso il nome dall'omonima cittadina ungherese dove il gruppo du costituito nel 1991, con l'obiettivo di rafforzare la collaborazione tra questi governi al fine di promuovere un'integrazione unitaria nell’UE. Seppur abbiano beneficiato largamente dei fondi strutturali europei, registrando tassi di crescita del PIL molto superiori rispetto alla media (meglio anche dell'Italia), molti di questi Paesi stanno vivendo forti spinte euroscettiche al loro interno. L'allargamento dell'UE non si è però fermato al 2004. Oltre alle lunghissime conversazioni con la Turchia, e all'entrata di Romania, Bulgaria e Croazia, recentemente è stato dato anche l'ok per l'avvio dei negoziati per l'adesione anche di Albania e Macedonia del Nord. Tutto questo nonostante la Francia di Emmanuel Macron fosse inizialmente molto contraria. Ma evidentemente Frau Merkel è riuscita ancora una volta, a far cambiare idea anche a Macron. ... Leggi di più Leggi meno
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03/04/2020
Il caso Ungheria
Il premier ungherese, Viktor Orbán, il 30 marzo ha fatto approvare un pacchetto di misure - complessivamente definite “legge di autorizzazione” - che stabiliscono la chiusura del Parlamento fino a data da destinarsi, il carcere per i giornalisti che diffondono “fake news” sulla pandemia e sulla gestione del governo, la possibilità di modificare o sospendere leggi attualmente in vigore e anche al possibilità di bloccare le elezioni. ⁣ ⁣ Rivolgendosi ai parlamentari di opposizione, contrari alle misure, Orbán ha detto: “O state con me oppure con il virus”, e li ha accusati di essere traditori della patria. Dal momento che il partito sovranista-conservatore di Orbán ha i 2/3 dei seggi in Parlamento, il premier ungherese non ha incontrato grandi difficoltà nel far approvare questa legge. Molti giornalisti però sono preoccupati per il carcere che rischiano pubblicando notizie che non siano semplici citazioni dei dati ufficiali pubblicati dal governo ... Leggi di più Leggi meno
Europa (Pro-democracy)
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25/03/2020
La BCE e i titoli di stato italiani
Il nuovo intervento della Banca Centrale Europea, avrà un impatto molto importante sui Paesi. Il 18 marzo, la BCE infatti, ha lanciato il "Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP)", un investimento di 750 miliardi in titoli di debito pubblico dei paesi dell'UE, oltre all’aumento del Quantitative Easing (intervento attuato per stimolare la crescita economica) di 120 miliardi. L'osservatorio @osservatorioocpi dell'Università Cattolica ha stimato che di questi, circa il 17 per cento potrebbe andare all’Italia. Si tratta di circa 180 miliardi. A questi si devono aggiungere gli acquisti di titoli di stato italiani detenuti dalla BCE che scadranno durante l’anno. Assumendo che questi rappresentino il 15 per cento del totale dei titoli in scadenza, si tratta di altri 35 miliardi circa, per un totale di 215 miliardi. Un programma ambizioso, che dovrebbe permettere al nostro Paese di riprendere fiato, in vista della possibile recessione che potrebbe toccare la nostra economia. In questi giorni, intanto continuano a riunirsi in videocall in Consiglio Europeo e la Commissione per elaborare ulteriori misure a sostegno dei Paesi. #Economia #Europa #UnioneEuropea #BCE ... Leggi di più Leggi meno
BCE (Unione Europea)
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13/03/2020
Le misure finanziarie per le imprese
Seppure abbia annunciato un piano da 120 miliardi di euro per acquisti di titoli da effettuare entro fine anno, insieme ad altre misure pensate come sostegno al finanziamento delle piccole e medie imprese, le parole di Christine Lagarde, a capo da pochi mesi della Banca Centrale Europea, hanno spaventato enormemente i mercati che hanno considerato troppo deboli le parole e misure presentate. ⁠⁣ ⁠⁣ «Ridurre lo spread non è compito mio» queste poche parole hanno causato il crollo storico della Borsa che ha perso il 17% ed allo stesso tempo un rapido rialzo dello spread, ossia la differenza fra il rendimento di un titolo di stato (in questo caso italiano), e di quello di titoli tedeschi, presi come punto di riferimento. Lo spread incide su quanti interessi dovrà pagare lo Stato italiano rispetto ai suoi debiti. ⁠⁣ ⁠⁣ Il contrasto è particolarmente evidente rispetto alle parole di Mario Draghi nel 2012 quando, allora Presidente della BCE, disse che la Banca avrebbe fatto qualsiasi cosa (il famoso Whatever it takes) per salvare l'euro. ⁠⁣ ⁠⁣ La Lagarde ha infine provato a rimediare ribadendo di essere «pienamente impegnata per evitare qualsiasi frammentazione in un momento difficile per l’Eurozona e che spread elevati a causa del coronavirus danneggiano la trasmissione della politica monetaria». Ma a quel punto era troppo tardi. La borsa americana e quella asiatica hanno seguito l'andamento con altrettanto profondi crolli nelle ultime ore. ... Leggi di più Leggi meno
BCE (Unione Europea)
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10/03/2020
I due emicicli dell’Europarlamento
Se l’Europarlamento ha due emicicli Causa Coronavirus, anche il Parlamento Europeo rallenta. Il Presidente del Parlamento David Sassoli, lavorerà da casa in via precauzionale. La riunione plenaria si terrà in forma ridotta, tratterà solo i temi del momento e non si terrà a Strasburgo ma a Bruxelles. Il Parlamento europeo infatti ha due sedi, una a Strasburgo, in Francia, e una a Bruxelles, in Belgio. Una storia vecchia 70 anni ma ancora attuale, che vi raccontiamo nell'Igtv di oggi. ... Leggi di più Leggi meno
Consigli UE (Unione Europea)
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03/03/2020
Green New Deal
Lo hanno chiamato Green New Deal, richiamando al New Deal del Presidente americano Roosevelt, un piano che era stato promosso per sostenere l'economia USA dopo la crisi del '29. Il Green New Deal Europeo è però tutto diverso da quello americano di Roosevelt, e prevede il Just Transition Fund, 7,5 miliardi di euro da investire per sostenere la riconversione ambientale e l'occupazione. L’obiettivo è sostenere le regioni dell’UE che sono destinate a subire le maggiori ripercussioni dalla transizione ambientale. In Italia riguarderà, la zona di Taranto (sede dell'ex acciaieria ILVA), e del Sulcis, in Sardegna, dove ha sede l'ultima miniera a carbone in Italia. L' @osservatorioCPI ha fatto notare che ciò che sicuramente dominerà il dibattito pubblico nei prossimi mesi riguarderà le politiche concrete e le modalità di utilizzo dei fondi, che dovrebbero essere presentate già a partire da marzo e aprile. Quello che è chiaro è che il progetto della Commissione – zero emissioni nette di gas serra entro il 2050 – ci impone di cambiare le nostre abitudini quotidiane e di ripensare radicalmente il nostro modello di produzione e sociale: la domanda è se noi, cittadini europei, siamo davvero pronti a farlo. Per approfondire--> link in bio #Economia #UnioneEuropea #Ambiente #Sostenibilità ... Leggi di più Leggi meno
Green-Deal (Unione Europea)
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31/01/2020
Accordi commerciali dopo Brexit
L'UE ha approssimativamente 600 differenti accordi commerciali stipulati con tutti i Paesi del mondo che con la Brexit decadranno tutti automaticamente. Il Regno Unito avrà a disposizione un periodo di transizione di 11 mesi per rinegoziarli tutti (entro il 31/12/20). Alcuni di questi accordi saranno riconvertiti facilmente, altri necessitano di un negoziato molto complicato. ⁣ ⁣ Michel Barnier, il capo negoziatore UE per la Brexit, ha avvertito che quindi la più grande sfida del Regno Unito inizia proprio ora: uno sforzo titanico per definire tutto nel dettaglio: dalle regole standard dei prodotti all'erasmus, dal roaming alle tariffe doganali.⁣ #brexit ... Leggi di più Leggi meno
Rapporto UE (Brexit)
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